Enciclopediaenciclopedia-approfondimentiIl regalo del mandrogno

I luoghi de “Il regalo del Mandrogno”

Come quasi tutte le storie che si rispettino, anche quella che è narrata nel Regalo del Mandrogno stimola le curiosità. E, nel nostro caso, le curiosità faticano a trovare risposte certe, dal momento che la storia che vi si narra è quella “indiscreta di una famiglia” e si sa che le famiglie non amano in genere condividere pubblicamente le proprie storie private.

La sovracoperta della prima edizione (1947) de Il regalo del Mandrogno, disegnata da Svevolode Nicoulin

Ma almeno alcune delle risposte sono divulgabili senza ferire le sensibilità di alcuno.

I luoghi della storia sono univocamente individuabili: la fonte è certa, dal momento che si tratta di indicazioni provenienti direttamente degli autori stessi del libro e, dunque, non possono sussistere dubbi in proposito.

Le case del libro
Riomaggiore: Il Cucco del libro

Il Cucco è la casa denominata Riomaggiore, attualmente in disuso, localizzata in via Costiera Bicocca (o, come viene riportata sulle mappe di Google, via Costa Bicocca), poco oltre la Bollina, procedendo verso Novi Ligure.

Lo Spineto è la casa di famiglia degli Erizzo: Villa Erizzo al Montespineto. Ancora oggi è di proprietà dei discendenti, che sono in cospicuo numero, per quanto il cognome familiare fosse in via di estinzione per mancanza di eredi maschi. A ciò ha saggiamente posto rimedio un nipote di Ettore Erizzo – Michelangelo Cambiaso – che con una defatigante procedura ha unito al suo il cognome materno, garantendone così, almeno per il momento la prosecuzione (dei due figli maschi di Michelangelo, il primo si è già sposato ed ha avuto a sua volta un figlio maschio). Questo sito stesso annovera tra i suoi autori anche Michelangelo Cambiaso Erizzo.

Lo Spineto, cioè Villa Erizzo al Montespineto (in un’immagine del 1921)

La Pietra è la casa denominata Il Crosio, a Stazzano, nella valle del Rovinale (strada vicinale del Rovinale) ed è la casa che appartiene alla famiglia della madre dei due Autori: i Ferrari. Anche di questa famiglia i discendenti sono numerosi e tali da garantire la permanenza del nome, almeno per un’altra generazione. Certamente tra loro alcuni hanno avuto qualche pubblica notorietà. Un antenato ottocentesco, Pietro Mansueto Ferrari, medico e noto entomologo, ha una sala del Museo di storia naturale di Genova intitolata a suo nome. Marcello (Lello) Ferrari è stato per molti anni Sindaco di Stazzano, ed un suo nipote, Agostino, detto Nino (figlio del fratello di Lello, Pierre, e di Mounette Magnin) ha avuto grande notorietà in Francia, non meno che in Italia ed in altri paesi, con il nome “francesizzato” di Nino Ferrer.

Nino Ferrer (per l’anagrafe Agostino Ferrari)

Ma, se salite al Santuario di Nostra Signora del Montespineto per il percorso pedonale che parte dalla scalinata dell’oratorio a Stazzano e passa dall’ex Seminario, dove il sentiero si ricongiunge alla strada asfaltata (via Montespineto), vi troverete davanti ad un cancello verde, attraverso il quale si legge il nome della casa a cui dà accesso: “La Pietra”. È un plagio o una inopportuna appropriazione? No! È il risultato di una garbata ed affettuosa imposizione dell’avvocato Ettore Erizzo.

Quando costruimmo la nostra casa – quella dove abitiamo stabilmente ormai da molti anni – accanto a Villa Erizzo, nel 1974, cercavamo un nome da dare a quel luogo e, nel solco di quello che consideriamo il libro di famiglia, mia moglie – nipote primogenita di Pierluigi Erizzo –  ed io avevamo pensato a “I tarocchi”. Avendone parlato con Ettore, prozio molto amato di mia moglie, durante una delle frequenti visite a San Biagio, dove l’anziano avvocato trascorreva l’estate, ci sentimmo obiettare che “tarocco” nella accezione popolare ha una connotazione negativa, come di cosa scartata o di scarso valore; e ci propose di chiamarla “La Pietra”.

Alla nostra obiezione che “La Pietra” era il Crosio aveva semplicemente ribattuto che comunque i Ferrari non avrebbero mai voluto cambiare il nome alla loro casa: era il Crosio ed il Crosio sarebbe rimasto! Dunque, il nome “La Pietra” era libero e, dal momento che l’avevano inventato lui e suo fratello Pierluigi, perché non utilizzarlo? Era un bel nome e prometteva solidità e stabilità.

Lettera dell’avvocato Ettore Erizzo (1976) nella quale indica la casa della pronipote con il nome la “Pietra”

Quel nome ci ha portato fortuna! E ha fatto di me uno dei due (l’altro è il cugino Michelangelo Cambiaso Erizzo) custodi e cultori delle memorie legate al libro, che è come un inesauribile pozzo: “più se ne cava più ne resta a cavar”, per dirla con Rossini.