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Cikèina. Saperne di più

di Gian Paolo Vigo

Antropologicamente si può e si deve essere rispettosi della serietà dovuta di fronte alla morte (ed i nostri vecchi lo sapevano benissimo e si atteggiavano di conseguenza, altro che i funerali frettolosi di oggi!) ed insieme esprimere l’annuncio teologicamente ineccepibile dell’irrompere della luce eterna che viene dal Risorto: questo sono (dovrebbero essere, sono destinati ad essere) i paramenti neri, mai aboliti da nessuno, ma semplicemente occultati dall’ignoranza e da “motivazioni ideologiche” che li avrebbero velocemente fatti sparire, mentre facevano parte integrante del linguaggio religioso della morte e del lutto della civiltà occidentale.

Lo si può vedere come un colore cupo, ma cupo in quanto colore che può far riflettere sull’abbandono di segni più vivaci, quindi tinta che fa riflettere sul lasciarsi alle spalle le cose del mondo e ciò che recano con sé (ma questo vale più per i vivi intenti a ravvedersi, che per i morti). In ogni caso, nel nostro settore, è un colore che non va visto in senso negativo (nero dell’oscurità, del baratro, ecc., che sono concetti assolutamente non cristiani) ma solo come “morire al mondo” per risorgere con Cristo. Va intesa in questo senso ed in questa prospettiva di speranza, l’azione confortatrice operata per lungo tempo dalle confraternite che si occupano di morte, di condannati, e dei servizi inerenti. A Serravalle questi erano gli scopi istituzionali dei “rossi” (che non per caso portano mantellina nera sopra la cappa) ma ovviamente c’era un impegno affine anche per i “bianchi” visto che pregare Dio per i vivi e per i morti e seppellire questi ultimi sono opere di misericordia cristiana da attuare indipendentemente dall’organizzazione di appartenenza, fermo restando che entrambe le associazioni provvedevano ai propri defunti e si mettevano a disposizione per i funerali di chi confratello non era. Dio volesse che si possa tornare a fare questo servizio! Meno male che almeno i confratelli recentemente defunti hanno visto la presenza dei loro “colleghi” in una continuità di gesti e di ritualità finora mai venuta meno.

I “bianchi” poi nascono dal movimento penitenziale medievale sorto attorno alla Madonna della Misericordia che protegge i suoi figli ed infatti sull’altro verso dello stendardo funebre è raffigurata la Madonna in atto di accogliere sotto il suo manto i confratelli (alla sua destra) ed il popolo (alla sua sinistra) inginocchiati ai suoi piedi.

I confratelli portano l’abito confraternale bianco dei primi flagellanti, i popolani sono vestiti con abiti seicenteschi; chissà che la figura in primo piano non sia proprio Juan Avila Castillo fondatore del convento ora Oratorio dell’Assunta, e dei suoi famigliari o collaboratori (o molto più semplicemente degli offerenti che avevano pagato la fattura dello stendardo). Ricorre anche in questo ennesimo caso il tema delle opere di misericordia e pure la trinitarietà di questo vessillo, sulla spalla destra della Madonna è infatti riprodotto il signum Confalonis che è il rimaneggiamento del signum Trinitatis ma questa è un’altra storia da affrontare in altra sezione dell’enciclopedia serravallese.

A differenza degli stendardi funebri standard, insomma, quello serravallese non presenta sul retro l’immagine del Cristo risorto ma la Madonna, ed il perché lo si è appena descritto. In ogni caso se una tela presenta il concetto della morte, l’altra deve raffigurare sempre quello della risurrezione, della vita. Doppia raffigurazione iconografico-catechetica come doppia faccia della stessa medaglia!

La Resurrezione di Cristo è l’evento unico ed al tempo stesso rivoluzionario non solo della storia dell’uomo ma dell’intera creazione. Nella storia dell’uomo non era mai accaduto prima che un morto resuscitasse – non per tornare a morire come è stato, per esempio, per Lazzaro – ma per vivere in eterno. Questo fatto unico ed eccezionale è rivoluzionario anche perché ha sconfitto la morte ed ha aperto la strada verso la resurrezione a tutti gli uomini, sia quelli premiati con la vita eterna e sia quelli puniti con la dannazione eterna; quindi la vita eterna non è più solo il Paradiso in cui la Trinità vive lodata perennemente dagli angeli ma il Regno di Dio che accoglie, trasfigurati e glorificati (ossia purificati da ciò che fu corrotto dal peccato, dai mali, ecc.), anche i corpi ed i frutti positivi dell’umanità. Per tutto questo la Resurrezione è il fondamento centrale della fede cristiana per cui San Paolo apostolo ha potuto dire nella sua prima lettera ai Corinti: Se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni che non vi è resurrezione dei morti? Se infatti i morti non risorgono, dunque neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, la nostra predicazione sarebbe senza fondamento, vana risulta la vostra fede, cari fratelli, e di conseguenza voi siete ancora nei vostri peccati, perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. E se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini! Ma invece Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti (è risorto Lui e risorgeremo anche noi.

L’avreste detto che attraverso un oggetto di culto apparentemente lugubre si esprimesse tanta teologia sulle cose decisive dell’esistenza? E poi non si dica che non ci sapevano fare nel senso che riuscivano ad entrare nell’ottica del mistero senza perderne il senso.

Per questi motivi un simile vessillo e colore fu adottato dalle organizzazioni (in primis le confraternite) che avevano a che fare con la Buona Morte (“buona” nel senso cristiano del termine, sia innanzitutto dal punto di vista di una adeguata preparazione ed assistenza spirituale, che da quello del provvedere ai servizi necessari ai diversi atti e situazioni che accompagnano quest’ultimo momento della vita, compreso il sostegno ai superstiti in difficoltà).

Fino agli anni ’70 questo stendardino (issato su un’alta asta in legno alla cui sommità stava una croce sempre in legno, di dimensioni sproporzionate, il tutto è ancor oggi conservato nell’Oratorio dei “bianchi”) apriva i cortei funebri che si svolgevano a piedi, in seguito questi non furono più possibili per motivi di viabilità e così anche i superstiti confratelli non parteciparono più alle sepolture. Repentinamente venne abbandonato pure tutto l’apparato inerente, sull’onda della riforma liturgica che sembrava recepire lo spirito del mondo, così tentando di esorcizzare la dimensione della morte, allontanandone il pensiero e le pratiche e pure i simboli, come sopra descritto. I risultati non sono certo stati esaltanti, specialmente con l’aumento delle sepolture in forma solo civile, la diminuzione dei suffragi, i riti ridimensionati a fatti privati (salvo casi speciali buoni più per i vivi che per i defunti) e non più di una comunità che piange una perdita-.

Cosicchè il rientro dal cimitero avveniva in maniera sempre più repentina, con i confratelli che altrettanto fugacemente si toglievano la cappa ed arrotolavano Cichèina… Per fortuna non l’avrebbero mai gettata, cosa che fu la sua salvaguardia in modo da essere riesumata tra i paramenti dell’Oratorio dei “bianchi”. Del resto era praticamente impossibile, nella sensibilità comune, che un oggetto di culto potesse essere cestinato puramente e semplicemente, figuriamoci poi un oggetto per il culto funebre! Millenni di disgrazie si sarebbero abbattuti su chi avesse osato compiere tale scellerato gesto! Meno male che ciò portò sì all’abbandono ma almeno salvò dalla sparizione! Ad ogni modo nessuno ha mai compiuto gesti scaramantici (almeno palesemente) al suo passaggio o nell’usarla/riporla.

Non si hanno notizie di altrettanto stendardo nei “rossi” perché per questi il vessillo funebre era costituito dalla croce con i simboli della Passione, alla base della quale si vede benissimo il teschio sovrapposto ai femori incrociati. Del resto entrambe le confraternite partecipavano ai funerali (pare che qualcuno facesse dipendere le proprie offerte per la funzione dal numero di sodales presenti) ed anzi queste presenze furono motivo di liti che almeno in due occasioni (a fine ‘700 e ad inizio ‘900) si conclusero a botte tra i presenti e conseguente chiusura degli Oratori, per penitenza. Sono invece indicati negli inventari che entrambe le associazioni posseggono croci astili “da vivo” e “da morto” per aprire le rispettive processioni o cortei.

I “rossi”, infine, posseggono un ampio coltre funebre nero, ricamato, ai cui angoli sono posti oggetti identificativi di alcune categorie sociali (clero, governanti, ecc.) a ribadire che la morte non fa distinzioni!

Negli Oratori non ci sono tracce di catafalchi poiché si usavano cavalletti (la bara veniva ricoperta dal coltre). I “bianchi” non sembrano avere avuto candelieri con cui attorniare la bara (forse usavano i candelabri in ferro battuto ora utilizzati per le candele votive innanzi agli altari laterali, i “rossi” posseggono invece 6 candelieri funebri in legno nero.

Fino agli anni ’70 entrambi gli Oratori erano utilizzati come “camere ardenti” (si cominciava ad avere problemi di spazio nelle anguste abitazioni del centro storico, da cui non era neppure agevole entrare/uscire con le proprie gambe, figurarsi “coi piedi in avanti”!), uso che venne proibito dalle autorità al tempo della riforma sanitaria.

In sostanza: smarrito l’aspetto mistico e metafisico della liturgia e, nel nostro caso, della pietà popolare, dei suoi gesti, della sua incisività, lentamente è facile deragliare se non si tiene a mente che ciò che per le generazioni che ci hanno preceduto era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. (Benedetto XVI) u l’à ditu e Papa che ugh èa prima, an me soun ‘nventò neinte!

Per riflettere (ma non fatemi fare il “prete”! comunque spero che vi piaccia, non è tutta farina del mio sacco, ma penso di averla reinterpretata bene sulla scìa di quel che mi insegnavano i miei vecchi…):

Se San Paolo non avesse sancito quanto sopra:

1. La Bibbia affermerebbe il falso (ma la risurrezione di Gesù era stata predetta, quindi impossibile contraddirla)

2. I cristiani non sarebbero salvati perché avrebbero creduto in una menzogna

3. Non sarebbe possibile che un giorno i morti risuscitassero: la tomba quindi equivarrebbe alla fine di ogni cosa

4. La predicazione del Vangelo diventerebbe inutile perché in sostanza non vi sarebbe più alcun Vangelo, cioè non ci sarebbe più nessuna “buona notizia”(dal greco eu anghelòs) da annunciare

5. Se fosse vana la predicazione del Vangelo, lo diventerebbe pure la fede dei cristiani

6. Gli apostoli sarebbero stati dei falsi testimoni perché avevano sempre affermato la realtà della risurrezione

7. I cristiani sarebbero ancora morti negli errori e nei peccati, sarebbero ancora separati da Dio

8. Tutti i credenti che sono morti con la fede in Cristo sarebbero perduti, senza speranza

9. I cristiani sarebbero i più miserabili di tutti gli uomini perché sarebbero degli illusi

10. “Io sarei — dice San Paolo — uno sciocco perché a causa di quello che predico sono sempre in pericolo” come sciocchi sarebbero stati tutti coloro che hanno esposto, per Cristo, la loro vita alla morte

11. L’unica scelta saggia diventerebbe quella di chi preferisce mangiare e bere, perché tanto alla fine tutti moriremo e tutto finirà

San Paolo parla ancora della risurrezione nelle altre sue lettere, per cui si può aggiungere che, se Gesù non fosse risorto, vi sarebbe ancora tutta un’altra serie di conseguenze negative. L’elenco perciò prosegue:

12. Gesù non intercederebbe per i cristiani quando questi commettono i peccati (Romani 8:34; Ebrei 7:25)

13. Egli non sarebbe più Dio perché solo Dio possiede l’immortalità per natura (1 Timoteo 6:16)

14. Nessuno avrebbe lo Spirito Santo perché questo è stato dato solo dopo la risurrezione di Cristo (Giovanni 7:39)

15. I cristiani aspetterebbero invano il ritorno di Cristo, verità fondamentale per il loro futuro (1 Tessalonicesi 4:13-18)

16. Non avrebbe senso riposarsi alla domenica. Come mai infatti i primi cristiani, che erano giudei, cominciarono ad osservare -per il loro riposo- il primo giorno della settimana, pur senza aver ricevuto nessun esempio, nessun comandamento? Perché il sabato ricorda il giorno della creazione da parte di Dio, il primo giorno della settimana ricorda invece la risurrezione di Cristo. Nel settimo giorno Dio si riposò, nel primo Cristo fu incessantemente attivo. Il sabato ricorda una creazione incompiuta. Il primo giorno della settimana una redenzione compiuta. Il sabato era un giorno di obblighi legali, il primo giorno della settimana un giorno di servizio e di adorazione volontaria.

17. Non avrebbe senso partecipare alla Messa, dal momento che questi simboli ricordano non solo la morte del Signore ma anche la Sua risurrezione (1 Corinzi 11:26)

18. Non avrebbe senso il battesimo perché esso è immagine della morte e della risurrezione di Cristo (Romani 6:4)

19. Non vi sarebbe la Chiesa perché composta da coloro che sono nati a vita nuova mediante l’opera dello Spirito Santo dato dopo la risurrezione (Matteo 16:18; Atti 2)

20. Cristo non sarebbe in Cielo a preparare un luogo per i credenti (Giovanni 14:18)

21. I morti non sarebbero più giudicati (Atti 17:3 1)

Spesso, quando si parla di cose future, la gente dice: “Ma nessuno è mai tornato indietro”.Non è vero.Uno è tornato indietro dall’aldilà, dai morti, ed è Gesù.Egli ha parlato di tutto, anzi mai nessuno ha parlato tanto delle cose future come Lui.Questo spiega la ragione per cui i cristiani parlano tanto di cose future, di quello che non hanno visto, perché stanno a quello che Gesù ha detto, è più che sufficiente.Egli ha affermato più volte che nell’aldilà vi sono due luoghi: uno pieno di gioia e uno pieno di tormenti.Gli uomini andranno dove vorranno anzi dove in conseguenza della loro vita hanno scelto di andare.

Se si crede che Gesù è morto e risorto per ognuno, si andrà in un luogo dove c’è Lui e si starà bene, diversamente si verrà respinti dalla presenza del Signore e cacciati dove vi sarà il dolore più brutto che possa esistere: il tormento di non aver creduto che Gesù sia nato, morto e risuscitato per prepararci un posto pure a noi.

Chi è scettico ha tempo per mediare. Molti difensori del cristianesimo erano stati scettici, all’inizio. Il peccato di una persona non è quindi dubitare del messaggio di Dio ma rimanere nel dubbio, il non darsi da fare per verificare il messaggio di Dio. La regina di Saba non credeva a quanto si diceva di Salomone, ma fece un viaggio di centinaia di chilometri per vedere se ciò era vero. Alla fine credette.Gesù, parlando di lei, non l’ha rimproverata per il suo dubbio, ma l’ha lodata perché fece tutto il possibile per accertarsi di quello che aveva udito.

Nutrire la poca fede che si ha, è già più che sufficiente per fare in modo che il dubbio muoia di fame…

In fondo la fede dei nostri vecchi era così: semplice, diretta, senza compromessi! Riusciva a almeno a farsi rispettare da chi non ne voleva sapere (ma almeno questi non contrastava chi voleva credere…).


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Riccardo Lera

"Io nella vita ho fatto tutto, o meglio un poco di tutto" (Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo) Pediatra, scrittore per diletto, dal 2002 al 2012 assessore alla cultura di Serravalle Scrivia; ex scadente giocatore, poi allenatore e ora presidente del Basket Club Serravalle.

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