Oltregiogo - Gavi

San Giacomo, Santo Patrono di Gavi

25 luglio… di qualche tempo fa. L’è festa a Govi! Famiglie gaviesi, villeggianti e furesti, alcuni appena arrivati in corriera da Piazza Roma, si avviano a braccetto lungo la strada maestra, mentre altri avanzano da Piazzale San Rocco, dal Paraso, al rintocco delle campane, per non perdersi la messa della ricorrenza più importante: San Giacomo, il Santo Patrono.

Piazzale San Rocco

Nella piazza nuova aspettano le chiassose giostre, per il divertimento pomeridiano di piccoli e grandi, con il tirassegno, poi l’allegra fiera con lo zucchero filato, il torrone dell’Angela Arata, i canestrelli bolliti dell’Aurelio, appesi a reste: come banchetto la sedia di vimini. La pesca di beneficenza, la partita di pallone al campo sportivo. L’appuntamento serale con le ragazze, rigorosamente accompagnate dai familiari, al ballo, sotto il pergolato della Grisa e al cinema. Nessuno può mancare.

Anche il calzificio Morasso è in festa. I soldati di leva e coloro che lavorano fuori Gavi chiedono un giorno di permesso per ritrovarsi a San Giacomo. Eccoli in divisa e occhi raggianti. L’albero della cuccagna alzato nella piazza, fra chiesa e municipio. I ragazzi fanno a gara ad issarsi più volte lungo il palo alto e liscio per afferrare, tra incitamenti e applausi, i profumati salami agganciati in cima, offerti dai notabili della comunità.

Dopo la messa tutti a tavola. Ogni famiglia ha i suoi invitati, borbi e lale prima di tutto, con lo stuolo ciarliero dei nipoti vestiti a festa e gli ospiti, alcuni sono gli sfollati nelle cascine durante il periodo bellico, che ritornano per la ricorrenza. I tradizionali ravioli non mancano, ma, in numerose tavolate, specie quelle delle cascine, si preferiscono gli ottimi brodi di gallina, dove si buttano giù avemarie o gnocchetti fatti a mano; e poi il coniglio, la salsa verde, la fugasa dolce e i canestrelletti.

Tradizioni antiche, non del tutto perdute negli anni venti del Duemila. San Giacomo, uno dei santi più importanti della cristianità, primo martire fra gli apostoli. La sua vita complessa è richiamata su più livelli, intrecciandosi fra storia e leggenda.

La Chiesa Parrocchiale vista dall’attuale via Mameli

Cominciamo da qui, dalla parrocchia di San Giacomo in Gavi, di cui è patrono. La solennità patronale è preceduta dal triduo, funzione attesa e sentita, commovente specie nella recita finale della preghiera a San Giacomo1, che suona nel cuore con parole perfette e toccanti: una elegia. Le ragazze sempre presenti e pronte ad accogliere, ad aiutare, a condividere sentimenti con le armoniose voci e i gesti. Il 25 luglio arriva con un sapore di festa, che non si è perduto negli anni; le campane, echeggianti di tocchi gioiosi, richiamano gli affezionati a questo giorno, eleganti e fieri di un’appartenenza prestigiosa. Risuona, a fine funzione, perfetto e profondo nelle antiche navate, il canto a San Giacomo2, musicato dal Maestro Lavagnino3, sapientemente armonizzato dal coro di Gavi.

I fedeli si uniscono al canto con fervore e poi si attardano nelle navate, chi per ritrovarsi, come da lunga tradizione famigliare e cittadina, chi per la prima volta, ammirato dalla bellezza della chiesa romanica. Accorsi nella navata ampia e luminosa, al richiamo del Vescovo officiante e dei concelebranti: il nostro caro parroco don Gianni col giovane stimato e benvoluto frate Matteo. Poi si radunano in lieto convivio nel bel portico settecentesco sopra il Lemme, con vista sul Santuario. Tutti intervengono per festeggiare Gavi e la sua Parrocchia, dalle autorità civili, militari e religiose, alle diverse associazioni con i loro labari. Al ritmo lento e maestoso delle preci e delle lodi – il Vescovo ricorda con brevi ed efficaci parole la figura, l’opera e l’esempio di San Giacomo – segue il chiacchiericcio vivace di chi si attarda in chiesa e sul sagrato a salutare gli amici convenuti, come ogni anno, e il calore della torrida estate quasi svanisce nell’aria piacevole che entra dagli antichi portali.

La facciata della Chiesa Parrocchiale

SAN GIACOMO. LA VITA

Giacomo nasce a Betsaida4, verosimilmente intorno all’inizio dell’era cristiana; è figlio di Zebedeo e Salomè5, fratello di Giovanni l’evangelista. Tra i primi a seguire Gesù, è detto il Maggiore per distinguerlo dall’altro apostolo, anch’egli Giacomo, il Minore, figlio di Alfeo. Betsaida, ora scomparsa, era una città al confine con la Galilea, a nord del lago di Tiberiade6, il cui immissario principale è il fiume Giordano. Lì vivono anche Andrea e Pietro, detto socio di Giacomo, e suo fratello. Al momento della chiamata Giacomo e Giovanni stanno riparando le loro reti sulla riva del lago. Le acque sono calme e lucenti, il cielo terso, si odono un lieve sciabordio sulla sabbia e i fruscii delle reti fra le mani dei pescatori. In lontananza, oltre i canneti, i frastagliati profili degli olivi, dei vigneti, delle palme. Giacomo e Giovanni sono pescatori, assieme al padre, soci di Simone e di suo fratello Andrea, in una sorta di cooperativa ittica, dove lavorano anche dei garzoni. Verosimilmente Giacomo è un uomo di cultura comune per i tempi, nei quali frequenti sono le opportunità di contatto con gente di lingua e cultura greca, presente sulle rive del lago. Stando al Vangelo secondo Marco, Giacomo e Giovanni sono soprannominati da Gesù Boanerghes, figli del tuono7, per sottolineare l’inesauribile zelo di cui sono dotati, ma anche il loro temperamento impetuoso.

Lunetta meridionale del martirio di San Giacomo, Norberto Montecucco, parrocchia di San Giacomo, Gavi

Giacomo non è un uomo paziente e calmo come lo si potrebbe immaginare; è un pescatore dal carattere complesso, incline allo sdegno, figlio del tuono appunto. Un uomo forte e ardente, che possiamo rappresentarci infuriato quando, dopo una dura notte sul lago, torna a mani vuote a Betsaida. Gesù lo chiama e Giacomo, con risolutezza, non esita un istante. Forse legge e comprende qualcosa negli occhi di Gesù, un invito leale ad un nuovo appassionante vivere. Un cambio di vita. Non immagina qual tipo di esistenza lo aspetti, ma va fino in fondo, fino alla predicazione e al martirio.

Lunetta settentrionale

Insieme ai dodici segue da vicino il Maestro in tutta la sua vita pubblica. Lui e suo fratello chiedono di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel suo regno. Giacomo è uno degli apostoli presenti in momenti gravi e rilevanti: la resurrezione della figlia di Giàiro; testimone alla trasfigurazione di Gesù; è presente all’agonia di Gesù nell’orto del Getsemani. È il primo degli apostoli a conoscere il martirio. Secondo gli Atti è ucciso a Gerusalemme per ordine di Erode Agrippa, re di Giudea. La morte di Giacomo è brevemente descritta negli Atti degli apostoli: in quel tempo il re Erode (Agrippa I) cominciò a perseguitare alcuni membri della chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. È circa il 42-43 d.C. Clemente Alessandrino narra che, mentre si reca al luogo del martirio, converte il suo accompagnatore, che morirà decapitato con lui.

Le due lunette presenti nella volta absidale

Note e approfondimenti

1,Preghiera di San Giacomo
Al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, amore infinito, presenza misteriosa e reale, rendiamo grazie per averci donato la Chiesa, feconda di grazia e di santità, e in essa S. Giacomo. O Apostolo di Cristo, facci sentire la gioia di saper pronunciare un sì generoso e totale alla chiamata del Signore, così ome tu fosti disposto a lasciare tutto, dopo aver ascoltato la voce del Maestro che ti diceva: seguimi! Contemplativo del Signore, prescelto insieme a Pietro e Giovanni ad essere partecipe alla Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, dona anche a noi occhi trasfigurati che non vedano se non Gesù solo e, pieni di stupore e di adorazione, aiutaci a fare di Dio l’Assoluto della nostra vita. Figlio del tuono, donaci la tua audacia e la tua prontezza nel corrispondere con fedeltà al credo che professiamo, sino a fare della nostra vita un dono per Dio e per i fratelli senza riserve e per sempre. Trasformaci in testimoni di Cristo, credibili fino in fondo, anche quando le ferite del vivere scavano dentro di noi solchi di dolore e sfiducia. Amico di Dio, raccogli il pentimento per i nostri errori ed i nostri peccati, aiutaci a presentarlo al Padre della misericordia, perché graziati dal Signore diventiamo uomini nuovi, capaci di amare sul serio perfino i nostri nemici. Fratello maggiore, sii accanto a noi e sostienici mentre cerchiamo di fare un’esperienza profonda della paternità divina; così ci sentiremo figli nel Figlio e un giorno, con tutti i santi, concittadini del Cielo. Amen. 

Anteprima in una nuova scheda

2 Canto a San Giacomo, musica di A.F. Lavagnino; versi di Luigi Carretta, 1945

Al ciel, dove fulgida gloria San Giacomo fosti esaltato / Il canto d’un popol prostrato s’innalzi devoto per te/ San Giacomo nostro patrono, di Gavi presidio ed onor / Ascolta dei supplici il suono, presentaci un giorno al Signor / Su Gavi che a te s’è sacrata rivolgi lo sguardo clemente / Ascolta il sospir di tua gente, propizio ci guardi dal mal.

3 Angelo Francesco Lavagnino (Genova, 22 febbraio 1909 – Gavi, 21 agosto 1987) è stato un compositore italiano, apprezzato realizzatore di colonne sonore cinematografiche. Cominciò giovanissimo a suonare il violino e si diplomò al Conservatorio di Milano. Si dedicò dapprima alla composizione di musica da camera, sinfonica, sacra e teatrale, esibendosi in numerose città italiane. Nel 1947 cominciò a dedicarsi al cinema; la sua specialità furono i cosiddetti film di viaggio. Uomo eclettico, trascorse molto tempo con la sua famiglia a Gavi, luogo di adozione, cittadina in cui a lungo visse e dove morì. Nel 2001 nasce, con sede a Gavi, il Festival Internazionale A.F. Lavagnino Musica e Cinema.

4 Betsaida

Betsaida o Betseda (Βηθσαΐδα, casa della pesca) era una cittadina al confine con la Galilea, a nord del Lago di Tiberiade. Citata varie volte nei vangeli, Betsaida fino agli anni 90 del secolo scorso era un mistero, per cui si dubitava perfino della sua esistenza. Secondo Giovanni, che la situa a nord del lago di Tiberiade al confine con la Galilea, qui nacquero Pietro, Andrea e Filippo. Di Betsaida parlano anche fonti risalenti all’imperatore romano Adriano e anche l’antico testamento la cita: qua infatti si sarebbe recato re Davide per sposare la figlia del re di Gheshur di cui Betsaida era la capitale. Nel vangelo di Marco, Gesù vi guarì un cieco, per Luca è nelle vicinanze di Betsaida che venne compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ma già quando cominciarono ad arrivare i primi pellegrini cristiani nel medio evo di essa nessuna traccia, a parte il racconto di uno dei primissimi di essi, il vescovo bavarese Willibad che riferì di aver visto la chiesa di Pietro e di Andrea, costruita sulla loro abitazione.

Tra le rovine di Betsaida

Negli anni Ottanta del secolo scorso scavi archeologi hanno portato, dopo lunghe ricerche, al ritrovamento delle rovine della città, quelle di epoca ellenistica romana. Più tardi, scavando ancora, sono stati portati alla luce resti dell’età del Ferro, quella dell’antico testamento.

Il ritrovamento

Il sito era noto come una città situata ai confini storici della terra della Palestina, luogo di pesce abbondante. Nonostante esistessero numerose fonti letterarie nei periodi ellenistico e romano, i successivi pellegrini cristiani non riuscirono ad accertare la sua posizione.

L’indagine del sito iniziò nel 1990, quando il dottor Arav e diversi colleghi provenienti da tutto il mondo si unirono per formare il Consorzio del Progetto Betsaida Scavi (CBEP), che da allora è parte integrante del Programma di Studi Internazionali presso l’Università del Nebraska a Omaha, con lo scopo di scavare l’antica città, ricercare dai resti dei dati riconoscibili e diffondere le conclusioni per il pubblico accademico e per la gente comune.

La campagna scavi del 1996, oltre a portare alla luce la città ellenistico-romana di Betsaida, condusse ad una scoperta sorprendente. Furono rinvenuti i resti di una porta civica dell’Età del Ferro (tempo della Bibbia ebraica) che hanno portato gli studiosi su un nuovo filone di ricerca.

Betsaida era stata costruita su una chiesa sul sito della casa di Pietro e Andrea. Il sito della chiesa è stato scoperto per la prima volta nel 2017. Gli archeologi si dicono convinti che si tratti dei resti di un’antica città romana che una volta avrebbe potuto essere il villaggio di pescatori di Betsaida, noto nei Vangeli come patria degli apostoli Pietro, Andrea e Filippo.

(https://www.israele.net; https://www.ilsussidiario.net; https://www.ancient-origins.net)

5 Zebedeo e Salomè

Quanto alla famiglia, diversi passi neotestamentari indicano Giacomo come fratello dell’apostolo Giovanni e figlio di Zebedeo. Nelle liste degli apostoli, Giovanni segue Giacomo, altre volte questi viene indicato come figlio di Zebedeo, mentre Giovanni è indicato come suo fratello: ciò può lasciar concludere che Giacomo fosse il fratello maggiore.

Il nome della madre non è apertamente indicato. Il confronto dei passi evangelici circa le donne presenti alla crocifissione di Gesù ha portato la tradizione a identificare Salomè con la madre dei figli di Zebedeo. Lo stesso confronto ammetterebbe la possibilità di identificare la sorella di sua madre (Gv 19,25) con Salomè e con la madre dei figli di Zebedeo, identificazione che farebbe di Giacomo e Giovanni cugini di Gesù.

(www.cathopedia.org)

6 Lago di Tiberiade

Chiamato anche Lago di Genezareth e Mar di Galilea, il lago ha una lunghezza da nord a sud di 23 chilometri. La profondità massima è di 48 metri. La superficie complessiva è di 166 chilometri quadrati. Si trova a 209 metri sotto il livello del Mar Mediterraneo.

Lago di Tiberiade

Il lago era ricco di pesce e costituiva il centro di una intensa attività di imprese dedite alla pesca, di piccole cooperative e di pescatori autonomi. Intorno al lago esistevano diverse località abitate. Intorno al lago si sviluppava una fiorente attività agricola.

Il lago prese nome dalla città di Tiberiade, fondata nel 20 d.C. sulla costa occidentale, da Erode Antipa, in onore dell’imperatore Tiberio. Sul lato orientale del lago, Filippo, fratello di Erode Antipa, aveva cambiato nome alla città di Betsaida chiamandola Giulia, in onore della figlia dell’imperatore Augusto. Il lago costituiva il confine tra il territorio di Erode Antipa e quello di Filippo.

(www.wikipedia.org)

7 Boanerghes La parola aramaica Boanerghes (Βοανηργεςin) significa Figli del tuono ed è il titolo che, nel Vangelo secondo Marco, Gesù attribuisce a due dei suoi discepoli: …poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono (Marco 3,17), indicando che i figli di Zebedeo erano risoluti e poco mansueti.

(www.osservatoreromano.va/it)

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