I Binari della mia vita – Ricordi di un Capo Stazione
A volte sogno ancora, quasi un incubo, il periodo passato a Genova PP dove presi servizio come Capo Stazione nel 1976: non mi piaceva e, sinceramente, i turni mi ammazzavano. C’erano però aspetti simpatici come i vecchietti che alla domenica portavano i nipoti a vedere i treni e chi faceva raccolta di etichette delle acque minerali cercandole sulle carrozze in sosta. Una volta, all’ultimo treno per il sud, verso le due di notte, mi capita un tipo normalissimo, quasi elegante, un viso comune, sorridente. A due metri da me attende anche lui che tutti salgano nella consueta confusione di famiglie, valigie, cani o gatti. Quando vede che sto per fischiare onde accelerare queste operazioni, mi si avvicina e dice: «Scusi posso farlo io?»
Tranquillo trae dall’impermeabile il piccolo strumento ed inizia, con un viso beato che non vi dico, a fischiare a più non posso. A far felice un uomo a volte ci vuol poco e da parte mia gli avrei ceduto volentieri il posto pensando subito che FS assumeva le persone sbagliate, quello sì che sarebbe stato un Capo Stazione in gamba…
Un pomeriggio al treno per Firenze con gli attacchi automatici si avvicina un personaggio e mi dice: «Questo locomotore 646 non è del deposito di Brignole ma di Firenze».
L’ho guardato male perché erano le 19,40 e volevo smontare. Poi però mi sono detto: se sto’ qui sbaglia lo sputt..o e non mi rompe più gli zebedei.
«Macchinista! Hai qualche documento che mi dica di che deposito è questo locomotore?» Lui remescia in cabina e poi mi dice: «E’ di Firenze da poco, prima era di Brignole!» Ma vaff…
A Genova Principe, lato Brignole, ci sono delle grandi gallerie. Parlando con i colleghi più esperti venni a sapere che a memoria di ferroviere si mormorava di cunicoli e tunnel nascosti. La prima notte di turno presi delle lampade e con due manovratori andai in ricognizione. All’interno, non mi ricordo la distanza dall’ingresso, al lato destro si poteva salire per uno stretto cunicolo sulla calotta della galleria: era probabilmente un fornello per dinamite previsto dal Genio Militare in caso di guerra (anche nelle gallerie di pochi decenni fa veniva prescritto, soprattutto se vicine ai confini). Al lato opposto, da una nicchia di sicurezza, si accedeva alla vecchia galleria che dal lato ovest della stazione passava sotto Granarolo, chiamata “galleria sosta vetture”, ora chiusa. Quello che mi colpì fu la presenza di lavandini, segno inequivocabile che fu un rifugio nella Seconda guerra mondiale.
Invece nella vecchia galleria tra Como – Chiasso durante un’ispezione, nonostante il parere contrario di chi mi accompagnava, mi infilai in un’apertura protetta da un cancello la cui serratura era ormai rotta. Trovai un’ampia scala e poi dei vani tipo grosse stanze. Credo facesse parte della linea Cadorna costruita durante la Grande Guerra per premunirsi da una possibile invasione tedesca attraverso la Svizzera.
Solo qualcuno dei vecchi di Genova P.P. può confermare questo aneddoto. All’altoparlante c’era un ferroviere assunto da poco e timido. Forse era il 1976 in pieno periodo Brigate Rosse. In cabina invece, prestava servizio un Capo Stazione birichino. Era una mattina di stanca e allora quest’ultimo in modo serio passò all’altoparlantista un messaggio da leggere:
«I signori Curcio e Franceschini sono pregati di recarsi all’Ufficio della Polizia Ferroviaria – I signori Curcio e Franceschini sono pregati di recarsi all’Ufficio della Polizia Ferroviaria – I signori Curcio e Franceschini sono pregati di recarsi all’Ufficio della Polizia Ferroviaria».