DizionarioPrigioniero di Guerra / Internato

BOTTAZZI, Carlo

Manovratore ferroviario, Deportato, Deceduto in prigionia

Carlo Bottazzi (di Pietro Bottazzi e di Maria Dellacà / Serravalle Scrivia, 26 novembre 1909 / 8 luglio 1944, Dösen, Lipsia)

Carlo Bottazzi nacque il 26 novembre 1909 a Serravalle Scrivia, figlio di Pietro Bottazzi e di Maria Dellacà, contadini. Nel 1935 si trasferì a Serravalle, proveniente da Grondona. Dipendente delle Ferrovie, venne impiegato come manovratore ferroviario. Nel febbraio 1943 si sposò con Margherita Bisio. Durante la 2° Guerra Mondiale il personale addetto ai servizi ferroviari venne militarizzato e per molti ferrovieri, dopo l’Armistizio, si materializzò lo spettro della deportazione nei lager nazisti. Anche Bottazzi venne fatto prigioniero, trasferito a forza in Germania (Nella foto in alto, tratta dal sito www.italianialipsia.wordpress.com, uno dei memoriali in ricordo delle vittime del lavoro forzato a Lipsia) e costretto a lavorare in condizioni misere, come “schiavo di Hitler”, per le fabbriche del Terzo Reich in Sassonia.

Il ferroviere serravallese morì nella città di Lipsia, nel Distretto di Dösen, l’8 luglio 1944, per malattia, ricoverato presso il locale sanatorio, dove dal 1941 era stato istituito un reparto di isolamento riservato alla cura dei lavoratori forzati affetti da tifo. Nel nosocomio transitarono circa 200 lavoratori. (Nella foto a sinistra, tratta dal sito www.wikiwand.com, la clinica di Dösen in un’immagine degli Anni Venti). Durante il periodo nazista l’ospedale-sanatorio di Dösen fu anche una delle strutture sanitarie in cui vennero attuate le folli direttive del programma nazista denominato “Aktion T4”, la sterilizzazione e l’eutanasia di Stato, per quelle vite umane che i nazisti ritenevano – sulla base di deliranti dottrine mediche, eugenetiche, razziste – “indegne di essere vissute”, come quelle dei disabili, dei malati psichici, dei pazienti affetti da malattie genetiche incurabili, fossero essi bambini o adulti.

Carlo Bottazzi trovò prima sepoltura nel cimitero del “Trinitatis Friedhof” di Lipsia.

Come ricostruito dal sito web www.italianialipsia.wordpress.com .«…Durante la Seconda guerra mondiale più di 13 milioni di persone furono costrette a lavorare per la Germania. Prigionieri di guerra, detenuti dei campi di concentramento, operai e operaie inviati obbligatoriamente dai territori sotto controllo tedesco. A Lipsia ne arrivarono decine di migliaia, a fabbricare armi… Lipsia… non era solo uno dei centri fondamentali del Terzo Reich, con le sue fabbriche d’armi e il suo essere snodo logistico del trasporto ferroviario. Finì per essere anche centro di raccolta del lavoro forzato, sede di 6 dei campi satelliti del lager di Buchenwald… Negli anni del nazismo almeno 13milioni di persone furono prima “invitate”, poi obbligate, a lavorare per la Grande Germania. Più di duemila imprese tedesche hanno beneficiato del lavoro forzato durante gli anni della guerra. Lipsia non faceva eccezione, con buona parte della forza lavoro costretta con la forza, le minacce o il ricatto. Lipsia era soprattutto città industriale e un terzo della forza lavoro, secondo i dati forniti dal Gedenkstätte für Zwangsarbeit Leipzig , proveniva da prigionieri di guerra o altro tipi di lavoratori forzati, reclutati in Polonia o in altri Paesi occupati dall’esercito tedesco e portati in città a lavorare. A Lipsia, tra il 1939 e il 1945, ci furono complessivamente 60mila lavoratori forzati. Il luogo principale di lavoro in città era la fabbrica di armi HASAG (Hugo und Alfred Schneider Aktiengesellschaft) fondata intorno alla metà dell’800 a Reudnitz come fabbrica di lampade e poi trasferita a Paunsdorf/Schönefeld, tra Torgauerstrasse e Permoserstrasse. La fabbrica aderiva totalmente al nazismo: dal 1932 era diretta da un esponente delle SS, mentre tutti i dirigenti e grandi azionisti erano membri delle SS, della Gestapo o del Nsdap, il partito di Hitler. Dei circa 16mila operai che fornivano manodopera nel 1940, diecimila erano vittime del lavoro forzato. Nella sede di Schönefeld lavoravano in particolare le donne, che erano più o meno il 95 per cento della forza operaia ma con una caratteristica particolare: tutte venivano dai campi di concentramento, alcuni dei quali sotto diretta gestione dei titolari della fabbrica...».

Fonti:

Albo Caduti Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari;

Archivio Storico del Comune di Serravalle Scrivia;

Heilanstalt Dösen in Wikiwand (https://www.wikiwand.com/de/Heilanstalt_D%C3%B6sen)

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