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L’ultima vigna a Chitandrino

Qualche tempo fa ho pubblicato su queste pagine un articolo dedicato al Chitandrino, un vino citato da Carlo Varese nel suo Folchetto Malaspina, romanzo storico ambientato al tempo dell’assedio di Tortona da parte di Federico Barbarossa. In quell’articolo conducevo una piccola ricerca per scoprire se il Chitandrino, vino pregiato prodotto dai monaci dell’abbazia di Precipiano, era un vino d’invenzione o realmente esistito e frutto di ricerca dell’autore.

Se avete seguito la vicenda o se avrete voglia di rileggervi l’articolo, scoprirete che effettivamente nella zona limitrofa all’ex abbazia esiste una contrada denominata ancora oggi Chitandrino o Chittandrino, come riscontrabile nelle indicazioni stradali, dove si trovavano i vigneti dai quali si otteneva il vino in questione. Oggi non esistono più tracce di queste antiche coltivazioni, anche se il toponimo Vignole, paese poco distante, testimonia questo tipo di presenza.

A seguito dell’articolo, la signora Marisa Morassi mi aveva parlato di un vitigno presente nella sua casa d’infanzia a Erzi, in Val Borbera, che veniva denominato Chitandrino, aggiungendo che veniva anche chiamato Uva di Sant’Anna.  L’Uva di Sant’Anna però, solitamente è quella che coincide con la Lugliénga, la prima uva a maturare a fine luglio; quindi, non sono in grado di dire se si trattasse dello stesso vitigno, perché la Lugliénga non è uva da vinificazione. Interessante, comunque, apprendere che esisteva una vite a cui si dava il nome di Chitandrino.

Foto della vendemmia a Chitandrino nel 1982

Poi ho trovato una nuova fonte di informazione, la signora Graziella Priolo, che mi ha fornito una serie di fotografie di quella che, probabilmente, è stata l’ultima vigna di Chitandrino. Il sedime apparteneva al marito della signora, Renzo Delorenzi, purtroppo in seguito mancato. La signora Graziella mi ha fornito alcune immagini relative a questo vigneto, poi venduto e sradicato.

La strada vicinale che conduce al luogo del vigneto

La signora Graziella mi ha confermato, come avevo ipotizzato nell’articolo, che a Chitandrino si produceva un’uva da cui si derivava un vino rosso molto potente e mi ha anche fornito l’etichetta che il marito aveva elaborato per l’imbottigliamento. La sorpresa, dedotta dall’etichetta, è che il Chitandrino fosse una varietà di nebbiolo, da cui, evidentemente, si ottiene un vino rosso corposo che, come avevo ipotizzato nell’articolo precedente, era particolarmente adatto ad accompagnare le carni offerte sulla mensa dei frati dell’abbazia di Precipiano.

Ulteriore conferma mi è venuta dal signor Franco Bruzzese che mi ha rivelato che la coltivazione di orti nella zona in questione incontra la difficoltà della presenza di viti che spontaneamente si riproducono da quelle che dovevano essere le antiche vigne. Una storia romantica questa del Chitandrino, un vino diventato letteratura, e arrivato dal Medioevo ai giorni nostri. Tutta la questione meriterebbe uno studio di qualcuno del mestiere, esperto di enologia e geologia, per capire la potenzialità dei terreni, ipoteticamente vicini alle condizioni della zona delle Langhe dove si produce il Nebbiolo più pregiato d’Italia.

Un pensiero su “L’ultima vigna a Chitandrino

  • Maria Cristina calvi

    Bravissima!!! come sempre 🥰

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