EnciclopediaFerrovia

Arquata Scrivia e la Direttissima (prima puntata)

La ferrovia come motore di sviluppo non solo socioeconomico, ma anche urbanistico.

Il Comune di Arquata Scrivia rispettosamente espone: Che nell’anno 1853 fu costrutta la prima ferrovia Genova-Torino, con grave danno del paese di Arquata, che rimase diviso dal suo territorio, il quale si allarga verso la Scrivia.

Così recita l’incipit dell’esposto del Comune di Arquata Scrivia a Sua Eccellenza il Ministro dei Lavori Pubblici1. Si potrebbe cambiare solo il nome del comune (mettendoci ad esempio quello di Serravalle Scrivia o di uno qualunque lunghesso la linea ferroviaria) e andrebbe comunque bene: a testimonianza che il progresso non si curava molto (e il Governo centrale con lui) delle conseguenze sui territori locali delle scelte motivate dalle magnifiche sorti e progressive della Patria, che allora stava di casa a Torino.

Contrariamente a quanto avvenuto per la vicina Serravalle, il tracciato della ferrovia, al quale fa cenno l’esposto del 1914 citato all’inizio, non aveva tagliato in due l’abitato, ma l’aveva solo separato dagli altri terreni che si estendono tra l’abitato stesso e la Scrivia. E alla data dell’esposto il competente Ministero aveva stabilito di (anzi, stava per) spostare il tracciato della ferrovia più a nord-est, allontanandola ancor più dal tessuto urbano del Paese: eppure gli arquatesi erano preoccupati!

Figura 1 Il tracciato ferroviario (e la stazione) in una carta del 1884

La domanda che viene spontaneo porsi a questo punto è se l’esposto di cui si è detto abbia avuto qualche influenza sulla decisione di quello spostamento. E la risposta è che, esaminando i documenti, le ragioni che lo motivavano erano ben altre che le legittime preoccupazioni degli arquatesi.

Su un quotidiano di qualche anno precedente quell’esposto si legge infatti che un comitato ligure – lombardo, composto di eminenti uomini di Milano e di Genova si è costituito per lo studio di un progetto di direttissima, ha fatto eseguire i piani particolareggiati ed ha presentato al governo la domanda di concessione. Noi abbiamo sott’occhio una relazione a stampa, firmata dal presidente senatore E. Piaggio [di Novi Ligure, N.d.R.] e dai membri T. Bertarelli ed O. Joel, la quale dà ragione dei lavori compiuti dal comitato e della proposta direttissima2.

Agli inizi del ‘900 – prosegue l’articolo – per i due valichi dei Giovi salgono in media 1000 carri3 al giorno; ed è secondo il comitato vana la speranza di poterne far salire molti di più […] Su questa rampa per trasportare una tonnellata di merce occorre trasportarne in più quasi tre di peso morto, con condizioni di esercizio talmente disastrose […] La succursale dei Giovi da sola, anche per la sua pendenza del 16%, già troppo forte per una linea destinata a traffico così intenso, non potrà bastare quando si avranno i 10 milioni di tonnellate4. Se si bada al servizio viaggiatori fra Genova e Milano, è manifesto il bisogno che hanno i due centri di comunicazioni continue e rapidissime a cui le linee attuali, sovraccaricate del servizio delle merci e soggette a continui ritardi inevitabili per le necessità del servizio di coincidenza, non possono soddisfare. Dati gli intimi rapporti di indole industriale e commerciale tra i due centri, il mettere a disposizione del pubblico una linea breve, piana ed indipendente mediante la quale si possa compiere il tragitto in poco più di un’ora, non può a meno di agevolare la trattazione degli affari e di creare un incentivo per il pubblico che viaggia per diporto a servirsene con frequenza intensificando il movimento attuale e creandone anzi uno nuovo che oggi non esiste. Di qui l’opportunità di una nuova linea direttissima la quale per soddisfare bene al suo compito deve essere la più breve possibile, a due binari, avere pendenze miti e curve a grandissimo raggio, il punto culminante il più basso possibile, armamento molto robusto, sede tutta propria ed indipendente dalle linee in esercizio, stazioni proprie tanto a Milano, Tortona e Genova quanto nei principali punti intermedi, ed essere allacciata mediante raccordi con le linee e stazioni esistenti5.

Figura 2 Il progetto della Direttissima ad Arquata Scrivia (1911)

Ora, come è facile costatare dalla planimetria del progettato spostamento, la realizzazione di quella previsione portava indubbi vantaggi al paese, a condizione che – primo – la vecchia sede ferroviaria venisse dismessa e ceduta al Comune (questi erano gli auspici del Comune e della popolazione) e – secondo – fosse risolto il problema dell’accesso viario alla frazione di Varinella (problema annoso!) e ai campi compresi tra la nuova ferrovia e la Scrivia.

Nell’esposto che abbiamo citato più sopra, il Comune, a nome dei suoi cittadini, indicava questi due problemi e ne chiedeva una soluzione garantita. In un primo momento la Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato aveva fatto orecchie da mercante, tanto che il Comune aveva ritenuto di adire le vie legali, presentando una querela che era stata incardinata presso il Tribunale. Le Ferrovie dello Stato erano quindi venute a più miti consigli, riflettendo sul fatto che il mantenimento della proprietà del sedime da dismettersi non era più di alcuna utilità.

Si era alla fine, sia pur dopo non poche discussioni, pervenuti alla redazione di un atto di transazione extragiudiziale che prevedeva la cessione dei terreni della ferrovia da dismettersi, ma solo dopo la messa in esercizio della nuova, e a condizione che il Comune provvedesse a provocare sollecitamente una dichiarazione di pubblica utilità riguardante il tronco della vecchia ferrovia ceduta al Comune e la formazione di un nuovo piano di ampliamento con nuove strade da costruirsi o da sistemarsi nel tratto di territorio compreso tra la strada provinciale e la nuova sede ferroviaria […] ((Dalla minuta dell’ultima stesura di atto di transazione, conservata in più copie nell’archivio comunale di Arquata Scrivia)). Le condizioni dell’atto di transazione stabilivano inoltre che le Ferrovie dello Stato provvedessero alla sistemazione dei vari attraversamenti mediante sottopassi o cavalcavia, e, segnatamente, della strada che conduceva alla frazione di Varinella.

Tutto risolto? Parrebbe di no! Non perdete la prosecuzione della vicenda nel prossimo articolo!

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  1. Augusto Ciuffelli. []
  2. Corriere della sera, 9 gennaio 1907 []
  3. Sono ovviamente carri-merci ferroviari. []
  4. Questa era l’espansione prevista dalla Commissione Adamoli per il Porto di Genova al 1923. []
  5. ibid. []

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