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La torre del castello di Grondona

Era lì fin dalla fine del X secolo: a presidiare la valle Spinti.

Un complesso fortificato appartenente agli Obertenghi Adalbertini che, successivamente, lo cedettero ad altre famiglie.

Aveva seguito, come molte fortificazioni dell’epoca, le alterne vicende delle attribuzioni feudali e del succedersi dei potentati.

 Nel 1181, il Podestà di Tortona donò il monte Asserello di Grondona ai fratelli Pavesio, con l’obbligo di mantenervi un castello e di garantirne l’efficiente guarnigione. E gli Asserello trasformarono in castello, dotato di mura, tre torri ed una cappella, l’esistente complesso.

Salvo cambiare di mano al cambiare delle famiglie dominanti, svolse la sua funzione difensiva fino al 1797, quando, intorno alla fine del  secolo, questo tipo di presidi militari cominciò gradualmente a perder rilevanza a causa delle  nuove tecnologie belliche e degli alti costi di mantenimento.

Anche il castello di Grondona rimase, testimonianza di un’epoca ormai chiusa, a dominare l’abitato, come una sentinella addormentata.

Fino a che, preceduta all’inizio degli anni ‘30 del XX secolo da alcuni segni premonitori che spinsero il Comune ad installare delle spie (precauzioni tristemente inutili, come si vedrà) sulle pareti del castello e su alcune fratture apertesi nel terreno, la notte del 12 aprile 1939, “il versante fu coinvolto da un esteso fenomeno gravitativo in seno al substrato [una grande e profonda frana diremmo noi che non siamo geologi – N.d.r.] che comportò la morte di 10 persone. Furono sepolte 5 abitazioni, 34 furono temporaneamente sgomberate, si ebbe una parziale ostruzione del torrente Dorzegna e l’asportazione di un tratto della strada per la frazione Sasso. La scarpata e l’accumulo di frana hanno dato origine nel tempo ad una serie di crolli che ne hanno provocato un parziale disfacimento.1

La stampa locale dell’epoca diede grande rilievo al tragico evento. Così Il popolo dertonino:

Più sintetiche, ma comunque rilevanti, le notizie a livello nazionale. Così Il secolo illustrato [Milano, 21 aprile 1934 – pag. 5]:

Sepolti pietosamente i morti, furono ricostruite le case demolite dalla frana (nove edifici). I giornali enfatizzarono le rapide ricostruzioni e, per l’occasione, coniarono un neologismo: fascistica, riferito alla rapidità della ricostruzione.

«I lavori di ricostruzione sono stati ultimati dopo 215 giorni di fervida operosità. Il giorno 25 ottobre dell’anno XIII (1935); le nuove case sorgono perpendicolarmente alla strada comunale che unisce Grondona con Arquata Scrivia.» [Il Piccolo – 09/11/1935]

Del castello ormai restava solo una delle torri, vertiginosamente in bilico sull’orlo della scarpata che la frana aveva formato, trascinando rovinosamente a valle, sull’abitato, tutto il resto della fortificazione.

Una torre cilindrica con uno splendido portale in pietra e, ancora visibili, tracce di un bordo ad aggetto sulla sua parte sommitale, coronamento che un tempo probabilmente sorreggeva il tavolato ligneo del cammino di ronda

Anche solo a vederla la torre non ispirava certo fiducia sulla sua stabilità e induceva i cittadini e la loro Amministrazione a domandarsi se il conservare pur pregevoli testimonianze del loro passato valesse il rischio di un nuovo rovinoso crollo.

Così, spuntato il nuovo millennio e reperiti i necessari finanziamenti, si mise mano al progetto che, solo, poteva coniugare la custodia della memoria con le sue concrete testimonianze e la tutela dell’incolumità dei Grondonesi: spostare la torre dalla sua bilicante collocazione in altro luogo più sicuro.

E l’Amministrazione comunale, nel metter mano a quest’opera imponente, non dimenticò di rinnovare la memoria delle vittime del crollo causato dalla frana con la posa di una lapide all’ingresso del cimitero.

(Fotografia di proprietà degli Autori)

Il progetto dello spostamento richiedeva comunque un meticoloso rilievo dell’esistente e l’individuazione del luogo dove realizzarlo.

Quanto al luogo erano state ipotizzate tre possibili collocazioni che rispondevano comunque ai requisiti necessari.

(La posizione scelta è stata alla fine la n.1)

Il rilievo dell’esistente comportava la non semplice individuazione dei singoli elementi costruttivi, cioè delle pietre e dei laterizi con i quali la muratura era stata realizzata, per consentire, una volta demolita, di poter essere ricostruita in modo identico all’originale.

Per far fronte a questa necessità i progettisti hanno perimetrato sul rilievo complessivo 97 moduli (cluster) di elementi costruttivi che dovevano essere riprodotti in fase costruttiva e ricollocati nella posizione originale.

Terminato il rilievo, i lavori di smontaggio sono stati iniziati alla fine del 2008.

Gli elementi costruttivi (mattoni e pietre) che li componevano sono stati numerati e collocati in sacchi.

È stato così possibile ricollocare i moduli (e, al loro interno, mattoni e pietre) nella identica posizione dell’originale anche nella torre ricostruita, che è stata dotata per evidenti ragioni di sicurezza anche di un’ossatura portante di moderna concezione, ma collocata all’interno della muratura e non visibile all’esterno di essa .

I lavori sono terminati nel 2012. Ad oggi tutti posso ammirare, in sicurezza, la Torre dei Fieschi di Grondona che è posta a 150 metri più a monte rispetto alla posizione originaria, più vicina al paese.

(Autore della fotografia: Terensky, sul sito Panoramio, con licenza Creative Commons)

N.B. le immagini del progetto (mappe, rilievo fotografico e progetto) sono state cortesemente messe a disposizione dall’Amministrazione comunale di Grondona, che ci ha consentito di accedere agli archivi documentali e alla quale va per questo il nostro vivo ringraziamento.

  1. SIFRAP – Sistema Informativo Fenomeni Franosi in Piemonte, scheda della frana 006-01665-01. []

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