Testimonianze

Backstage di Chieketé

Chissà se qualcuno si chiede come funziona il nostro sito? Chi lo anima, chi decide la linea editoriale, come avviene la programmazione? Che cosa ha causato il nostro black out dei giorni scorsi? Non ve ne frega un accidente. Va bene, è comprensibile, vi capisco. Ma se proprio volete scoprirlo proverò a raccontarvi una storia. Non vecchia, rispolverata fra antichi documenti o mappe rose dai topi, bensì attualissima, vissuta fra la rabbia e l’amicizia, con un unico, sfigatissimo protagonista.

Io.

Botta e Lera. Due “c…” in un paio di braghe

Ma andiamo con calma. Al di là delle cariche istituzionali, Presidente Onorario e non, Vice Presidente, Segretario e Tesoriere, nonché Consiglieri e tesserati, il leader massimo è indubbiamente lui, il nostro Capo Redattore. Costui dalla sua opulenta e dorata Valenza dispensa ordini e raccomandazioni alle quali i redattori si genuflettono senza discussione alcuna. Vigo, scrivi qualcosa sulle tradizioni Pasquali Serravallesi, e quello, ubbidiente, lo fa. Benito, servirebbero le ricette della Pasqua Serravallese e Benito parte in tromba, entusiasta. Roberto, mi raccomando per la fioritura della Primavera Serravallese e il buon Roberto con la moglie si adegua. Il suo potere svaria a seconda delle sue necessità: Renzo, c’è un plugin da aggiungere e quello passa la notte fra gli oscuri meandri di WordPress. Antonio dovresti fotografare Montei vista da Montespineto e Montespineto visto da Montei, ne ho bisogno fra mezz’ora e quello si catafotte sulle nostre colline. Un despota, un dittatore digitale, un duce dell’informatica. A me, sempre relegato ad umili servigi, succube della sua capacità manovratoria, oggi è stata impartita la ferrea disposizione per una missione pressoché suicida. Riccardo, dovresti fare un video mentre vai in bicicletta, partendo dalla Chiesa per arrivare a quel tal negozio. Mugugno fra me e me, incerto per il mio scarso equilibrio, il mio settimo di tonnellata di peso ed in perenne difficoltà con le attività manuali e pratiche, faccenda che mi tormenta fin dalle elementari, ma tant’è…

Il primo tentativo abortisce perché invece di un video scatto un’inutile fotografia in Via Berthoud. Il secondo mi muore fra le dita, perché rischio di sfracellarmi in bicicletta davanti a Markéin. Al terzo mi ferma Baffo Castanò con un suo takle politico per il rinnovo della mia tessera ANPI. Il quarto ed ultimo viene fuori uno sgorbio infame, con una macchina che mi suona spedendomi a quel paese.

Rinuncio.

Riprendo la bicicletta, cacciandomi il cellulare in tasca, masticando vendetta e risentimento. Andrò a farmi un bel giro fino a Rivalta, lungo la via Romera, antica strada che congiungeva il nostro paesello a Pavia e Milano. Tra l’altro ho più volte chiesto al nostro Duce di interessarsi di questo problema, ma si sa, lui ha altre priorità. Un buon cristiano non dovrebbe pensare queste cose, specie quando è giovedì santo, ma mezzo eretico quale sono penso ad una sua possibile crocefissione, magari sul Monte Castello. Anzi no, troppo nobile, meglio dal lago della Tabacca o dietro ai Sabbioni.

Arrivo in fondo a Viale Martiri e mi accorgo che nella tasca dei pantaloni il mio cellulare non c’è più. Provo a tornare indietro, rifaccio tutto il tour del paese col cuore in gola, pensando alla mia rubrica telefonica con più di mille numeri che non ricordo se ho o meno salvato in quell’arnese che i digitali chiamano cloude. E le foto dei miei nipotini, le chat fra amici, i video dei miei familiari… di mio papà. Vedo la Polizia Municipale di pattuglia mascherata in pieno assetto COVID. Chiedo se per caso fosse stato a loro consegnato un cellulare. Niente. La mia bile è pressoché pronta a farmi scoppiare la cistifellea. Non c’è nulla da fare. Rientro a casa desolato e livoroso.

Mia moglie, pragmatica qual è prova a far squillare il mio cellulare. Fa tuu, tuu, tuu, ma finalmente una voce straniera risponde. Il mio cellulare passa evidentemente di mano in mano finché un uomo che conosce l’italiano le risponde.

Mando mio marito a prenderlo, uno con la barba, grosso.

Sì lo mandi risponde quello, siamo qui dalla macelleria musulmana in fondo a Viale Martiri.

Prendo la macchina per arrivare prima. Mi accosto. e tiro giù il finestrino. Il mio cellulare è in mano al mio amico A. che si sganascia dal ridere.

Ma sei tu? All’inizio pensavamo,  vedendo Isa scritto sul display che si trattasse di una marocchina. Poi sentendo parlare in italiano una donna, il ragazzo che aveva sentito il cellulare suonare e lo aveva raccolto dalla strada, me l’ha passata. Sono anche arrivati i Carabinieri, pensavano a qualche assembramento, ma spiegando loro che stavamo restituendo un cellulare perduto, se ne sono andati tranquilli.  

Il mio cellulare è salvo, grazie ai miei amici del Marocco. Non hanno voluto neanche un euro. Sono bravissime persone che, come noi, vogliono lavorare e vivere in pace con le proprie famiglie. Come tanti, tantissimi qui a Serravalle. Perché la nostra comunità è questa, al di là degli aspetti confessionali. Siamo esseri sociali che vogliono il confronto e il dialogo, in serenità. E mentre penso al Capo Redattore, al mio grande amico Roberto Botta, senza il quale questo sito non sarebbe stato nemmeno ipotizzabile, al fatto che oggi, come altre volte, l’avrei strozzato, per poi riabbracciarlo un minuto dopo, mi permetto di augurare retroattivamente Buona Pasqua a tutti, orgoglioso come sono, di abitare in questo piccolo ma bellissimo paese.

PS

L’interruzione pasquale è colpa di Botta. Va beh, non è vero, è falso. Ma in qualche modo un piccolo Giuda a Pasqua serve sempre. E il Botta, purtroppo o per sfortuna, è sempre vivo. Senza resurrezione, ovviamente.

Riccardo Lera

"Io nella vita ho fatto tutto, o meglio un poco di tutto" (Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo) Pediatra, scrittore per diletto, dal 2002 al 2012 assessore alla cultura di Serravalle Scrivia; ex scadente giocatore, poi allenatore e ora presidente del Basket Club Serravalle.