Racconti, testimonianze, favole, poesieseconda guerra mondiale

Natale 1943

Nella sala da pranzo di casa Schiaffino, al secondo piano del n° 3 di Salita Ghiacciaie, quella mattina di dicembre del 1943 un drappo rosso, ricamato a mano, attendeva di essere imbandito per la festa più attesa dell’anno. Era la tovaglia natalizia che mia nonna Franca riservava unicamente a quella importante occasione, anche se da tempo la Natività era vissuta in tono dimesso.

L’occupazione tedesca ed il suo unico figlio maschio, Andrea di anni 21, prigioniero in Germania, non consentivano certo di stare allegri e sereni. Si festeggiava il Natale più per abitudine, per tradizione, per sperare che con la nascita di Gesù le cose sarebbero potute forse cambiare; che altro? Tutti sapevano bene che le cose andavano aggravandosi. La guerra si stava inasprendo da quando, dopo l’armistizio, i tedeschi avevano invaso l’Italia e gli alleati continuavano a bombardare.

In cucina, sulla stufa a legna, stava bollendo da un po’ la povera gallina che con la salsa verde avrebbe mantenuto la consuetudine, insieme ai gnocchetti in brodo e ad un dolce fatto in casa. Verso le 11 nonna Franca con le tre figliole Maria, Bigia ed Antonietta iniziò ad imbandire la tavola. Suo marito Lorenzo amava mangiare a mezzogiorno: almeno, sosteneva, nei giorni di festa. I gnocchetti erano già stati buttati nel brodo bollente ed a minuti sarebbero stati serviti, fumanti, da Bigia la figlia che più spesso aiutava mamma Franca. La radio di casa stava soffusamente trasmettendo musica classica, ideale per creare un’atmosfera solenne e pacata che consentisse di predisporre gli animi ad una giornata da vivere con religiosa sobrietà.

Uno dei componenti della famiglia, Andrea, avrebbe mangiato in modo ben diverso da loro:  prigioniero in un campo di concentramento in Germania da più di due mesi.

Andrea Schiaffino, il secondo da destra, con le sorelle

Nella piazzetta della chiesa, bianca di neve, poca gente in giro. Un paio di giovani soldati tedeschi passeggiavano di fronte alla caserma dei carabinieri. Il campanile della Collegiata aveva da poco suonato mezzogiorno quando improvvisamente partì l’allarme antiaereo. In casa Schiaffino ci si guardò in faccia per un attimo, Bigia tolse frettolosamente la pentola dal fuoco, Maria aprì la porta di casa che immetteva sul pianerottolo, Antonietta Franca e Lorenzo imboccarono le scale. Usciti tutti cinque di casa, salirono di corsa Salita Ghiacciaie verso il rifugio antiaereo sotto la Collina del Castello, distante una ventina di metri. Anticamente, proprio in quella zona erano state scavate due ghiacciaie che servivano per la conservazione dei cibi. Utilizzate fino al secolo scorso, durante la guerra erano state riutilizzate come rifugi durante i bombardamenti. Ogni zona del paese aveva i propri rifugi, dove si riversavano gli abitanti del rione in caso di necessità. Nelle Ghiacciaie, vicino al teatrino parrocchiale, quella mattina di Natale del 1943 si ritrovarono in molti. Sempre gli stessi, i vicini di casa di quella zona, che al suono della sirena non potevano fare altro che correre al riparo per poi stare alcune ore sotto alla roccia della collina, che ombreggiava e rinfrescava le estati, fino al suono della prossima sirena che avrebbe indicato la fine del pericolo ed il ritorno alla normalità.

Quella mattina di Natale, il primo con i tedeschi  e con i bombardamenti alleati in casa, tanti Serravallesi non avrebbero immaginato di non poter festeggiare il tanto atteso giorno. I bambini avevano da poco scartato, sotto all’alberello addobbato, i miseri regali, che la guerra aveva consentito ai loro genitori di comprare o di costruire. Alcune intere famiglie – Grosso, Cravero,Romagnoli, Dimeo, Solavaggione, Schiaffino ed altre – trascorsero le ore del pranzo nelle ghiacciaie, stipate di persone ma anche di amarezza, paura, tristezza, e rabbia di dover subire la prepotenza tedesca e per di più le bombe angloamericane.

Il rifugio

Le ghiacciaie non erano rifugi così sicuri: se fosse esplosa una bomba nelle loro vicinanze forse sarebbero diventate una trappola mortale, ma il rimanere in casa sembrava un pericolo maggiore. Se non altro li si era in tanti e ci si faceva  coraggio tutti insieme. Almeno quel Natale, anche se digiunando, al freddo e all’umidità della collina, gli abitanti di Salita Ghiacciaie lo passarono in compagnia. Alcuni si erano portati qualcosa da mangiare, presa al volo intanto che si usciva di casa. Quel poco cibo venne distribuito, privilegiando i bambini e gli anziani.

In quel momento tutta Serravalle stava passando il Natale sotto terra, negli scantinati, nelle gallerie scavate appositamente per tale scopo.
Dopo qualche ora, nel primo pomeriggio, l’allarme rientrò al suono della seconda sirena. Tutti i Serravallesi tornarono nelle loro case, forse con appetito, ma con poca voglia di mangiare.  Riaccesero però il fuoco sotto alle pentole, come fece Bigia, nonna Franca ed il resto della mia famiglia che, sedutasi a tavola, con la musica della radio rimasta accesa, si preparò a festeggiare il Santo Natale di quel dannato 1943. Tutti comunque vollero celebrarlo nelle loro case, con le loro famiglie, anche se sommessamente, per non darla vinta a quanti li stavano occupando ed umiliando e in barba a quanti continuavano a sganciare bombe su bombe sopra alle loro teste.

Il Natale del 43, checché se ne possa dire o pensare, fu un gran bel Natale. Tutti lo ricordarono per la gran voglia che i Serravallesi ebbero, di salutare l’arrivo del Salvatore a testa alta, con orgoglio, con coraggio.

Nonostante sia attraversata dalla ferrovia e dall’autostrada, e nonostante la presenza di molte fabbriche, spesso bersagli dei bombardamenti aerei, Seravalle non subì gravi danni e perdite di vite umane nel corso della Seconda guerra mondiale.
Sorte ben diversa toccò ad alcuni centri vicini: a Novi Ligure ci furono, nel corso di diversi bombardamenti, 216 morti e migliaia di feriti; a Villalvernia, dove nel 1944 vivevano poco più di mille persone, il 1 dicembre 1944, un bombardamento causò 114 moti e 235 feriti, tra i quali molti bambini.
Chieketè ne ha parlato nei seguenti articoli:


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