L’Albero di Natale a casa Giacobbe
Oggi è il 23 Dicembre 2021 e non ho ancora decorato la casa, perché voglio ripercorrere le orme dell’infanzia e fare come si faceva una volta qui alla Cascina Marancia.
La mia memoria retrocede agli anni 1956-58. Mentre la mamma e la nonna Claudina Fossati si destreggiavano in cucina con grande maestria tra insalata russa, vitello tonnato, bollito misto, tacchino arrosto, baci di dama ecc. (avete capito da chi ho preso la passione per la cucina?), era papà che si occupava dell’albero di Natale.
Andava nel bosco, vagava per ore in cerca di quello adatto. Nel nostro bosco ci sono acacie, querce, frassini, ontani, ciliegi selvatici, ma non abeti, al massimo un ginepro (snèivru in dialetto). Ecco: un ginepro poteva andare bene alla bisogna.
Lo cercava piccolo, con radici, lo sistemava in un vaso; passate le feste, seguendo il suo buon senso, lo avrebbe ripiantato.
Qualche anno dopo, prese l’abitudine di andare al mercato a comprare un vero abete. Non tutti quegli alberelli attecchivano, tuttavia alcuni di loro svettano tutt’oggi dietro casa.
L’albero non era più alto di un metro, ma sistemato su una sedia, prendeva la sua giusta proporzione nella nostra saletta, non grande e con soffitto basso a vela dove avremmo consumato il pranzo di Natale.
Andavo a letto che l’albero era spoglio e la mattina di Natale lo scoprivo tutto decorato. Nella notte si era compiuta la magia: era stato Babbo Natale ad abbellirlo con sfere di vetro rosse, blu, argento, dorate, con alcuni mandarini, collane di caramelle e tante formine di cioccolato, piccoli capolavori avvolti nella stagnola colorata, a forma di babbo natale, stelle, pecorelle. Sento ancora nell’aria il profumo di resina e mandarini.
Le caramelle, che un filo da cucito legava in collane, consistevano in una nocciola rivestita di cioccolato e granella di zucchero colorata, avvolte in una velina bianca frastagliata. Una bontà croccante, in commercio solo nel periodo invernale. Chissà chi le produceva, immagino qualche azienda della zona; Novi d’altronde era già la città del cioccolato dalla fine dell’’800.
Quelle formine di cioccolato all’Epifania finivano in una scatola e per molti giorni sarebbero state la mia merenda insieme al pane di casa.
Alla base dell’albero trovavo un paio di stecche di torrone friabile Pernigotti – anche nella versione Amor ricoperta di cioccolato – e qualche pacchetto per me…