EnciclopediaScriviaStoria

La “mansione” di San Bartolomeo presso il ponte sullo Scrivia

Coloro che percorrono la SS dei Giovi verso Cassano trovano, all’imbocco del ponte sulla Scrivia, un edificio che, nonostante lo stato di abbandono e di degrado, mostra un’eleganza costruttiva tutta particolare. Molti serravallesi lo ricorderanno come sede della “pizzeria del ponte”. Forse però non tutti sanno che si tratta probabilmente del più antico edificio tuttora in piedi nel comune di Serravalle (fig. 1).

Fig. 2
Fig. 1

   I documenti relativi al nostro edificio sono stati raccolti da Lorenzo Tacchella[1] nell’ambito dei suoi studi sull’Ordine dei Cavalieri di Malta. La prima menzione ufficiale nei documenti della Diocesi di Tortona è del 1245: “Hospitalis sive mansionis pontis sancti bartolomei de Cassano Terdonensis Diocesis”. Nel 1500 viene eretta a Commenda dello SMOM sotto la guida di uno Spinola. Nel 1576 è citata come dipendente dalla commenda di Santa Croce a Tortona. La dipendenza dall’Ordine di Malta sembra confermata da uno stemma ancora ben visibile (insieme ad altri due) sulla porta di ingresso (Fig. 2), che rappresenta la tipica croce gerosolimitana. Lo stemma non sembra più antico del ‘700, ma potrebbe trattarsi di una ridipintura sopra un dipinto precedente. De Negri[2] invece, nella sua pregevole opera sulle vie dell’Oltregiogo, non fa menzione dei Cavalieri di Malta e invece individua nell’edificio una cella monastica dipendente dall’abbazia cistercense di Rivalta Scrivia, senza però fornire documentazione a supporto.

Grosso modo all’altezza dell’edificio sorgeva in epoca romana il ponte sulla Scrivia, lungo il tracciato della via Postumia. Divenuto inagibile, in epoca non precisata, il ponte romano fu sostituito da un guado. Ma in ogni caso questo rimase uno snodo importante nella fitta rete di percorsi che collegavano i passi alpini con la Liguria e, attraverso la pianura Padana, con i porti adriatici. Mercanti, soldati e, molto spesso, pellegrini diretti a Santiago di Compostela, a Roma o in Terrasanta, si trovavano ad attraversare il fiume in questo punto. Per tale motivo, e in particolare per il supporto e il ricovero dei pellegrini, sorse intorno al 1200 un edificio monastico che corrispondeva alla tipologia, ben nota in tutta l’Italia settentrionale, dell’”ospedale di ponte”. La nostra “pizzeria” non è altro che l’ospedale (o “mansione”) di San Bartolomeo, citata in vari documenti a partire dal XIII sec.

La Mansione in una foto del 1910 (collezione Mariarosa Mosso)

Inclini ad accreditare l’appartenenza all’ordine di Malta sono anche Paola Cosola[3] e Marco Rescia[4]. Quest’ultimo in particolare fornisce un’interpretazione dell’architettura dell’edificio, che “conserva nella mole l’impronta di casa-forte quale si convenne a monaci-cavalieri. È indubbio che il nuovo complesso inglobi le parti anticamente svettanti sulla cappella”. Una figurazione del ‘600 nell’archivio di stato di Genova mostra un edificio molto simile all’attuale, un cortile e un altro edificio, forse infermeria” (Fig. 3)[5]. Si nota anche la barca che aveva funzione di traghetto, in assenza di ponte. Un altro bel disegno del ‘600, illustra più in dettaglio, anche se con non poca fantasia, la dislocazione dell’edificio nel paesaggio circostante (Fig. 4)[6].

                                                                

Fig. 3
Fig. 4

L’interno non è più accessibile, ma le fotografie di alcuni anni fa (Fig. 5)[7] mostrano la cappella con eleganti archi a sesto acuto e bellissimi capitelli floreali. Ai piani superiori, dovevano trovarsi le stanze dei cavalieri (Rescia) e forse i ricoveri per i pellegrini.

Fig. 5

[1] Lorenzo Tacchella, “il SMOM nella storia di Tortona” Julia Derthona 1973 fasc 51/52 pag. 16-20).

[2] Teofilo Ossian De Negri, “Arquata e le vie dell’Oltregiogo”, ILTE, Torino, 1959.

[3] Paola Cosola. “Il Sovrano Militare Ordine di Malta nella storia di Alessandria e del suo territorio”. Alessandria 1996

[4] Marco Rescia, “Templari e Jerosolimitani nel Novese”.  Novinostra. Anno XXV, N. 1, marzo 1985. Pag. 14-37

[5] De Negri, op.cit.

[6] De Negri, op. cit.

[7] De Negri, op. cit.