Cronaca

L’Incidente Ferroviario

.

Erano circa le quattro e mezza del pomeriggio del 16 maggio del 2004. Volevo raggiungere gli scavi di Libarna, dove mi aspettava il mio amico Bellò, passando per vie interne; per questo mi trovavo sul piccolo cavalcavia che sormonta la ferrovia poco prima del centro abitato.
La calma del pomeriggio già afoso per la stagione, era stata interrotta, pochi attimi prima ch’io raggiungessi il “pontetto”, da un tramestio indiavolato di macchine della polizia e dei vigili del fuoco a sirene spiegate e di tante, tante ambulanze.
Sulle prime non compresi il motivo di quella parossistica confusione, pensai a un brutto incidente stradale e fui sul punto di tornare indietro per raggiungere la strada provinciale per capire cosa fosse effettivamente successo.
Quasi contemporaneamente, però, realizzai che si era trattato di ben altro. Guardando in direzione sud, oltre la spalletta del cavalcavia, misi a fuoco una scena alla quale era difficile credere: un locomotore si era letteralmente incastrato in una delle case di Libarna che costeggiano la ferrovia e, più in là, un convoglio deragliato, finito sull’altro binario, e in parte aperto come una scatoletta di sardine… Un pauroso incidente ferroviario, dunque, in cui erano rimasti coinvolti, così pareva, due treni, uno proveniente da sud, il cui locomotore si era staccato piombando contro la casa e il cui convoglio era deragliato riversandosi sull’altro binario, e un doppio locomotore proveniente dalla direzione opposta. Scena tragica e drammatica come mai m’era capitato di vedere. Da lontano si scorgevano i soccorritori affannarsi attorno a quei vagoni e portar via tante persone, molte delle quali, per fortuna, camminavano sulle proprie gambe, mentre il via vai di ambulanze restava continuo. Vidi sopraggiungere il sindaco Emanuele Dazzi e altri del Comune, che si avvicinarono alle persone ferite, ai vagoni, alla casa sventrata per sincerarsi delle loro effettive condizioni.
Chiaramente non si poteva andare oltre certi limiti, l’intera zona era sta immediatamente delimitata sia per tenere lontano chiunque non appartenente alle squadre di soccorso e per evitare ulteriori pericolose confusioni, sia per non modificare la scena dell’incidente prima che gli esperti facessero i necessari sopralluoghi.

Allora i telefonini non permettevano di scattare foto in alta risoluzione, nè la macchinetta Casio del 97 che portavo sempre in tasca mi avrebbe permesso di fare delle foto decenti da così lontano, ma decisi di operare comunque qualche scatto, che poi avrei rivisto con photoshop per renderlo chiaro il più possibile.
Dopo circa un’ora, durante la quale raggiunsi l’abitato di Libarna già gremito di giornalisti e cameramen delle tv locali e di RAI 3, appresi che i feriti portati in ospedale erano una trentina, due o tre dei quali in condizioni serie; seppi inoltre che nella casa sventrata dal locomotore non c’era nessuno al momento dell’impatto, altrimenti le conseguenze avrebbero potuto essere molto più pesanti.
Mentre vedevo avvicinarsi i mezzi allertati per la rimozione degli ingombri sui binari e approntare il cantiere per il ripristino della linea ferroviaria, pensai ch’era inutile restare lì per curiosare; meglio tornare in paese.
Passai dalla Croce Rossa in piazza Carducci, ove erano stati radunati i passeggeri che non avevano subito danni fisici importanti, avvolti in quelle coperte dorate che si vedono sempre in occasioni simili, anche quando fa caldo, ai quali venivano offerti generi di conforto.
Sul volto di tutti lessi lo stress, il terrore l’angoscia che quella terribile esperienza aveva loro lasciato addosso.
Più tardi e nei giorni seguenti furono chiarite la dinamica dell’incidente (con diverse inspiegabili assurdità) e si apprese che il numero effettivo dei feriti era stato di 31 passeggeri e cinque dipendenti delle ferrovie. Uno dei passeggeri, la signora Edda di Maio, di 67 anni, rimasta ferita gravemente e portata al San Giacomo di Novi, era morta durante un intervento chirurgico. La poverina aveva subito un politrauma al capo e lesioni alla spina dorsale.
Sono passati 18 anni e, in questi giorni, riordinando, mi sono tornate sotto gli occhi le foto che scattai quel giorno e, alla mente, i ricordi che vi ho raccontato. Ho cercato e trovato anche le cronache apparse sui giornali, con la descrizione accurata della dinamica dell’incidente, e anche quella del 2008 la quale ci informò che per quell’incidente e per quella povera signora vittima dello stesso, la magistratura non aveva individuato nessun colpevole.

Non voglio polemizzare, ma, considerando la dinamica riportata dai giornali, la domanda “com’è possibile che nessuno sia stato ritenuto responsabile?” sorge spontanea.


Rassegna stampa: (cliccare sull’immagine per leggere l’intero articolo)

da https://www.unannoinpiemonte.com/?p=12884


Foto dal web

Torna alla HOME

Benito Ciarlo

Calabrese di Montalto Uffugo (CS), dov'è nato nel 1950. Vive a Serravalle Scrivia (AL) dal 1968.