Serravalle nel giorno di San Martino (che ci mette lo zampino)
La nebbia agli irti colli serravallesi piovigginando saliva e sotto il maestrale urlava e biancheggiava lo Scrivione. Era domenica 10 novembre 2023: il Parroco di Serravalle, dopo aver celebrato la Santa Messa nella nuova chiesa di Ca del Sole, stava pranzando insieme agli altri sacerdoti come capitava in alcuni giorni festivi.
Nel frattempo due losche figure, incappucciate ed avvolte, in un mantello l’uno e metà mantello l’altro, si aggiravano furtivamente nei pressi della Chiesa Collegiata. Entrati nel tempio con rapidità sottraevano dalla sacrestia i due busti argentei dei santi protettori del paese.
Erano da poco passate le tredici, quando qualcuno bussò insistentemente alla porta della canonica in Via Tripoli. Sospirando, con in bocca il primo raviolo fumante, il parroco si recò all’uscio, curioso di sapere chi avesse tanta urgente necessità di parlargli proprio all’ora di pranzo della domenica. Aperto il portone, gli si palesarono davanti due anziani barbuti, vestiti con paramenti sacri e recanti in braccio due busti argentei che, incredibilmente, avevano le loro stesse sembianze. Professandosi servi di Dio chiesero cortesemente di poter entrare poiché necessitavano di parlare con i Sacerdoti del paese. Il Parroco sorpreso dall’insistenza dei due vegliardi e insospettito dalla presenza dei busti, identici a quelli conservati nella Chiesa Collegiata, pretese chiarimenti immediati altrimenti, disse, avrebbe chiamato i Carabinieri.
“Tranquillizzati fratello, non siamo né ladri né ciarlatani” asserì uno dei due anziani prelati, “se ci fai cortesemente entrare ti spiegheremo chi siamo e qual è il motivo della nostra visita”. Varcata la soglia, i due posarono i busti sul pavimento, si tolsero la casula, la stola ed il camice, appoggiandoli sullo schienale di due sedie e infine chiesero dove appoggiare i loro mantelli, che avevano tenuto stretti fino ad allora in una mano; il Parroco, perplesso, indicò loro altre due sedie, ma costoro rifiutarono appoggiandoselo sulle spalle. “Forse è meglio coprirsi. Oggi abbiamo preso freddo durante il viaggio” sentenziò quello che si avvolse in metà mantello. In una situazione di evidente imbarazzo, furono invitati dai preti serravallesi ad unirsi alla loro mensa. Iniziarono così, tra un boccone e l’altro, a spiegare il motivo della loro venuta.
“Com’è risaputo”, disse quello avvolto da mezzo mantello “la vetusta e da tempo scomparsa Pieve di Libarna fu intitolata, circa 1500 anni orsono, al mio amico Santo Stefano. Quando poi, sorta Serravalle, la Parrocchia fu spostata nell’odierno paese, San Martino ne divenne il copatrono. Ebbene, davanti a voi non solo avete i loro busti, ma anche i Santi in carne ed ossa, patroni della vostra Collegiata. Siamo San Martino, io ” disse indicandosi con un pollice “e Santo Stefano, lui, in persona”.
I preti sobbalzarono sulle sedie. Stupiti ed increduli si guardarono in faccia chiedendosi se fossero davanti a dei burloni o realmente ai santi. Fu Santo Stefano a proseguire:”È da qualche anno che saremmo voluti scendere dalla nostra residenza celeste per rendervi partecipi delle nostre insofferenze e delusioni. Da tempo, purtroppo, com’è risaputo, le cose in paese non vanno un granché bene. Serravalle, a cui noi siamo affezionatissimi, è diventata irriconoscibile. Negozi chiusi, traffico veicolare insostenibile, degrado e inquinamento. Pure la Chiesa parrocchiale, tranne per le funzioni, è spesso chiusa nei giorni di festa; e così la Casa del Giovane, che non ospita più i ragazzi e che, fino a non molto tempo fa, animavano e rallegravano il centro storico. Siamo più che convinti che nel paese basso non ci sia più, come si suol dire, trippa per gatti. Ormai la vita economica, religiosa e sociale è preponderante nella zona dell’Iper e dell’Outlet. Lassù, nel paese alto, c’e pulizia, ordine, sembra di essere in un altro mondo. Vi abbiamo fatto visita oggi poiché domani è San Martino, la sua festa” sentenziò Santo Stefano indicando l’altro “ed è proprio nella ricorrenza della festa patronale che vorremmo manifestare il nostro dissenso, per come avete gestito le cose, rassegnando le dimissioni da patroni di Serravalle. Non ci sentiamo più di rappresentare l’insigne Collegiata del paese vecchio, a noi intitolata. Non vogliatecene ma, piuttosto che vedere il paese così impoverito e degradato , preferiamo andarcene portando con noi anche i nostri busti”.
Nella sala da pranzo della canonica il silenzio per alcuni istanti regnò sovrano. Il parroco e gli altri sacerdoti avevano smesso di inforchettare ravioli e, chinandosi si prostrarono ai loro piedi. “Purtroppo è vero” annuì il parroco, “tutti in paese rimpiangono i bei tempi passati in cui Serravalle era il più bel paese della Valle Scrivia però, permettetemi, se anche voi fate fagotto, sarà sicuramente la vera fine. Invece di dimettervi potreste agevolarci con qualche aiutino, qualche piccolo miracolo che appiani le differenze tra Serravalle basso, decadente, e Serravalle alto elegante con mille sfavillanti negozi”.
“ Ma quale piccolo miracolo?!?” Obbiettò San Martino, ”qui ci vorrebbe un super miracolo alla Lazzaro; si tratterebbe infatti di rianimare un paese morto con tanto di rigor mortis e puzzo cadaverico. Non è un’impresa facile neanche per santi navigati come noi”. I sacerdoti serravallesi iniziarono a pregare, intonando un canto gregoriano. Le loro voci supplicanti fecero breccia nei volti e nei cuori dei due patroni. Santo Stefano, tossicchiò e invitando i preti serravallesi ad alzarsi così parlò: “Potremmo tentare forse di aprire un varco nei pressi del paese per farci passare la circonvallazione, come fece Mosè con le acque del Mar Rosso, oppure moltiplicare le strade ed i viadotti come fece Gesù con i pani e i pesci oppure ancora trasformare il gas di scarico delle migliaia di automobili in ossigeno e lavanda come si fece con l’acqua ed il vino. La notte porterà consiglio; domani mattina al risveglio, facendo colazione tutti insieme, cercheremo di trovare la soluzione per far tornare viva e vitale la Serravalle Lazzaro”.
La mattina seguente San Martino e Santo Stefano si svegliarono di buon’ora. Avevano passato la notte sdraiati su alcune panche in sacrestia. Pensarono di fare due passi in paese per rendersi conto più da vicino quale fosse la reale situazione in cui versava l’abitato. Non dovettero fare molta strada per toccare con mano che, effettivamente, il paese era profondamente cambiato. Degli storici negozi neanche l’ombra; in più, una colonna di automobili rendeva l’aria irrespirabile. Gli abitanti incontrati non perdevano occasione per rimpiangere il secolo scorso quando Serravalle era un vero gioiellino. Pensando di aver visto abbastanza, fecero dietro front per rientrare in canonica, dove li attendevano il parroco e alcuni confratelli per la colazione.
Intingendo focaccia e grissini nelle tazze colme di caffè latte, San Martino esordì dicendo “Da quello che abbiamo visto si può tranquillamente affermare, che è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago che i Serravallesi passino indenni nella camera a gas urbana di Via Berthoud e Viale Martiri. Tornando a noi” continuò Santo Stefano, “abbiamo pensato di rimandare le nostre dimissioni di un anno e, bontà nostra, di compiere un piccolo miracolo facendo tornare il paese agli anni 60 del boom economico che gli abitanti rimpiangono tanto”.
Ringraziando i loro colleghi terreni per l’ospitalità, i Santi si congedarono e, incamminandosi verso l’oratorio dei Bianchi, svanirono nel nulla. Improvvisamente il sole ed il tepore scacciarono la nebbia dando luogo ad una piacevole giornata quasi estiva : una splendida Estate di San Martino. Il giorno seguente, il paese sembrava effettivamente quello di sessant’anni prima. Tantissima gente animava la via principale facendo compere nei negozi tirati a lucido, colmi di mercanzie. Anche nel volto del Cinema Lara erano ricomparsi i cartelloni dei film in programmazione; l’Ambra, la storica sala da ballo, nel fine settimana era gremita di giovani provenienti da tutto il circondario. Tutto insomma sembrava andare per il meglio, così almeno sembrò per qualche giorno al Parroco, però, nonostante le evidenti migliorie, in paese serpeggiava un nuovo malcontento. Per oltre un mese i due patroni non si fecero vivi finché il giorno di Natale, erano appena passate le ore 13, qualcuno bussò nuovamente alla porta della canonica di Via Tripoli. Con in bocca una forchettata di ravioli caldi, il buon parroco si recò all’uscio curioso di sapere chi avesse urgente necessità di parlargli proprio il giorno di Natale all‘ora di pranzo.
Erano nuovamente due anziani barbuti, questa volta senza i busti. Il Parroco li riconobbe al volo, li salutò e li abbracciò.” È un vero piacere rivedervi” disse il sacerdote “accomodatevi; vi posso offrirei ravioli appena conditi, come accadde il 10 novembre scorso”. Pranzando, tra un boccone e l’altro, i due Santi chiesero se, finalmente, gli abitanti fossero soddisfatti di vivere nella Serravalle dei fasti del passato.” Probabilmente” sentenziarono all’unisono”ora anche il cieco di Gerico sarebbe contento di poter vedere con i propri occhi un paese con i fiocchi”. Sui visi dei parroci tuttavia comparve una piccola smorfia di amarezza e ringraziando i Santi per il loro interessamento riferirono che sì, i Serravallesi erano in parte contenti, però tantissimi sentivano la mancanza dell’Iper, dell’Outlet, dei computer, di internet e soprattutto dei telefonini.
San Martino e Santo Stefano si guardarono in faccia increduli poi lamentarono “ci sembrava che si rimpiangesse il passato, quando la gente s’incontrava, si parlava, quando i bar, i cinema e le chiese erano piene di persone felici. Così abbiamo disposto che fosse. Se la cosa non vi garba però non c’ è problema vi facciamo tornare al 2024, però con annessi e connessi.
I parroci complottarono tra di loro poi chiesero ai santi di parlare loro direttamente ai fedeli durante la Messa di Santo Stefano. Così fu, a chiesa gremita per l’occasione; Santo Stefano, nel giorno del suo onomastico, dall’alto del pulpito, disse che non era possibile avere contemporaneamente progresso e passato ; i fedeli avrebbero dovuto scegliere una delle due possibilità.
“Il Padreterno ci ha raccomandato di accontentare i Serravallesi che tanto stanno soffrendo per l’invivibilità del loro abitato. Così abbiamo fatto e ci pare che il paese sia tornato a vivere, il suo cuore a battere. La gente finalmente è uscita dalle proprie case, è decisamente più allegra, più viva, sembra rinata. L’ essere tornati ai fasti del passato, memori degli errori compiuti, vi aiuterà a non ripeterli garantendo un futuro migliore.
Intanto che Santo Stefano cercava di convincere i fedeli che sarebbe convenuto ripartire dagli anni del boom, i ragazzi ebbero una crisi d’astinenza da mancanza di smartphone. Iniziarono a digitare con i due pollici simulando una conversazione virtuale sui social.
I santi, con infinita pazienza, capirono e si rassegnarono a far tornare in fretta il 2024 ma vollero comunque togliersi qualche piccola soddisfazione facendo finta di dimenticare qualche edificio che non avevano mai digerito. Omisero infatti di ripristinare alcuni obbrobri di cemento tra cui il palazzo dell’Eur, lasciando intatta la splendida villa liberty con tanto di giardino e jukebox. Mantennero anche il bocciodromo, casa Ferrari, lo splendido cancello di Villa Caffarena, il Teatrino dei Luigini con il pingpong, i bigliardini ed il bar nella Casa del Giovane.
I ragazzi tornarono ad avere internet, gli smartphone e i social. Purtroppo nella via principale del paese basso ripresero a transitare migliaia di automobili, sparirono i negozi e ricomparvero i centri commerciali del paese alto. Tutto sommato il paese ne usciva comunque migliorato, senza palazzoni, con il Bar della Stazione di Adriano e Michele, con i giovani che tornavano a rivivere il centro ricreativo parrocchiano.
San Martino e Santo Stefano ne uscirono in parte soddisfatti poiché forse si erano creati i presupposti per un cambiamento, per una ripresa che prima o poi non poteva non arrivare. Lucidarono ben bene i loro busti argentei e si apprestarono a presenziare come di consueto nella Collegiata. Serravalle si avviò verso il suo destino fatto ancora di qualche sofferenza ma anche di speranza data dalla auspicabile integrazione tra i popoli pronti a far rifiorire una realtà dalla storia millenaria, da un passato troppo glorioso che non può e non deve svanire in questa inarrestabile caduta libera della realtà che si sta vivendo.
Grazie! Quanta nostalgia…..!
Bellissimo racconto bravo Mino purtroppo il rammarico di aver perso molto della nostra identità serravallese rimane e sembra senza scampo e neanche i Santi ci possono aiutare!!noi nati a Serravalle e mai spostati non ci resta altro che il ricordo che tristezza!!!