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Il pellegrinaggio Vargo – San Ponzo – 2. Storia e itinerario del percorso devozionale

Nei giorni scorsi vi abbiamo raccontato la storia di San Ponzo, eremita e martire, soldato della Legione Tebea, una unità tattica ed organica dell’esercito dell’Impero Romano. La sua storia la trovate a questo link.
Oggi vogliamo invece descrivervi il pellegrinaggio che, in passato, molti varghesi compivano ogni anno e che è ancora assai presente nella memoria storica della comunità.

Vargo, la torre del Castello

Il pellegrinaggio a San Ponzo Semola era infatti un evento molto sentito dai varghesi che lo avevano fatto diventare il proprio evento dell’anno, probabilmente perché toccati dalle notizie delle gesta del Santo, veicolate anche da noi con una certa enfasi.

Possiamo ipotizzare che sia entrato a far parte dei riti ufficiali della comunità dopo il 1449 (anno della distruzione del castello per punire Vargo e “pilotarlo” verso la Repubblica di Genova), forse come ringraziamento per aver scampato pericoli “politici” quali quelli toccati a Sorli o a Garbagna, che erano comunità molto più tendenti a porsi sotto l’ala delle mire di potere lombarde. È singolare però, che nella cronistoria religiosa del nostro paesino non si faccia mai cenno formale a questo pellegrinaggio che risulta sempre essere stato spontaneo e mai guidato o assistito dal Parroco. Si può dunque pensare ad un evento, motivato religiosamente, ma di genesi civile.

Si svolgeva comunque con modalità costante. La partenza avveniva nel pomeriggio del 13 maggio; ovviamente non si sarebbe potuto farlo a settembre: un po’ perché le giornate hanno meno ore di luce e un po’ per via della vendemmia in corso.

Uscendo di casa si passava a chiamare i vicini. Via via il gruppo prendeva consistenza e prima di uscire dal paese ci si guardava intorno per capire chi avrebbe partecipato e chi invece, rammaricato, doveva rimanere a casa. Non risultano funzioni religiose particolari né all’avvio e né al rientro, a parte, forse, qualche scampanio lasciato alla buona volontà del campanaro.

La comitiva si dirigeva verso Albarasca e Sorli per lambire Garbagna, attraverso una delle tante strade campestri percorse dai negozianti di bestiame quando si recavano nel Tortonese.

Una volta a fondovalle, si deviava a destra, salendo verso Magrassi, per poi superare lo spartiacque tra la val Grue e la val Curone e scendere a Brignano. Qui, varcato il ponte sul Curone ed oltrepassata Frascata, si giungeva a sera a Serra del Monte, dove si poteva trovare ospitalità nelle cascine o nelle stalle del paese, che sembrava attendere questo transitare.

L’indomani si ripartiva di buon’ora, come quando si andava a lavorare nei campi: in questo caso però il risveglio era allietato dall’impazienza di raggiungere rapidamente le grotte, attraverso la strada tutt’ora esistente che giunge a San Ponzo dalle alture.

Una volta giunti sul posto, si procedeva con le devozioni già citate: coricarsi nel loculo di pietra che si dice fosse il giaciglio del santo, osservare il piccolo incavo ritenuto il nido della gallina che forniva uova al santo stesso, bagnarsi con qualche goccia dell’acqua che stilla tutt’ora dalle pareti dell’antro.

Si può ben immaginare come per qualcuno fossero gesti convinti da ripetere metodicamente perché sortissero l’effetto indicato ed invocato, mentre per altri fossero, se non proprio superstizioni, semplici usanze sulla cui efficacia sorgeva qualche dubbio (ù saà veu? ti t’igh credi?), e qualche ilarità come quando si invitavano uomini ultrasettantenni o donne in ultra-menopausa a compiere gesti propiziatori della fertilità. In ogni caso nessuno si sottraeva all’agire di gruppo e non lo denigrava.

Lo stare insieme non veniva intaccato, pur ignorando ormai le ragioni che lo avevano originato: era comunque un evento che permetteva un piccolo stacco dalla quotidianità. E questo era qualcosa che faceva bene alla comunità, quindi era fuori discussione farlo, almeno finché i ritmi del lavoro della civiltà contadina lo hanno permesso.

San Ponzo

Subito dopo aver compiuto questi atti si rientrava, passando da Cecima (se non ci si era passati all’andata), in omaggio al luogo del martirio, ma badando di non attardarsi, per giungere a Vargo in serata. Come si può notare, non era prevista nessuna pausa gastronomica.

Questo itinerario fu rispettato fino agli anni delle Guerre Mondiali, dopodiché industrializzazione e spopolamento dei piccoli centri portarono all’oblio di questa, come di altre pratiche.

Ringrazio tuttavia la passione dei miei famigliari e dei concittadini più anziani, mediante la quale si sono conservati ottimi spaccati di vita come questo, narrati con la passione del cuore e dell’animo. Li hanno saputi trasmettere, o almeno raccontare, confidando che a qualcuno potesse far piacere mantenerne se non altro la testimonianza, e chissà, forse riprendere a compierli, o perlomeno fissarli per scritto, prima che cali il buio anche sui tanti raggi di luce che da sempre hanno illuminato la storia dei tanti piccoli mondi che formano un pianeta ed una società.

Percorrenza e tempistica

primo giorno – pomeriggio

Vargo-Garbagna: 2h 28min – 11 km  pausa

Garbagna-Magrassi-Brignano Frascata: 2h 20min – 10 km

Brignano-Serra del Monte: 1h – 5 km  pernottamento

secondo giorno – mattina

Serra del Monte-San Ponzo: 40 min – 3 km (senza passare dal paese di San Ponzo)

pausa- visita grotta e ripartenza per Vargo

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