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Il Seminario Leone XIII in un articolo di Mons. Guerra (1935)

Ci furono tre luoghi di grande importanza nella vita di Monsignor Luigi Guerra: Carbonara Scrivia, sua città natale, Serravalle Scrivia, dove fu Parroco dal 1935 sino alla morte, e il Seminario Vescovile di Stazzano.
Presso il seminario Leone XIII il giovane Luigi Guerra studiò e poi ricopri le cariche di Vice Rettore e di Rettore.
Nel marzo 1935, in occasione dell’insediamento del nuovo Vescovo della Diocesi di Tortona Egisto Domenico Melchiori, il “Popolo Dertonino” pubblicò un numero speciale per accoglierlo solennemente.
A Don Luigi Guerra venne affidato il compito di stendere un articolo dedicato al Seminario di Stazzano di cui era il Rettore.
Lo ripubblichiamo qui integralmente. E’ un documento di grande interesse sia per lo stile, che ci rivela la grande preparazione classica e l’erudizione del futuro Mons. Guerra, sia per i contenuti relativi alle vicende costruttive e storiche del Seminario. Qui il futuro Parroco di Serravalle rivela la sua padronanza della materia e l’abilità nella stesura di un vero e proprio saggio storico.

S’incominciò a parlare del « Seminario» di Stazzano sotto il glorioso Episcopato di Mons. Giovanni Negri, e precisamente nel 1848, quando quell’uomo insigne, avendo ceduto i locali del suo Seminario di Tortona ad uso ospedale militare pei feriti sui campi di battaglia lombardo-veneti, pensò di trasportare le classi del gin­nasio nel suo antico castello di Staz­zano.
Avrebbe dovuto essere una cosa temporanea; ma visto che la posizione incantevole, l’aria pura, il sole a dovizia, la tranquilla pace della campagna mirabilmente giovavano al benessere fisico e morale dei piccoli alunni, volle adibirlo per sempre ad uno scopo così nobile e santo, e ne fece dono alla Diocesi con un atto, di cui trovo cenno nel verbale della riunione tenuta dal venerando Capi­tolo della Cattedrale il 31 Dicembre 1851 sotto la presidenza del Signor Canonico Arcidiacono Don Remotti.
Rimase aperto per vent’ anni: un ventennio di umili ma vere glorie morali e letterarie.
È proprio vero quel che diceva il «dilavato» e «graffiato» autografo del buon Anonimo secentista del Man­zoni e cioè, che la «historia si può ben definire una guerra illustre contro il tempo, perché togliendoli di mano gli anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li richiama in vita, li passa in rassegna e li schiera di nuovo in battaglia»: ci si sente commossi nel ricordare gli ingegni eletti e le degne persone che qui consumarono la loro vita : così l’Assistente Generale o Vice Rettore Don Vincenzo Cazzulo di Castelletto d’Orba, di cui Mons. Negri soleva dire: «È un tesoro!»; il Di­rettore Spirituale Padre Luigi Cavallo della Compagnia di Gesù che promosse grandemente la divozione della Beata Vergine Maria ed, appassiona­tissimo per la musica, la fece rifiorire in Seminario specie pel mese Mariano: il suo successore Don Andrea De Benedetti, di Cecima, compagno di Missioni ed intimo amico del Beato Gianelli; Don Giovanni Novelli, che sarebbe poi stato degno rettore ed ammirato maestro di Teologia Morale del Seminario Maggiore; il Padre Mella, gesuita, di nobile famiglia ver­cellese, uomo di vasta cultura, che lasciò varie opere originali o di tra­duzione.
Don Giovanni Verdona, sodo e ze­lante oratore, che meritò un’edizione postuma delle sue prediche e che pel Seminario dettò il distico famoso: «Hic regnat secura quies, hic candida morum simplicitas; Christi stat sine labe fides».
Ma negli ultimi anni dell’Episcopato di Mons. Negri, la scarsità dei mezzi in cui si trovò l’amministrazio­ne, la diminuzione delle vocazioni ecclesiastiche, (eravamo nei tempi eroici dell’anticlericalismo patriottico) costrinsero a chiudere il Seminario di Stazzano e a trasportare in quello Teologico i pochi chierici del Ginna­sio. Era l’anno 1869.
Ma Stazzano tentò sempre l’animo dei Vescovi di Tortona; e subito alla mente di Mons. Cappelli, nuovo Ve­scovo, fino ed aristocratico, brillò l’idea di fare colassù una bella e gra­dita dimora pei seminaristi nel tempo delle vacanze autunnali. E proprio nel 1886, dopo aver meglio ordinato e corredato il Seminario Maggiore, in­cominciava i lavori di restauro nell’antico castello dei Vescovi Tortonesi.
Però nuove circostanze impreviste l’obbligarono a sospendere l’opera progettata, proprio nel suo più bel fervore. Egli era riuscito ad elevare soltanto il muro della facciata di ponente: la morte, dopo tre anni appena dall’inizio dei lavori, togliendolo all’amore e alla venerazione della sua Diocesi, troncava pure le belle spe­ranze che si erano concepite.
Ma la parola era stata detta e l’i­dea era stata lanciata: il suo succes­sore la raccolse e la fece sua.
Qui Mons. Igino Bandi di f. m. scrisse la più bella pagina del suo magnifico Episcopato e qui lasciò la miglior parte dell’anima sua prima di legarvi, da morto, il suo gran cuore. Appena entrato in Diocesi, il 1° Feb­braio 1891, Mons. Bandi avvertiva la grande scarsità di clero, insufficiente ai più urgenti bisogni, e, uomo fattivo ed energico quale egli era, subito rivolgeva il suo primo pensiero e la sua più viva sollecitudine ai provve­dimenti. Ne era invitato da tutte le parti della vasta Diocesi. Nella sua Lettera Pastorale n. 4 del 23 Aprile di quel medesimo anno egli stesso ne parla con accenti commossi:
«Vi sono parrocchie già da anni ed anni prive del loro Pastore: po­polazioni senza una guida, un confor­to, senza Gesù Sacramentato che le consoli di sua divina presenza, che raffermi la fede, ne custodisca la vir­tù: parrocchie e popolazioni senza parola di Dio, senza Sacramenti, là disperse sulle nevose vette degli Ap­pennini, quasi figli orfani di padre…. oh! le abbiamo lette e rilette quelle suppliche di parroci cadenti per età sdrusciti per fatiche consumate nella cura delle anime, che ci pregano di un aiuto, di un qualche coadiutore…. ed il nostro cuore veniva meno di cordoglio nel dovere a tutti dare la medesima risposta: «Miei figlioli| Po­trei darvi la metà del mio sangue, potrei darvi anzi tutta fa mia vita, ma un Sacerdote disponibile non pos­so averlo!»
Si può quindi facilmente immagi­nare con quale slancio e prontezza Egli afferrasse l’occasione che gli parve propizia per provvedere alle neces­sità della sua Diocesi.
Proprio in quei giorni, per cura dell’Opera dei Congressi e Comitati Cattolici, ferveva il Movimento per la preparazione alle feste del Giubileo Sacerdotale del Sommo Pontefice Leo­ne XIII e si raccomandava di dare a tali festeggiamenti un carattere tutto proprio e singolare, che doveva con­sistere in qualche «Istituzione stabile e pratica per ciascuna Diocesi».
Non ci volle altro per Mons. Bandi: l’opera, «l’istituzione stabile e pra­tica» da intitolarsi al grande Pontefice Leone XIII, in sua Diocesi, Egli l’aveva: doveva essere la restaura­zione dell’abbandonato Seminario di Stazzano, per aumentare il numero dei chierici, facilitando e favorendo le vocazioni ecclesiastiche.
«Fra l’oscurità di un desolante av­venire per la nostra ‘Diocesi. – Egli continua nella precitata lettera – una visione di paradiso ci comparve: la candida Colomba di Monte Spineto, simbolo grazioso di Maria Santissima, protettrice del Seminario di Stazzano. Ed il Seminario di Stazzano s’impos­sessò tosto della cima di tutti i nostri pensieri : ed ora il pensiero del Se­minario di Stazzano giorno e notte ci urge, ci sprona, ci sollecita in tutte le maniere…. Il Seminario bisogna ria­prirlo, dobbiamo riaprirlo ! Esso do­vrà essere il nido della mistica divi­na Colomba. .. Il Seminario di Staz­zano sarà una feconda culla di zelanti Sacerdoti, che formeranno poi la con­solazione nostra, la benedizione di Dio su questa nostra vastissima Dio­cesi ».
La parola del Vescovo trova nella Diocesi, e specialmente nel cuore dei suoi Preti, l’eco più dolce : tutti si riuniscono intorno al Pastore e plau­dono all’iniziativa mirabile: il Cuore Santissimo di Gesù per l’intercessione di Maria Santissima benedice all’ardua impresa, ed ecco, come per incanto, ritornare la vita, là dove da più di vent’anni regnava il silenzio e I‘abbandono.
I lavori di restauro dell’ antico fab­bricato furono tosto incominciati e condotti con alacrità e intelligenza. Non mancarono le difficoltà, le dolo­rose amarezze: ma era la grandiosità stessa dell’ impresa che le esigeva e le superava. Per l’11 Settembre 1892 già il primo braccio, corrispondente alla parte antica del castello, era fatto ed era risolto anche il problema del rifornimento dell’ acqua potabile. Il Vescovo aveva in quel giorno il con­forto di benedire ed inaugurare la conduttura dell’acqua, derivata con spese e sacrifici non indifferenti, dai piedi del Santuario di N.S. di Monte Spineto.
Va qui ricordato il dirigente e l’ani­ma di tutti questi lavori, il compianto Don Giuseppe Ravazzano, economo del Seminario Maggiore, uomo, certo, di larghissime vedute, di attività in­comparabile e di non comune capacità realizzatrice.
Nell’Ottobre 1892 il Seminario di Stazzano ‘si riapriva per la classe preparatoria Prima e Seconda Ginnasiale.: il nuovo Rettore era eletto nella persona del sacerdote D. Carlo Ric­cardi: i sacerdoti D. Giuseppe Grassi e D. Giovanni Botti col chierico Bozzini Cesare furono i primi insegnanti. Tempi eroici quelli, nei quali questi uomini, che sarebbero poi stati tanto benemeriti della Diocesi, come ognun sa, spesero le loro migliori energie: poiché gl’inizi di tutte le opere belle esigono sacrifici proporzionati.
Ma il molto che si era potuto com­piere nel 1892 non era sufficiente: occorreva un Seminario capace di 200 alunni. Ebbene, fu proprio nella pri­mavera del 1893 che si deliberò la costruzione di due nuove ale di fab­bricato. Qui, sì, ci voleva fede: doppia fede, che si trattava di «muovere il monte» e di rifarne un altro di mat­toni. E la fede fu sì grande che il doppio miracolo fu compiuto.
È stato l’ingegner Giulio Leale, che, richiesto per- il progetto del costruendo Santuario del Sacro Cuore, diede an­che il disegno dei nuovi lavori, pro­seguiti senza tregua durante gli anni 1893-94-95.
Ed ecco, di mezzo alle nuove diffi­coltà che si incontrano, il pensiero si ingrandisce, e dalle difficoltà stesse sorge spontanea un’idea più brillante e seducente: l’idea del Santuario Diocesano, da dedicarsi al Cuore Santissimo di Gesù, perché fosse il centro Diocesano di glorificazione, di amore e di riparazione a questo Divin Cuore.
Fermato il proposito, si dà inizio ai lavori: si spiana il colle, trasportando più di 35.000 metri cubi di terra, e il 20 Agosto 1893, festa di S. Gioacchino onomastico del Papa, Mons. Bandi benedice la prima pietra.
Ho qui fra mano i documenti che sanno gli entusiasmi, le difficoltà, le lotte, gli sconforti e le vittorie dell’o­pera grandiosa: speriamo che un giorno possano essere pubblicati ad esempio e ad edificazione di tutti. Il 18 Luglio 1896 s’incominciarono le feste solenni della Consacrazione del nostro meraviglioso Santuario durate tre giorni interi, con l’intervento di sei Vescovi e di numerosissimo po­polo. Lo spazio ci proibisce di de­scriverle più a lungo ma non possia­mo fare a meno di ricordare chi, con vero intelletto d’amore sapendo quanto la maestà del culto concorra all’edu­cazione e formazione dei Chierici, cercò di dotare il Santuario delle preziose suppellettili e artistiche vesti liturgi­che, di cui era sprovvisto: vogliam dire il sacerdote D. Giuseppe Roveda che per sette anni fu qui esperto Direttore Spirituale.
Mancava ancora una strada di fa­cile accesso: il nuovo rettore Teol. Don Mario Traverso (che dopo il Rev. Don Carlo Riccardi resse per 6 anni il Seminario dotandolo pure di un bel gabinetto di scienze fisiche e naturali) con sacrificii e fatiche, ne promosse la costruzione, ed ebbe il conforto di vederla inaugurata nel 1908.
Neppur ora è tutto finito : ma la fede dei nostri venerati maestri ci è entrata nell’anima, e crediamo anche noi che tutto quello che il Sacro Cuore vorrà per la sua gloria sarà fatto.
Attualmente non v’ è forse, in Dio­cesi un’ opera più «Diocesana» di questa, nel senso che essa è un pò l’opera di tutti poiché tutti vi cooperarono, essendo stata pagata un pò da tutti, clero e popolo, con grandi sacrificii morali e finanziarii. Ma è proprio per questo che è diventata uno dei segni più convincenti delle capacità morali e materiali della Dio­cesi di.S. Marziano.
Tutto ciò si è voluto .ricordare nella faustissima circostanza dell’ingresso solenne del nostro novello Padre e Pastore, quasi ad accertarLo, che i suoi figli son pronti a fare «ancor più e ancor meglio», quand’Egli lo comandi.
Don Luigi Guerra


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