Una romantica storia d’amore con un tragico epilogo nella Novi Ottocentesca.
La vicenda del filosofo russo Nikolaj Vladimirovič Stankevič e della sorella di Michail Bakunin, Varvara.
A volte ci si imbatte in storie avvincenti in modo veramente casuale. Infatti, è il caso che mi porta a parlare con l’amica Anna Maria Angeleri, del filosofo russo Nikolaj VladimirovičStankeviče della sua morte in quel di Novi Ligure nel 1840. Confesso che sull’argomento non sapevo praticamente nulla, ma Anna Maria, laureata in lingua russa, invece è al corrente di alcune informazioni sul personaggio e sulle straordinarie esperienze della sua breve vita. Così con quello che lei mi passa e qualche “ricerchina” sul web riesco a raccogliere delle esili tracce biografiche che mi presentano una storia che merita di essere approfondita, pur con le difficoltà di ricerca documentale che sicuramente presenterà, e non è detto che non sia possibile approfondirla.
Fatta questa premessa, vorrei incuriosire i lettori di Chieketè con il racconto di quella che potrebbe diventare un’opera romanzesca con gli ingredienti tipici del romanticismo: un giovane e brillante intellettuale, un amore contrastato e fedelissimo, una malattia tipicamente ottocentesca, alla Traviata per intenderci, che pone fine all’idillio nella verde campagna di una piccola cittadina di provincia. Gli ingredienti ci sarebbero tutti, manca un po’ di sostanza, ma almeno tracciamo le linee di questo ipotetico romanzo che avrebbe la prerogativa del gran finale proprio dalle nostre parti, cioè in quel di Novi Ligure.

Partiamo quindi dall’inizio: Nicolaj Vladimirovič Stankevič nasce a Uderevka, nel governatorato di Voronezh, il 9 ottobre del 1813. Uderevka, Voronezh, capisco che detto così il luogo di nascita del filosofo potrebbe risultare oscuro a molti dei lettori: per semplificare potremmo dire che Stankevič è nato in una zona del sud della Russia vicina al confine con l’attuale Ucraina, confinante a ovest con il governatorato di Kiev e a nord con il governatorato di Mosca. Siamo ad inizio Ottocento, quindi raccontiamo una storia, senza addentrarci nelle problematiche attuali che investono quel territorio: andremmo troppo fuori strada.
Tornando al nostro filosofo, sappiamo che studiò a Mosca e che sicuramente era dotato di grande personalità, oltre che di una notevole formazione culturale, tanto da riuscire a radunare attorno a sé un gruppo di giovani intellettuali con tendenze idealistiche e liberali. Che lui ne fosse il leader è evidente, quell’associazione culturale passò infatti alla storia sotto il nome di Circolo Stankevič. Il Circolo Stankevič non va immaginato come una combriccola di accademici stantii e persi nelle loro elucubrazioni, ma piuttosto come una compagnia di ragazzi, molto colti, vivaci, libertari e ricchi di interessi.
Appartenevano a questo gruppo grandi personaggi come Konstantin Sergeevič Aksakov, scrittore, critico letterario e filosofo, staccatosi poi per divergenze ideologiche quando Stankevič passò da una concezione conservatrice dell’hegelismo alla sinistra hegeliana. Fu una rottura brusca, che comportò l’allontanamento di Aksakov da tutti gli altri membri del circolo, rimanendo per tutta la vita ancorato al conservatorismo e propugnatore del movimento culturale slavofilo. In questo fu così estremista da provocare questa affermazione del padre, pure lui scrittore, il quale scrisse che « al figlio sarebbe impossibile capire la realtà senza pesanti e amare disillusioni: che viva, dunque, alla sua maniera e creda nella perfezione della Russia ».

Altro esponente di spicco del Circolo fu Vissarion Grigor’evič Belinskij, filosofo e critico letterario. Personaggio di notevole importanza, anche in campo letterario, ebbe vicinanza con grandi scrittori russi come Puškin, Močalov e Gogol’. A quest’ultimo lo lega una vicenda che provocò grande scandalo e conseguenze nefaste. Quando uscì Brani scelti della corrispondenza con amici, Belinskij scrisse una lettera dai contenuti forti e polemici a Gogol’, accusandolo di essersi “venduto” allo zar, di aver utilizzato a scopi strumentali la spiritualità cristiana e di essere venuto meno alla propria missione di letterato. L’epistola fece scalpore e, pur con gli ostacoli creati dalla censura, ebbe grande diffusione negli ambienti letterari. Bastava, però, possederne una copia per essere puniti con i lavori forzati o con la pena di morte. Ne fece le spese Fëdor Dostoevskij, perché l’aver posseduto questa lettera, con altri capi d’accusa, gli costò lunghi anni di prigionia in Siberia.

Tra gli esponenti più famosi del Circolo Stankevič ho lasciato per ultimo, ma come dicono gli inglesi last but not least, Michail Bakunin perché, oltre ad essere il più conosciuto, è quello che ha maggiore attinenza con la storia che stiamo narrando. C’era solo un anno di differenza tra di loro, quindi Nicolaj e Michail divennero amici stretti, così stretti da frequentarsi con le famiglie e da essere così legati da sorreggersi nei momenti di difficoltà. Stankevič precocemente ebbe problemi di salute e Bakunin fu di sovente al suo capezzale.

Il legame di vicinanza è dimostrato dal fatto che Stankevič chiese la mano di Ljubov, una delle sorelle di Bakunin, ma la ragazza, malata, perì giovanissima, “tenerella”, come avrebbe detto Leopardi. Il giovane filosofo poeta riuscì però a far innamorare di sé l’altra sorella di Bakunin, Varvara, che però era già coniugata con un matrimonio che Michail stesso riteneva sfortunato. Quando le condizioni di salute di Stankevič, affetto da tubercolosi, peggiorarono il giovane si trasferì all’estero per curarsi e, come molti della sua epoca, scese in Italia alla ricerca di un clima più favorevole e mite. Qui lo raggiunse Varvara che gli fu vicina quando, trovandosi a Novi Ligure, la sua situazione precipitò portandolo alla morte il 7 luglio 1840. Non sappiamo se Stankevič fosse di passaggio a Novi o se sia stato costretto ad una sosta dal peggioramento del suo stato di salute o se, ancora, fosse ospite di qualche famiglia aristocratica dell’epoca; non sappiamo nemmeno dove fu sepolto, sappiamo però che questo giovane e già affermato filosofo e poeta, a nemmeno ventisette anni, assistito dalla fedele e innamorata Varvara, concluse la sua breve vita nella nostra zona.
Della produzione letteraria di Stankevič resta molto poco, alcuni versi dedicati a Mosca e una tragedia d’argomento storico, incentrata su Vasili Shuisky, zar dal 1606 al 1610. Nonostante siano rimaste solo esigue tracce del suo operato, la figura di Nicolaj Stankevič ebbe grande influenza nello sviluppo della filosofia della sua epoca, figura che, forse anche per le sue vicende biografiche, fu addirittura mitizzata ed è ancora ben presente nel dibattito culturale contemporaneo.
Non ho trovato nemmeno un ritratto dell’innamorata e fedele Varvara che portava lo stesso nome della madre. In merito alla giovane ho trovato queste scarne informazioni sulla pagina in inglese di Wikipedia dedicata ad Alexander Bakukin, padre di Michail, quando si parla della famiglia e dei figli: Varvara (1812-1866), since 1835 – the wife of Lieutenant Nikolai Nikolaevich Dyakov (1812-1852), from 1838 to 1843 lived separately from her husband abroad, was in love with NV Stankevich. Tradotto alla buona: Varvara (1812-1866) dal 1835 moglie del Luogotenente Nikolai Nikolaevich Dyakov (1812-1852), dal 1838 al 1843 visse separata da suo marito all’estero, essendo in una relazione amorosa con NV Stanchevich. Queste brevissime notizie ci confermano l’amore e la convivenza tra i due nel periodo in cui il filosofo fu all’estero per curarsi e ci assicurano la presenza dell’amorevole Varvara al capezzale del suo Nicolaj. Chissà quanto c’è ancora da scoprire di questa storia! Diciamo che si tratta di una prima puntata, vedremo se riusciremo a farne una seconda più ricca d’informazioni, ma che storia romantica!
Una precisazione: i nomi e i cognomi russi nelle pubblicazioni cartacee e online risultano scritti in modi diversi. Non conoscendo il russo, ho riportato la grafia così come l’ho incontrata durante queste brevi ricerche. Ho dato la preferenza alla forma Stankevič, ma riferendomi alla fonte di Wikipedia ho scritto Stankevich perché così risultava nel testo.
Mi perdonino gli studiosi della lingua russa.
