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TIRONI, Vittorio

Vittorio Tironi (Napoli, 13 luglio 1871 / Serravalle Scrivia, 30 aprile 1935)

Avvocato, anarchico, socialista, schedato nel Casellario politico centrale del Ministero dell’interno dal 1907 al 1935.

Vittorio Tironi, nacque a Napoli, il 13 luglio 1871, figlio di Augusto Tironi e di Giuseppina De Stefani. Laureatosi in Giurispudenza intraprese la professione dell’avvocato. Giunse a Serravalle Scrivia nel 1923, proveniente da Genova. Visse a Serravalle sino al 1932 quando fece ritorno nel capoluogo ligure. Tra i sovversivi anarchici del Novese schedato nel Casellario politico centrale del Ministero dell’Interno figura anche Vittorio Tironi. La prima segnalazione al Ministero dell’interno risale al 4 settembre 1907, in un’informativa della prefettura di Genova che così ne tratteggia l’opera, richiamando notizie fornite dall’Ufficio territoriale del governo di Pisa, ove egli aveva risieduto in precedenza: «…L’avvocato Tironi… appartenne per molti anni al personale dei funzionari di P.s. di Cecina, chiese un anno di aspettativa, ma il Ministero dell’interno non crede accogliere la domanda… ed allora il Tironi presentò le dimissioni dallo impiego, dedicandosi all’esercizio dell’avvocatura nel Comune di Cecina. Ambiziosissimo, smanioso di popolarità, cercò subito di accaparrarsi una certa clientela e per stornare la diffidenza che lo circondava nella sua nuova professione, mostrò di professare idee sovversive, difendendo cause penali gratuitamente gli affiliati alla setta anarchica di Cecina e comuni limitrofi. Scaltrissimo quale egli è, strinse amicizia col noto anarchico Pietro Gori che lo associò nelle difese di imputati anarchici chiamati i giudizio per reati comuni politici. L’amicizia col Gori gli valse a renderlo ben accetto tra gli anarchici, e vagheggiando un avvenire di celebrità, pensò che la limitata clientela di questa provincia non si confaceva alle sue idee e raccomandato sempre dell’avvocato Gori, si trasferì costà ove ha aperto uno studio legale. Il Tironi non ha fatto mistero con alcuno di professare idee anarchiche ed è individuo da sorvegliarsi specialmente in occasione di pubbliche riunioni. Egli ostenta una accentuatissima ripugnanza per la P.s. non trascurando occasione per gettare su questa Amministrazione tutto il suo disprezzo. Durante il tempo che il Tironi è stato a Genova – ove il resto ha preso stanza definitivamente e vi esercita la professione – si è ad dimostrato tutt’altro che intransigente e nei vari comizi ha sempre combattuto ogni proposito irragionevole. Egli professa principi anarchici, ma più come dottrinario che come propagandista e nella parte più volgare della setta non è tenuto in molta considerazione perché non propugna ne l’azione rivoluzionaria ne la ribellione sistematica. E’ opinione del Questore locale che il Tironi siasi cacciato nella setta senza vero convincimento e a solo scopo di mettersi in evidenza nei rapporti professionali ai quali corrisponde coscienziosamente. Attualmente l’avv. Tironi non sembra un elemento temibile, anzi ritiene il Questore non farebbe meraviglia se, coll’andare del tempo e quando nella professione si sarà affermato, pur mantenendosi devoto a concetti avanzati abbandonasse quelli che ora professa…».

Per meglio comprendere l’ambiente politico ed intellettuale in cui l’Avvocato Tironi si mosse valga approfondire la poliedrica figura di Pietro Gori, (ritratto nella foto a lato, estratta dal sito web del Comune di Rosignano Marittimo) tra i principali esponenti dell’anarchismo europeo, avvocato, criminalista, giornalista, scrittore, drammaturgo, “poeta dell’anarchia”, ancora oggi conosciuto come autore della popolarissima canzone “Addio Lugano Bella”. Nato a Messina il 14 agosto 1865, da famiglia originaria dell’isola d’Elba, figlio di un ufficiale di artiglieria e di una nobile toscana. Abbracciata la causa risorgimentale per la quale si impegnò attivamente, si dedicò con profitto agli studi giuridici, facendo propri gli ideali libertari. Nel 1887 pubblicò l’opuscolo “Pensieri ribelli” per i cui contenuti venne processato ed assolto. Nel 1890 fu arrestato e condannato alla pena detentiva di un anno per istigazione al grande sciopero del 1 maggio a Livorno. Sottoposto a stringente controllo di polizia si trasferì a Milano, dove entrò nello studio professionale di Filippo Turati. Nel 1891 partecipò al congresso fondativo del Partito socialista anarchico rivoluzionario, di cui divenne uno dei leader. Nel capoluogo lombardo ideò e codusse il periodico di oreintamento socialanarchico “L’amico del popolo” iniziativa editoriale che nuovi guai con la legge.

Fermamente convinto dell’inscindibile rapporto tra socialismo ed anarchia Gori si dedicò allo studio dell’opera di Karl Marx e curò la prima edizione italiana integrale del “Manifesto del partito comunista”. Sul finire del secolo l’avvocato napoletano animò la rivista “La lotta sociale”, firmò diverse raccolte di poesie e piece teatrali di successo. Sul fronte professionale Gori si occupò brillantemente della difesa degli anarchici imputati in importanti processi politici. Tra i suoi clienti anche il fornaio anarchico Sante Caserio difeso davanti al tribunale di Milano, estremista il cui nome venne successivamente consegnato alla storia come l’assassino del Presidente della Repubblica francese Marie Francois Sadi Carnot. Il legame esclusivamente professionale con Caserio non gli risparmiò l’accusa degli oppositori di essere stato l’ispiratore del criminale gesto. La repressione antianarchica in Italia divenuta insostenibile costrinse Gori ad espatriare in Svizzera, a Lugano. Dall’esilio proseguì nel suo impegno politico anarchico e libertario, accogliendo altri esuli italiani, un’attività che forse fu il movente di un fallito attentato alla sua vita e che nel 1895 fu motivo della sua espulsione dalla Svizzera. Dopo aver vissuto per brevi periodi in Germania ed in Belgio, Gori raggiunse Londra dove diede il suo contributo alle lotte sindacali delle maestranze inglesi ed al consolidamento dell’anarchismo internazionale. Pressato dalle difficoltà economiche s’imbarcò come marittimo solcando i mari del Nord e l’oceano Atlantico. Anche per Gori il porto di New York divenne la porta dell’America. Negli Stati Uniti ed in Canada proseguì la sua lotta. Ammalatosi di tisi e colpito da un serio esaurimento nervoso fu autorizzato a tornare in Italia per le cure, con l’obbligo di risiedere all’isola d’Elba. Nel 1897 Gori ritorno al patrocinio legale ed alla pubblicistica. Nel 1898 venne condannato a 12 anni nel processo per disordini popolari in citta. Espatriato in Francia e da li in sudamerica (Brasile ed Argentina) venne dichiarato contumace. Anche oltreoceano non venne meno ai suoi valori. Nuova avventura editoriale con la rivista “Criminologia moderna”, alla quale collaboro anche Cesare Lombroso. Nel 1903 usufruendo di un’amnistia rientro in Italia. Sofferente per una malattia tropicale contratta Medio Oriente, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Portoferraio dove mori l’8 gennaio 1911.

Negli anni Trenta, Vittorio Tironi si trasferì a Serravalle per motivi di salute, proveniente da Genova. Così il 18 giugno 1934 la prefettura di Genova notizia il Casellario politico centrale: «…il noto anarchico avvocato Tironi da tempo serba regolare condotta, senza offrire motivo a rilievi in linea politica. Non frequenta sovversivi, ne persone comunque sospette. Attualmente trovasi a Serravalle… dove recentemente ha trasferito il suo domicilio. A cura della questura di Alessandria in suo confronto è stata disposta opportuna vigilanza. Il Tironi, in pari data, è stato radiato dal novero dei sovversivi di questa provincia alla quale non appartiene per nascita ne domicilio…». L’11 luglio 1934 la prefettura di Alessandria precisò che l’anarchico napoletano «…risiede temporaneamente a Serravalle per ragioni di salute, essendo affetto da grave forma di diabete, che lo costringe a letto… Egli conserva tuttora la sua residenza fissa nella città di Genova… e non risulta iscritto presso l’Ufficio anagrafico del Comune di Serravalle, essendone stato eliminato il 20.08.1931 per essersi trasferito in quella città…». Il 21 luglio 1934 la prefettura di Genova chiede al prefetto di Alessandria di disporre nei confronti di Tironi l’opportuna vigilanza facendo conoscere a suo tempo la data in cui il sorvegliato avesse fatto ritorno nel capoluogo ligure.

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