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SALSA GAVINELLI, Clemente

Pittore – (Bellinzago Novarese, 19 agosto 1886 – Serravalle Scrivia, 21 gennaio 1979).

Il testo di questo articolo è tratto dal volume di Giovanni Moro, “Clemente Salsa. Pittore, stucchi e decorazioni nel Comune di Borghetto Borbera”, edizione Comune di Borghetto di Borbera, 2016, al quale va il nostro ringraziamento per aver consentito la pubblicazione. L’analisi artistica (presente nel volume) è della Dott.ssa Manuela Bonadeo.

Clemente Giuseppe Salsa nasce a Bellinzago Novarese il 19 agosto 1886. E’ figlio di Luigi, fu Clemente, di famiglia contadina, e di Adele Gavinelli, di Giuseppe, di famiglia signorile. Entrambe le famiglie sono di Bellinzago.

Il nome di battesimo impostogli è quello del nonno. Sappiamo che fu il settimo di dieci fratelli; cinque maschi e cinque femmine, dei quali un maschio e una femmina emigrarono in Argentina. Frequenta gli studi fino alla terza elementare, sempre nel paese natio.

Clemente Salsa Gavinelli in trincea
Clemente Salsa Gavinelli in trincea

Nel 1906 inizia il servizio militare e il 1° novembre entra nel 19° Reggimento Artiglieria da Campagna. Il 15 settembre 1907 è promosso al grado di Caporale e il 30 settembre dell’anno successivo a Caporal Maggiore. Trasferito al 17° Reggimento Artiglieria da Campagna, è mandato in congedo illimitato il 2 dicembre 1909. Nel 1908, mentre soggiorna a Firenze, sempre in occasione del servizio militare, riesce a frequentare una scuola di pittura. E’ di questo anno la sua prima opera di cui abbiamo notizia: un ritratto di vecchio. Salsa diviene allievo e poi collaboratore di Rodolfo Gambini (Inveruno, 1855 – Alessandria, 1928), milanese di origine, pittore formatosi all’Accademia di Brera che verosimilmente conosce nel 1914, durante i cantieri decorativi in alcune chiese di Bellinzago, tra cui la parrocchiale. Al seguito di Gambini, Salsa arriva nelle zone dell’alessandrino, prima dell’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale poiché l’artista milanese ha parecchie commesse nei territori delle diocesi di Tortona e di Alessandria. Tra l’altro, proprio ad Alessandria, vive, ha bottega e muore. Clemente partecipa alla Grande Guerra, dopo essere stato richiamato alle armi per effetto del Regio Decreto del 22 aprile 1915, e il 23 del mese successivo rientra col grado di Sergente nel suo Reggimento, dove resta fino al 10 marzo 1919. Riceve un encomio solenne dal Comando del IX Corpo d’Armata per un’azione militare in Val Costeana (Belluno, comune di Cortina d’Ampezzo). A Cortina elabora diversi disegni-schizzi su carta e scatta una serie di fotografie alle opere che ha occasione di vedere. E’ autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-1918 e ad apporre sul nastro distintivo tante stelle a cinque punte quanti gli anni passati al fronte (tutti e quattro, quindi), come da Regio Decreto, e anche della medaglia a ricordo dell’Unità di Italia (1922).

Salsa Clemente, ritratto della moglie (collezione privata)
Salsa Clemente, ritratto della moglie (collezione privata)

Il 27 novembre 1919 si unisce in matrimonio con Angela Alice, una giovane sarta di Serravalle Scrivia. Con lei ha due figlie, Adelia e Anna Maria. Nel 1941 viene sospeso definitivamente dagli obblighi di servizio militare per l’età. Dopo l’armistizio del 1943, i tedeschi arrivano anche a Serravalle Scrivia. L’anno successivo occupano il suo appartamento e quello di una famiglia vicina. Così, assieme alla moglie, alle figlie, alle figlie gemelle di un cugino e alla suocera, caricato quel che si può su un carretto, si rifugia fino a fine conflitto a San Martino di Sorli, in una casettina formata da due piccole stanze di proprietà di Gigetto, (Luigi Balbi), generalmente affittate a villeggianti, ma in quel tempo occupate da sfollati serravallesi. La moglie, la suocera e le figlie aiutano spesso a preparare i viveri, soprattutto pasta, per i partigiani. Qui Adelia, la figlia primogenita, conosce il suo futuro marito. Durante questo periodo Clemente Salsa opera nelle località di Sorli, Garbagna, Rocchetta e Molo con le relative frazioni. Al compimento dei 90 anni, tornando nei luoghi in cui combatté il primo conflitto mondiale, ritrova, in particolare, uno dei dipinti di cui si era fatto uno schizzo anni prima, che tiene ancora custodito nel portafoglio. Alla veneranda eta di 92 anni esegue ancora stampi e stucchi, che porta a far cuocere alla fornace Balbi presso Libarna. Vive sempre a Serravalle fino alla morte, avvenuta il 21 gennaio 1979, all’età di 93 anni.

UN’ANALISI DELL’OPERA DI CLEMENTE SALSA

L’attività di Clemente Salsa in Valle Borbera e, più genericamente, nel territorio della diocesi di Tortona, è quella tipica di un pittore attivo e longevo, legato al luogo in cui vive, disposto a prestare la propria opera in interventi di varia natura, quasi sempre su edifici preesistenti e non di nuova costruzione, che richiedono di essere affrescati, decorati o restaurati. Per ciascuno di questi lavori, Salsa si rende disponibile a soddisfare le richieste della committenza con zelo, ponendo al vaglio, non di rado, anche progetti e bozzetti circostanziati. La scarsa documentazione relativa al pittore si esaurisce, in alcuni casi, negli archivi parrocchiali che custodiscono richieste scritte di commesse, ricevute di pagamento e bozzetti preparatori. Le notizie biografiche, invece, hanno fonti eterogenee e, oltre a quelle meramente anagrafiche o relative al servizio militare, sono spesso confinate nell’oralità e nei ricordi della famiglia. Ritessere la sua vicenda artistica da queste notizie significa, in primo luogo, attestarlo nel novero piuttosto nutrito dei pittori che si sono formati nel clima delle Avanguardie scegliendo di rimanere ancorati alla tradizione accademica che, nel caso di Salsa, lo pone a confronto sia con un ambito piemontese di confine sia, soprattutto, con quello lombardo e braidense nello specifico. Se si eccettua il soggiorno fiorentino, di cui pare difficile rintracciare fonti precise e quindi precise sfere di influenza, dobbiamo ricondurre Salsa a Brera e al suo ancestrale ancoraggio al realismo di matrice lombarda, al rigore dei procedimenti esecutivi impartiti in accademia, all’atmosfera di tradizione prestigiosa, quanto quasi immobile, una sorta di profilassi nei confronti della temperie distruttiva e rinnovatrice delle Avanguardie. L’accademia di Brera, infatti, è luogo di formazione del suo Maestro, Rodolfo Gambini. La collaborazione con Gambini si protrae oltre gli anni Venti, come dà conto l’intervento nella chiesa di San Giacomo ad Arquata datato 1923.

Salsa Clemente, Albergo Ridella a Persi

Per la presenza di Salsa lungo il Borbera può essere preso come terminus post quem il lavoro decorativo presso l’albergo Ribella di Persi, eseguito nel 1913 come riferisce Salsa stesso in una lettera del 1969 indirizzata all’arciprete Don Santo Pulicini di Persi e conservata nel medesimo archivio parrocchiale. Testimonianza che potrebbe anticipare di qualche tempo l’inizio della collaborazione con il Gambini. Oltre che per questa committenza pubblica a carattere religioso, l’artista lavora anche per quella di un affresco raffigurante “L’ultima Cena”, presso la Chiesa Parrocchiale di Rocchetta Ligure. Nelle opere a carattere privato, non di rado su tela o su cartone, il pittore mostra una varietà di scelte esecutive raramente rintracciabile altrove, mostrandosi attento ai temi del vero nei ritratti e nelle scene di quotidianità, ma anche a quelli del lavoro, come ben si evince dalle rappresentazioni di mondine chine nelle risaie. Ad una lettura generale, comunque, la pittura di Salsa rimane fedelmente ancorata ad un robusto realismo, frutto dell’alunnato presso Gambini e della scelta di attenersi a valori pittorici tradizionali. Gli anni delle prime uscite pubbliche dell’artista corrispondono al generico “ritorno all’ordine” prodotto dallo sconvolgimento emotivo ed artistico delle Avanguardie Storiche e generano risposte di vario genere, tra le quali si impone quella del movimento Novecento, formalmente indipendente dalle ideologie, ma supportato con energia dal Regime come strumento culturale di ancoraggio alla lunga e gloriosa storia pittorica italiana. A questo e ad altri numerosi rivoli di linguaggio plastico e formale, Salsa, in realtà non risponde. Come non risponde alla scelta, questa sì palesemente ideologica, di mantenersi sulla strada del realismo quando nel 1938 a Milano nasce Corrente – prima rivista e poi movimento – in forte e polemica opposizione all’arte di regime. E’ proiettata a divenire, negli anni del dopoguerra, una scelta precisa di appartenenza politica. Salsa non entra nemmeno nel dibattito tra forma e non-forma che polarizzerà il panorama artistico italiano degli anni Cinquanta. Salsa non si annette a nessuna vicenda storico-artistica precisa. E questo non per provincialismo miope. L’analisi del suo percorso artistico, pone all’evidenza almeno due fattori prioritari: una geografia ristretta ed una qualità invariata. Salsa si muove di pochissimo dal linguaggio testato già nelle prime esperienze. E a questo deve la sua fortuna, frutto non del caso o della limitatezza degli obiettivi, ma di una scelta consapevole che garantisce stabilità e appagamento. Se si vuole riconoscere un panorama culturale di riferimento all’opera e alle scelte espressive di Salsa, esso va rintracciato nel gusto e nell’atmosfera di revival storico-stilistico che accompagna il generico “ritorno all’ordine” dopo le Avanguardie, insieme a molti altri indirizzi artistici e che definiscono il linguaggio di non pochi pittori educati alla lezione del vero e della tradizione. Il revival architettonico, peraltro, era già diffuso in Europa e in attesa di portare anche in Italia il gusto del “rifare” romanico o gotico nella progettazione degli edifici, soprattutto religiosi. Una questione di gusto, infatti, piuttosto svincolata dai pressanti richiami al passato che la propaganda fascista imponeva a livello culturale, interessata com’era alle connessioni con la romanità più monumentale piuttosto che agli slanci del gotico.

Tale gusto per l’arte del passato era suffragato dall’attenzione dei critici, che lo portavano al centro del dibattito culturale, e dalle manifestazioni pubbliche, che si coagulavano intorno ad eventi espositivi ospitati nelle sedi più prestigiose dei maggiori centri italiani. A partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale e almeno fino alla metà degli anni Trenta, si sussegue in Italia una fitta sequenza di mostre ed esposizioni, a firme prestigiose, che consente di fare una sistemazione storico-critica più puntuale dell’arte italiana successiva al Rinascimento. È in questo quadro culturale che si innesta una generica rivalutazione dei secoli XVII e XVIII, sostenuta da critici come Roberto Bonghi e Ugo Ojetti, e offerta al grande pubblico in una successione di eventi inaugurata dalla Mostra della pittura italiana del Seicento e Settecento curata da Ojetti stesso a Palazzo Pitti a Firenze nel 1922. E’ l’occasione ufficiale e di ampio respiro per portare alla luce nuovi orientamenti critici, tesi a rileggere in modo più esaustivo e perspicace un lungo periodo del passato artistico italiano, genericamente sottostimato, e liquidato con l’etichetta della decadenza (quella fu, tra l’altro, la prima occasione di vedere esposta una sequenza di opere di Caravaggio tale da rivelare la vera statura dell’artista). La tradizione pittorica italiana viene letta e proposta in rassegne di questo genere, senza strappi e immune da influenze provenienti dall’esterno, in credito di ispirazione e di forma con gli artisti stranieri; nello specifico, l’arte del Seicento è interpretata attraverso questa logica consequenziale della storia come bacino in cui si ritrovano, maturate, le esperienze dei secoli precedenti. Il Barocco, dunque, è la logica conclusione del Rinascimento e non la sua decadenza, anzi è un rifiorire di scuole provinciali e di varietà regionali come accadeva in pieno Quattrocento. A questi orientamenti di recupero e di rivalutazione storica va, dunque, annessa l’esperienza pittorica di Salsa, almeno quella più consistente e pubblica, che a certo Seicento indubbiamente guarda con attenzione come la volta affrescata nel santuario di N.S. della Guardia a Pagliaro Inferiore (Rocchetta Ligure), veicolo efficace di ispirazione, relativamente soprattutto alla costruzione dello spazio pittorico, alla monumentalità delle forme, all’evidenza patetica dei gesti e dell’espressività. E pure a questo quadro di riferimento va ricondotto il suo linguaggio, debitore a maniere antiche di costruzione della figura, di uso del colore, di organizzazione dello spazio: le forme sono salde, realizzate spesso attraverso panneggi scultorei che tracciano una plasticità solida.

Salsa Clemente, affresco sulla volta nella chiesa di Liveto

Alla resa espressiva, connotata da un pathos spesso accentuato, contribuiscono tutti gli elementi della rappresentazione: i gesti solenni, la tersità dei colori, il dinamismo contenuto, la scrittura cristallina delle emozioni. L’iconografia è quella dei Santi più noti (Rocco, Sebastiano, Antonio, Carlo), che si ritrovano nella chiesa di Cerreto Ratti, negli oratori di Liveto, di Roncoli e di Torre Ratti; accanto a quella di Santi suggeriti dalla devozione locale, o più probabilmente da una committenza in cerca di prestigio, come San Luigi, presente nelle parrocchiali di Borghetto e di Cerreto. I Santi fanno sempre da contorno alle immagini dell’Eterno, di Cristo, della Madonna, esaltate in grandiose cornici decorative a campire gli spazi più estesi degli edifici e raccontati sia attraverso gli episodi più edificanti dell’incoronazione (della Vergine a Persi, di Cristo a Molo), dell’Assunzione (a San Vittore, a Molo), della Trinità (a Molo), sia attraverso i brani evangelici della Sacra Famiglia (a San Vittore), di Gesù nella bottega del padre (a Persi), di Gesù tra i fanciulli e di Gesù “Buon Pastore” (a Cerreto Ratti). Come accadeva per gli estesi soffitti barocchi, in questi spazi spesso piuttosto ridotti Salsa organizza composizioni articolate, incorniciate da decori con motivi floreali, in cui i personaggi si stagliano sugli sfondi cerulei dei cieli della gloria o su paesaggi verdi di vita; a volte memori del vero, come nel caso dell’affresco nell’oratorio di San Rocco a Torre Ratti, in cui i Santi Rocco e Sebastiano spiccano da una veduta che lascia scorgere, in lontananza, il castello di Torre. Le quadrature decorative e gli sfondi sono impreziositi, spesso, da putti e angeli festanti, da medaglioni che custodiscono le figure dei profeti o i simboli degli evangelisti; nelle volte dalla profondità meno accentuata, l’immagine principale e trattenuta dal perimetro segnato da vele e lunette, che insistono sui muri portanti e ospitano, a contorno, Santi, Profeti, Evangelisti appunto.

Salsa Clemente, ritratto di mamma con bimbo (collezione privata)
Salsa Clemente, ritratto di mamma con bimbo (collezione privata)

Il messaggio è sempre edificante e pedagogico insieme: Salsa somma la magnificenza del gusto barocco, sebbene semplificato, all’afflato educativo dei cicli pittorici tardo medievali e rinascimentali, quella bibita pauperum diffusissima a partire dal XIV secolo anche nelle aree lontane dai grandi centri che raccontava al fedele i contenuti delle scritture, le vite e i martìri dei Santi. Lo fa mettendo a punto una tecnica calibratissima nei rapporti tra gli elementi all’interno della composizione e tra i colori, stesi senza dimenticare il guazzo, tecnica in cui eccelleva il suo maestro Gambini. Per questo motivo sono abbastanza frequenti anche le rappresentazioni della quotidianità dei personaggi evangelici, di Cristo soprattutto, interpretate con semplicità per essere immediatamente percepibili e vicine alla sensibilità dei fedeli. Leggibilità, facilita di interpretazione, certezza del risultato, capacità esecutiva, rispondenza alle richieste della committenza: sono questi, in ultima analisi, i caratteri eminenti della pittura di Salsa. Sommati al nutrito novero delle opere e alla loro diffusione capillare, sopratutto in un ambito territoriale preciso, lo rendono un fatto culturale in cui il territorio stesso può rintracciare una sua riconoscibilità e un suo proprio senso di appartenenza.

Clemente Salsa Gavinelli, l’uomo

Clemente Salsa Gavinelli, l’artista


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