Consigliere comunaleDizionarioDizionario-approfondimentiImprenditoriSuore

Suor Teresa Cabella e il “Medgon da Crèna”

Questo articolo è stato già pubblicato sul periodico “In Novitate”. Viene qui riproposto nelle sua versione integrale.

Suor Teresa Cabella della Crenna, al secolo Maddalena Cabella, era sicuramente nata nel XVIII secolo; fu una delle tante suore caritatevoli, impegnata negli ospedali civili e militari ad alleviare le sofferenze degli ammalati. La Crenna è la località ubicata nel territorio comunale di Serravalle Scrivia, sulla strada provinciale 161, che collega quest’ultimo Comune con quello di Gavi attraverso l’omonima galleria, costruita nella metà degli anni ’80 del XIX secolo, recentemente allargata e riaperta al traffico nel 2019.

La Suora serravallese “…fu direttrice degli ospedali da campo della grande Armata napoleonica ed i suoi prodotti a base vegetale, celebri fin dal 1790, attraverso le vicissitudini dei tempi e i ritrovati dell’arte medica, anziché affievolirsi nella loro efficacia andarono sempre più acquistando stima presso tutti mercè la propaganda che ne fecero di padre in figlio i Cabella della Crenna, tanto che ancora al giorno d’oggi essi formano i veri “toccasana” che restituiscono la salute a tanti poveri infermi”; così descriveva Suor Teresa, nel 1913, il settimanale cattolico “Il Popolo” di Tortona.

Cartolina pubblicitaria, secondo decennio del Novecento

Da quanto si evince dal testo riportato, la Suora tramandò conoscenze ed esperienze attraverso il suo ramo familiare. Il fatto non meraviglia, l’arte della distillazione per ottenere fitofarmaci è antica quanto il monachesimo: i liquori, gli amari e i distillati a base di erbe oggi bevuti per puro piacere, un tempo venivano utilizzati come medicamento durante l’accoglienza e la cura dei pellegrini nei conventi.

Leggenda vuole che, in un periodo non meglio precisato, gli eredi della Sorella ritrovarono in un baule le carte contenenti le indicazioni per realizzare rimedi a base di erbe per la cura degli ammalati.

Scrive il giornale citato: “Suor Teresa Cabella della Crenna, prozia del Sig. Francesco Cabella, fu una di quelle Suore caritatevoli che cercano il proprio bene nel sovvenire alla miseria, onde e addolorata la vita dell’uomo. Voi le vedete nelle corsie degli ospedali civili e militari come tanti angeli benefici che hanno una parola, un rimedio efficace per tutti i poveri infermi”.

Le conoscenze della Sorella, l’amore per il prossimo, per gli infermi e per i poveri, arrivarono fino a Francesco Cabella della Crenna attraverso il padre Pasquale; l’epitaffio posto sulla cappella cimiteriale della famiglia Cabella nel cimitero vecchio di Serravalle Scrivia ne è testimonianza: “Pasquale Cabella dell’arte salutare a tutti benefico”. Francesco, altrimenti chiamato “Grisu della Crenna”, popolarmente famoso anche come il “Medicone della Crenna” (in dialetto novese: medgon, in serravallese megòun) era nato il giorno 8 dicembre 1866, primo di sei figli, da Pasquale fu Francesco e Marina Vernazzani fu Ferdinando; scomparve il 27 novembre 1946 e riposa anch’egli nella già citata cappella della famiglia Cabella a Serravalle. L’uomo non convolò mai a nozze, ma fonti orali raccontano che amò molte donne.

UNA DINASTIA DI ERBORISTI
Pubblicità dei medicamenti di Suor Teresa su “Il Popolo”, 1913

Dunque, la cultura e la pratica dell’erboristeria della Suora fu tramandata, di padre in figlio, fino a giungere a Francesco Cabella, il quale, il 9 ottobre 1912, fondò in Genova, insieme ai signori Adolfo Fossati e Giuseppe Bertelli di Gavi, la “Società Prodotti Suor Teresa della Crenna”, con stabilimento in Arquata Scrivia. La Società venne registrata nel Bollettino Ufficiale delle Società per Azioni dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) il successivo 31 ottobre. Presidente della Società fu nominato Eugenio Fossati, imprenditore; direttore tecnico era il chimico farmacista Luigi Falbi, di Serravalle Scrivia. Scopo della Società era la preparazione e la fabbricazione di prodotti medicinali “Suor Teresa della Crenna” …“secondo  processi da essa lasciati”. Il capitale sociale iniziale era di 300.000 lire, presto aumentato ad un milione (oltre quattro milioni di euro attuali). L’attività della Società in quegli anni fu diffusa non solo a livello locale, con iniziative pubblicitarie, ma anche a livello nazionale, come si vedrà in seguito.

“Il Popolo” salutava la nuova società e, in particolare, il “medicone”, con queste parole: “Trattare ed encomiare ai lettori del Popolo la valentia dell’ egregio specialista botanico  Cabella Francesco della Crenna sarebbe come portar vasi a Samo e nottole ad Atene, data la stima e la sperimentata conoscenza che si ha di lui in diocesi e fuori”.

LA SOCIETÅ ARQUATESE

Lo stabilimento (fig. 3), di proprietà della “Società Anonima Prodotti Suor Teresa della Crenna”, fondata nel 1790, si insediò sulla attuale via Antica di Varinella; in realtà, come si è visto, la Società nacque nel 1912, ma appare evidente che nella dicitura vi sia un riferimento alle origini della creazione dei medicamenti.

Una stampa della fabbrica arquatese

Un listino prezzi dell’epoca ragguaglia sui prodotti della Società: l’Amaro Tonico digestivo, venduto anche in casse da 12 bottiglie da litro, a lire 24; il Linimento triplo, 3 lire al flacone; le Pillole di Marte, a 2,50 lire la scatola; le Pillole della Salute, a lire 1,25 la scatola. Si tenga conto che, nel 1915, la paga media giornaliera di un operaio generico era di 2,5 lire e che una lira corrispondeva, grosso modo, a 7.300 lire attuali, poco meno di 4 euro. Le diciture dei medicamenti si ripeteranno nel tempo, sempre legati al nome di Francesco Cabella.

Un inserto successivo al 1912 pubblicizzava un prodotto della Ditta arquatese di “Esportazione mondiale” ed era definito come “Tonico Aperitivo Digestivo Antimalarico” con il marchio “Suor Teresa della Crenna”.

L’Amministrazione Centrale della Società Anonima era ubicata ad Arquata Scrivia. Il 25 agosto 1913 fu depositata a Genova la pratica per la registrazione del marchio aziendale (fig. 4), avvenuta il successivo 13 ottobre 1913, ove si legge “Fabbrica Prodotti Medicamentosi”.

Pubblicità del concorso a premi sulla Domenica del Corriere, novembre 1913.

Sempre nel 1913 la Società indiceva un Concorso a premi, pubblicizzato anche sulla Domenica del Corriere, supplemento al Corriere della Sera, che in quell’anno stampava 350.000 copie (fig. 5). Un lancio alla grande per i tempi. La posta in gioco del concorso era di 10.000 lire (oltre 40.000 euro); il primo classificato riceveva 5.000 lire, il secondo 3.000 e il terzo 2.000. La Società, alla presenza di un notaio, aveva riempito una bottiglia del proprio aperitivo (fino al turacciolo, precisava il bando) con chicchi di granoturco di grandezza normale, quindi il recipiente era stato chiuso e sigillato dal Notaio stesso. I concorrenti dovevano, dopo aver acquistato una bottiglia del prezioso amaro, svuotare il recipiente e riempirlo con chicchi di granoturco di grandezza normale, contarli e spedire una cartolina postale, allegata alla bottiglia, con il  numero dei chicchi contenuti, all’indirizzo di Genova, via S. Pietro della Porta n. 21. Vinceva, ovviamente, chi indovinava il numero dei chicchi inseriti nella bottiglia a mani del Notaio.

Francesco Cabella, comunque, continuò nell’opera di guaritore e divulgatore delle sue erbe medicamentose, dapprima a Rigoroso e poi a Villa Solare (o Casa del sole) a Serravalle Scrivia, località Crenna, ma non senza problemi.

Infatti la sua attività venne contestata dal Collegio dei Medici della provincia di Alessandria, come riferiva il giornale novese “Martin Malalingua” il 10 maggio 1913. Il Collegio citava in giudizio Cabella per “esercizio abusivo dell’arte medica”; per contro egli sosteneva di “essere un erborario semplicista, qualità che già gli venne riconosciuta da sentenze di magistrato”. Commentava il giornale: “Questo processo desta un grande interesse specialmente nella classe dei sanitari perché è noto che il Cabella ha una clientela estesissima ed a lui ricorrono frequentemente anche persone che non appartengono alle classi sociali meno abbienti”. L’accusa provò che Cabella non si limitasse a vendere erbe medicinali e a curare malattie semplici, ma che “visitava gli infermi facendo delle vere prescrizioni mediche”. Alla fine del processo Cabella fu condannato a pagare una multa di 250 lire (poco più di 1.000 euro). Tutto ciò avveniva nel 1913; non si può escludere che la questione legale nascondesse una forte preoccupazione da parte della classe medica per la recente costituzione della Società Prodotti Suor Teresa della Crenna (1912), società che, indubbiamente, amplificava l’attività del Grisu.

Sulla durata della Società non si è trovata notizia; fonti orali raccontano che Francesco Cabella la lasciò, forse – ma si tratta di una supposizione – per la direzione troppo commerciale assunta, che vanificava il significato profondo dell’eredità morale ricevuta da Suor Teresa.

VILLA SOLARE SULLA CRENNA
Villa Solare

Nel 1924 Francesco Cabella riceveva i suoi pazienti a Serravalle Scrivia; se ne ha conferma da fonti orali e nella testimonianza in un articolo, pressoché identico, comparso sia sul “Il Messaggero di Novi” che su “Il Popolo” nel settembre 1924. In tale articolo si narra che Tommaso Montessoro, il 25 luglio precedente, si era recato dal “Grisu” a Serravalle per farsi medicare una mano punta da un insetto; ma non aveva trovato il “Medicone”, il quale si era recato a Genova. L’articolo continua poi raccontando di un delitto, non inerente alla ricerca di cui si parla. Il luogo dove si era recato Montessoro non poteva che essere Villa Solare (fig. 7) o Casa del sole, esistente tuttora in località Crenna superiore al n. 54, già appartenente a Francesco Cabella e adibita dallo stesso ad ambulatorio ove curare, utilizzando le sue erbe officinali, le persone con problemi di salute. La villa, dal 2017, è sede del centro di Meditazione Thabarwa; anticamente era stata convento di Suore cattoliche ed orfanotrofio, nonché colonia solare; a metà del secolo scorso divenne residenza privata.

IL LIBRO DELLA SALUTE

Nel 1926 Cabella dava alle stampe il “Libro della salute, svelato al popolo: vademecum dei rimedi naturali del botanico Cabella Francesco della Crenna (fig. 8), per i tipi della Ditta Artigianelli di Genova. Una sorta di “testamento professionale”, come da lui stesso dichiarato, nel quale riportava, in maniera didascalica, tutte le malattie che riteneva curabili, indicandone con dovizia di particolari i rimedi, tutti ottenuti mediante l’utilizzo di erbe curative.

Nelle avvertenze sosteneva che:“Le specialità Cabella della Crenna sono poche, ma in compenso ottime sotto tutti i rapporti e veramente meritevoli dell’immenso successo ottenuto”. Tra queste indicava, ad esempio, “Il tonico” quale“… ottimo decotto o infuso in un litro di acqua o di vino bianco. Potente aperitivo e digestivo, il Tonico è il vero ristoratore della salute, procura un sano appetito ed una perfetta digestione, combatte il mal di mare e la malaria, allontana la fiacchezza ed Aumenta la capacità agli sforzi mentali e muscolari”.

E magnificava le “Pillole di Marte”, che “… possiedono un altissimo valore ricostituente, rigenerano il sangue e tonificano potentemente i nervi ed i muscoli, vincono la fatica intellettuale e fisica e guariscono l’anemia, la clorosi e la debolezza generale”.

Ancora, le “Pillole della salute” … “esplicano un’ azione tonico-lassativa meravigliosa e combattono vantaggiosamente la stitichezza, i catarri intestinali e gli ingorghi del fegato”.

Invece il “Depurante risulta efficacissimo  depurativo del sangue; il Depurante scaccia dal corpo gli umori cattivi e rende più energico e completo il ricambio organico. Il Depurante è specialmente indicato contro l’arteriosclerosi, le malattie di cuore, l’ artritismo, la gotta e l’obesità”.

A seguire il “Tossifugo”. “Potente sedativo ed antisettico, il Tossifugo guarisce la tosse in modo rapido senza deprimere ed è efficacissimo nei raffreddori, nelle laringiti con abbassamento di voce, nelle bronchiti, nell’asma bronchiale, nella tubercolosi polmonare”.

E poi le “Pillole antiepilettiche”, che producono “benefici effetti in tutte le agitazioni di natura  nervosa, comprese quelle della menopausa, dell’epilessia, dell’ isterismo e della nevrastenia”.

Il “Linimento triplo” invece, risulta “l’ideale dei calmanti in genere, ed è efficacissimo nella sciatica e nelle altre nevralgie, nel reumatismo, nelle artrosinoviti, nei dolori intercostali, nella  lombaggine e nei crampi”.

Infine l’“Eczema”“Guarisce radicalmente l’eczema e dà ottimi risultati nella psoriasi, nell’erpete, nel lupus, nell’acne, nella tigna, nel prurito, nell’impetiggine e nelle altre malattie della pelle”.

IL TESTAMENTO MORALE

Il libro è introdotto da una lunga prefazione dell’autore, nella quale scrive che la pubblicazione è finalizzata “…perché non vada perduto un arsenale di rimedi naturali, non affatto intaccati dal morso corrosivo del tempo e della critica burbanzosa, ammantata di una effimera parvenza scientifica, e non vada disperso un ricco patrimonio di pazienti, severe osservazioni ed esperienze del passato e del presente, compio l’atto finale della mia vita, comunicando a quanti mi furono uniti da affetto e di riconoscenza …”.

Francesco Cabella, detto il “Grisu”.

Emerge con evidenza la polemica con il mondo scientifico, ma anche la volontà di non disperdere il ricco patrimonio di esperienze e conoscenze, come “atto finale della sua vita”, per dirla con le parole del Grisu. In realtà, come si è visto,  Cabella morirà vent’anni dopo. In altra parte dello scritto l’autore dichiara: “…Avrei quindi potuto io pure istituire Colonie di cure e di igiene, che avrebbero facilmente richiamato folle di infermi da ogni parte. Ma l’azienda commerciale avrebbe soffocato la purezza delle mie intenzioni e sminuito di troppo il carattere della mia modesta missione di bene, priva di ogni empirismo utilitario, perché svolta in gran parte a favore degli umili, la cui causa non mi sarei mai sentito di tradire per basso lucro”. Questo passaggio appare molto significativo e rimanda a quanto ipotizzato in precedenza, ossia che Cabella avesse lasciato al suo destino la società arquatese, di cui era stato tra i fondatori, perché divenuta troppo commerciale; tale considerazione è confermata dalla organizzazione del concorso a premi pubblicizzato con dispendio di denaro, poi riproposto come “ gioco dei fagioli” da una famosa trasmissione televisiva negli anni ’80 del secolo scorso.

Conscio delle capacità e conoscenze solo da lui possedute, Cabella continuò la sua opera. Indubbiamente godeva di una forte credibilità presso le fasce più povere della popolazione e nel mondo cattolico, come testimonia il lungo ed elogiativo articolo del Popolo più volte citato, ma anche il contenuto di una parte della dichiarazione presente nel suo scritto, là dove si legge: “… come son certo di avere anche il favore di quanti ebbero a conoscere l’efficacia dell’opera mia, e particolarmente di coloro che vivono in zone isolate o in remote colonie, e dei Sacerdoti e dei Parroci rurali, che spesso hanno necessità di curare non soltanto le anime”. Quindi Cabella, evidentemente  conscio dell’età che avanzava, “parla” al suo libro: “D’ora innanzi tu puoi ben sostituirmi nell’opera per lungo tempo da me professata come una missione sociale, perché tu sei un altro me stesso”. E infatti così termina: “Tu devi essere il raggio di sole che penetra tra la fosca nuvolaglia della vita; proteggendo la salute in questo “andar nostro breve”, tu sei destinato a compiere ancora molto bene, specialmente tra coloro che più soffrono, perché più lavorano, nelle campagne e nelle officine, negli uffici e nei commerci …”.

FEANCESCO CABELLA E L’INDUSTRIA DEI LATERIZI
A sinistra Tomaso Cabella, con il cugino Francesco, nei pressi della fornace Lodolino; anno 1933

Il “Grisu”, come imprenditore, si impegnò nell’industria dei laterizi; il settore era particolarmente fiorente agli inizi del XIX secolo per la costruzione delle infrastrutture, quali, ad esempio, ponti e gallerie ferroviarie, ma si estese poi all’edilizia residenziale, poiché i laterizi andarono a sostituire, nella costruzione delle abitazioni, la terra battuta.

Le fornaci nel novese sorsero numerose, in quanto la terra della zona era particolarmente adatta alla produzione dei mattoni, che venivano realizzati a mano. Tra queste vi era, a Novi, la fornace del Lodolino, ubicata in via Casteldragone; fu così che, nel 1919, Tomaso Cabella, già direttore delle fornaci di Isola del Cantone e di Stazzano, si trasferì con tutta la famiglia a Novi Ligure da Serravalle e acquisì l’appalto e la gestione della fornace Lodolino. Fonti orali riferiscono che il canone di affitto era corrisposto annualmente non già in denaro, ma in mattoni, essendo il proprietario della fabbrica un costruttore edile; la pigione da corrispondere era di duecentocinquantamila pezzi annui. In seguito Tomaso Cabella, con il cugino Francesco, il Grisu appunto, ne rilevò la proprietà attraverso la Società Tomaso Cabella e figli, appositamente costituita nel 1936. Francesco Cabella andò quindi ad abitare in un fabbricato nelle adiacenze della fornace.

Fornace Lodolino: nell’ultima casa a destra abitava Francesco Cabella
NEL SECONDO DOPOGUERRA

Tracce della presenza di attività dell’ “Erborista Cabella della Crenna” sono state ritrovate a partire dal febbraio 1946, quando Francesco era ancora in vita (scomparve nel novembre successivo). Era terminata la Seconda Guerra mondiale, e si avvertivano i primi segnali di ripresa; un inserto pubblicitario sul Popolo promuoveva i medesimi prodotti commercializzati nel secondo decennio del XIX secolo: il Tonico digestivo in buste, le Pillole purgative (salute), le Pillole ricostituenti (Marte), il Linimento antireumatico. Però erano pubblicizzati non più come “Società Anonima Prodotti Suor Teresa della Crenna”, dalla quale, come detto, Cabella era uscito molti anni prima, ma come “I Prodotti Farmaceutici dell’Erborista Cabella della Crenna”

pubblicità sul “il Popolo”, 21 febbraio 1946.

E’ alquanto significativo che gli inserti, sul piano locale, fin dal secondo decennio del XX secolo siano stati inseriti sempre e solo sul giornale cattolico. In nessuna altra testata locale è stata ritrovata réclame dei prodotti Cabella: eppure, come noto, il panorama della stampa novese risulta molto ricco di periodici anche al tempo. Risulta pertanto evidente un rapporto privilegiato del guaritore con il mondo cattolico, forse perché in tale ambiente era stato individuato il target degli acquirenti. D’altra parte, nel suo libro Cabella sottolineava come i Sacerdoti, specie quelli che operavano in aree isolate, avessero fatto uso dei suoi medicamenti per la cura degli ammalati, e “Il Popolo” ha sempre avuto un canale di distribuzione privilegiato attraverso la rete capillare delle Chiese e degli oratori. Inoltre tale giornale copriva, allora come oggi, il vasto territorio della Diocesi di Tortona, non paragonabile in termini di distribuzione agli altri giornali locali.

LA DITTA “PRODOTTI CABELLA DELLA CRENNA”

Il 20 gennaio 1947, a circa due mesi di distanza dalla morte del Grisu, fu fondata la Ditta “Prodotti Cabella della Crenna”; la dicitura è significativa, negli inserti pubblicitari precedenti alla costituzione della Ditta era scritto “Prodotti Farmaceutici dell’Erborista Cabella della Crenna”. Il cambiamento era dovuto, evidentemente, alla scomparsa di Francesco.

La Ditta aveva sede a Serravalle Scrivia, in via Berthoud n.39, telefono 70; la ragione sociale era “Trasformazione di alcool, preparazione di sciroppi, liquori e sostanze medicamentose”. La società era formata da solo due soci, Franco Baratta ed Eugenio Pallavicini; dunque, non esisteva alcun Cabella  nella proprietà, ma è accertato che la moglie di Baratta fosse una pronipote di Francesco Cabella. Inoltre, il legame dei Baratta con i Cabella si evidenzia anche per il fatto che una sorella di Francesco, Erminia, sposò un Baratta (medico); e non è un caso se Franco Baratta e consorte riposino nella già citata cappella cimiteriale, intitolata alla famiglia Cabella, presso il cimitero vecchio di Serravalle Scrivia.

I problemi, però, non erano terminati: il 20 settembre 1949, l’Alto Commissario per l’Igiene e la Sanità pubblica, “decretava la revoca alla produzione e vendita della specialità medicinale denominata “Pillole di Marte” della Ditta “Cabella della Crenna”, con sede in Serravalle Scrivia, (Alessandria)” con la seguente motivazione: “Vista la lettera dell’Istituto superiore di sanità pubblicail quale, avendo analizzato il prodotto di cui sopra, ha riferito che la composizione della specialità non è risultata corrispondente a quella dichiarata” . La Ditta non poté che prendere atto della decisione, tanto è vero che dalla pubblicità del 1952 scomparvero le “Pillole di Marte” (fig. 12).

Pubblicità su “Il Popolo”, 1952.

Nel 1953 cambia ancora la denominazione della Ditta serravallese da “Prodotti Cabella della Crenna” a “Ditta Cabella del Rag. Baratta – Pallavicini; viene meno il termine “Crenna”, riferimento evidente alla storia del “medicone” e della Suora, rimane genericamente il nome “Cabella”, che, come precedentemente indicato, non è il cognome dei soci proprietari, ma richiama parte del marchio iniziale e ricorda le origini della Ditta stessa. Nello stesso anno è introdotta tra le attività la torrefazione del caffè; tale produzione, però, avrà vita breve. Il cambio di denominazione è comunque significativo; cosa sia accaduto, allo stato delle ricerche, non è dato sapere, ma la sensazione è quella di una scelta dettata da questioni di mercato. Certo è che la Ditta Baratta e Pallavicini si sviluppò anche con produzioni aliene al passato del Grisu, come la poco fortunata torrefazione del caffè, che durò circa tre anni. I prodotti che compaiono in una foto d’epoca, riprodotti a fig.13, si discostano chiaramente dalle caratteristiche di quelli iniziali: di medicamenti non si parla più, ma solo di liquori e distillati. Rimane in auge l’Elixir Cabella.

Prodotti Distilleria Baratta Pallavicini.

I cambiamenti, comunque, non tralasciano del tutto le origini; come detto, l’unico prodotto reclamizzato che si collega alla storia dei Cabella è l’Elixir. Lo dimostrano due immagini successive negli anni; la prima è quella di un vassoio (fig.14) che pubblicizza il“tonico digestivo Cabella”, sulla cui etichetta si legge, in trasparenza, 1790 (chiaro riferimento alla storia della Suora). Si può ipotizzare che tale immagine rimandi ai primi anni di esistenza della Ditta Baratta e Pallavicini, poiché il numero telefonico è 70. Altre due immagini (fig.15), sicuramente successive, in quanto il numero telefonico è diventato 65170, ripropongono una etichetta simile, sulla quale, in trasparenza, si legge sempre 1790, ma con la dicitura eloquente “Liquore, Elixir tonico digestivo. A base di erbe medicamentose degli Appennini, secondo la formula originale dettata nel 1790 da Suor Teresa della Crenna al secolo Maddalena Cabella, monaca infermiera dell’Armata Napoleonica. Simpatico poi lo slogan riportato nel retro della bottiglia: “Domanda: Elixir di si grande di si rara qualità, conoscessi la ricetta sapessi chi ti fa. Risposta: Son le erbe, i fiori la natura bella, il magico segreto dell’Elixir Cabella”. Segue il numero telefonico “65170”, oltre all’invito: “Esigetelo”.
La Ditta Baratta e Pallavicini non ebbe vita breve: fu attiva per oltre trent’anni e cessò le attività nell’autunno del 1978.

CONCLUSIONI

L’interesse per questa vicenda si è originato, inizialmente, dalla curiosità per un inserto pubblicitario, reperito in rete da un amico, sui prodotti “Suor Teresa della Crenna”. La ricerca che ne è seguita è stata lunga e non semplice, in quanto la storia della Sorella è molto lontana nel tempo e non è stato possibile reperire documenti in proposito, fatto salvo l’articolo sul settimanale cattolico “Il Popolo”. Di Francesco Cabella si aveva memoria anche per racconti familiari: del “medicone della Crenna”, che guariva con le erbe, la nonna materna (nata nel 1881) parlava con grande ammirazione e sua figlia, mia genitrice, faceva uso di erbe medicinali a scopo terapeutico. Per la stesura dell’articolo, pertanto, si sono utilizzate molte fonti orali, talora solo frammentarie, e ricordi ancora vividi in tante persone; notevole anche l’apporto di collezionisti, che hanno offerto immagini d’epoca; tutti questi contributi sono stati determinanti per ricostruire la storia di Cabella. Corre dunque obbligo ringraziare infinitamente  e in primo luogo, l’amico ed ex collega Giancarlo Ponassi, indispensabile “segugio” che ha procurato contatti, immagini e documenti importanti; e poi Tomaso Cabella, le famiglie Cabella della Barbellotta, Franca e Pierantonio Baratta, Luciano Camera, Roberto Almagioni, Roberto Canuto, Giovanni Castanò, Lelio Demicheli, Mauro Persano, Vittorio Gifra e l’Associazione Chieketè di Serravalle Scrivia. Le fonti orali sono state, per quanto possibile, verificate attraverso confronti con uffici ed enti preposti alla conservazione dei documenti ufficiali e con specifiche pubblicazioni, citate nelle fonti.

la bottiglia, fronte e retro, con il numero telefonico 65170

La storia di Francesco Cabella, imprenditore, proprietario e guaritore, è risultata affascinante per i tempi in cui si è svolta, quando la medicina popolare era piuttosto diffusa e quella ufficiale non sempre compresa; ne sono scaturite anche vicende divertenti e curiose, come quella, avvenuta nel 1936, secondo la quale ai familiari di una persona ammalata di polmonite, il “medicone” avrebbe suggerito di curare il paziente avvolgendogli il torace in una pelle di coniglio appena ucciso. Del “Grisu”, ufficialmente, si è sempre parlato poco; nel suo caso ha funzionato “radio scarpa”, la sua fama è stata trasmessa di padre in figlio, specie nel censo popolare. Francesco Cabella, nella pubblicazione-testamento del 1926, sembra cosciente che le sue conoscenze rischino di andare disperse e, come riportato, aveva affidato al suo libro il compito di sostituirlo nella diffusione del sapere: “… come una missione sociale, perché tu sei un altro me stesso”.

P.S.: alcune immagini risultano poco nitide, essendo di bassa risoluzione, in quanto riprese da vecchi documenti; si è ritenuto di pubblicarle ugualmente perché significative e utili alla comprensione del testo.

Fonti:
– Il Popolo, Martin Malalingua e il Messaggero di Novi. Raccolte dei giornali, Biblioteca civica di Novi Ligure.
– www.chiekete.eu
– Servizi demografici dei Comuni di Novi Ligure e Serravalle Scrivia.
– Francesco Cabella della Crenna. Libro della salute, svelato al popolo: vademecum dei rimedi naturali del botanico. Ditta Artigianelli, Genova, 1926.
– AA.VV. Profilo storico di un’area industriale. Rotary Club di Novi Ligure, Mario Traverso editore, 2005.

2 pensieri riguardo “Suor Teresa Cabella e il “Medgon da Crèna”

  • Baratta Pierantonio

    Sono Baratta Pierantonio figlio di Baratta Franco nipote di Francesco Cabella. La moglie di Franco Baratta era Angela Pestarino nata in America da genitori di Montaldeo emigrati e poi ritornati in Italia. La mamma di Franco Baratta era Erminia Cabella sorella di Francesco Cabella. Saluti a tutti.

  • Rossana Pagano

    Salve…da molti anni..cerco le origini del mio bisnonno…grande chimico …il quale ha lavorato anche per l’ospedale Cardarelli a Napoli, Cabella era il suo cognome, ma aimé… non ricordo se il suo nome fosse Pasquale…(come mio padre, figlio di sua figlia Letizia)
    , oppure Francesco. Egli aveva come assistente la dottoressa Bakunin…moglie del dissidente russo…profuga in Italia…ed anche lei probabilmente chimica.Erano gli anni 1920 1930…o giù di lì. Ho ricercato dappertutto…ma nei registri del Cardarelli non risulta. Ora vedendo il loro articolo….e comparando il Sig Francesco Cabella col mio bisnonno….vedo delle attinenze, potrebbe darsi che il mio bisnonno di origine non fosse stato napoletano….pochissimo ne so’ di lui….potreste aiutarmi nella ricerca? Non so’ piu’ dove guardare….ho ricerchercato ovunque e per anni..ma di lui non vi sono documentazioni. Grazie .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *