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Le stampe di Carlo Bossoli della ferrovia Torino – Genova

La storia delle stampe di Carlo Bossoli, che raffigurano il tracciato della ferrovia Torino Genova, si intreccia inestricabilmente con la storia del Risorgimento italiano e anche con quella di Serravalle.

Come nasce l’idea di quelle stampe è raccontato magistralmente in uno splendido libro di Piera Condulmer (Carlo Bossoli – Arte e Battaglie, Edizioni d’arte Dionisi – Alessandria 1973).

“Tra le numerosissime esposizioni alle quali Carlo Bossoli partecipò, bisogna ricordare quella del 1851, aperta a Ginevra in occasione delle Gare di Tiro Federale; in essa egli espose molte opere, acquistate poi dal Governo elvetico, che avevano per soggetto i tiri, anche eseguite immediatamente durante le gare. Fu un’ottima occasione questa per la divulgazione della sua abilità. Tra i visitatori vi fu anche Pietro Paleocapa, l’ingegnere veneto esule politico a Torino dal ’48, il cui valore, presto riconosciuto, lo aveva portato in breve alla carica di Ministro dei Lavori Pubblici. […]

Pietro Paleocapa (Torino)

Le idee del Paleocapa coincidevano con quelle della Genova mercantilista, la quale, pionieristicamente aveva proposto nel lontano 1826, subito dopo gli esperimenti inglesi di cui aveva avuto notizia, la costruzione di una linea ferrata che congiungesse Genova alla valle padana e al Po. Nonostante il primo tronco ferroviario piemontese sia stato aperto nel 1848, non biso­gna pensare che tale richiesta genovese sia caduta come una meteorite sul tavolo del Consiglio di Conferenza al governo di Torino, dove molto ci si interessava alla grande rivoluzione che si presagiva avvenire nel settore dei trasporti, con l’avvento della strada ferrata e della vaporiera; ma vi erano in un primo momento preoccupazioni di carattere generale: cioè la mancanza di materie prime e della formulazione di un piano che tenesse presente ragioni non solo economiche ma anche politiche. La proposta restò inevasa per più di un decennio, ma non insabbiata, tanto è vero che il pro­getto formulato dall’ingegnere Porro e revisionato dall’esperto inglese Brunel, nel 1843 in sé e per sé fu trovato buono e ben fatto; chi se ne occu­pava con estremo fervore era il giovane Cavour, che era già riuscito a trovare i finanziatori a Ginevra e a Parigi, per costituire una Società, di cui egli sarebbe stato consigliere. Intanto il governo di Torino a poco a poco tracciava le sue direttrici ferroviarie, che risultarono tre: Chambéry-Torino-Alessandria-Novara; Alessandria-Genova; Genova-Lago Maggiore. Si ampliava di molto l’orizzonte dell’impresa per il Cavour, che vedeva in essa la grande occasione in cui poter esplicare in pieno tutte le sue facoltà.

La ferrovia Liverpool-Manchester 1830
(prima ferrovia al mondo a collegare due città)

Quando l’approvazione definitiva della linea sembrava questione di giorni, più pressanti si fecero le preoccupazioni di certi ambienti, sull’opportunità o meno di dare in mano al capitale privato non solo, ma straniero, strut­ture così importanti come le strade ferrate, in un paese di transito obbli­gato come il Piemonte.

Quali furono le considerazioni che portarono i governanti piemontesi a giudicare di primaria importanza la linea da Genova al Po? Credo si pos­sano sintetizzare in due ordini: difensive ed offensive. Considerata la linea non limitata ad Alessandria, ma proseguente fino ad Arona, al Lago Mag­giore e al Lago di Costanza attraverso la galleria del S. Bernardino in Svizzera, essa avrebbe assicurato al porto di Genova il movimento commerciale della Baviera, della Germania renana, di Zurigo, di Basilea; in secondo luogo, interessava il territorio piemontese da nord a sud, e interessava certo l’In­ghilterra per il passaggio della sua Valigia delle Indie, in concorrenza con Marsiglia e Trieste. Con questo entriamo già nella lotta economica che il Piemonte osa ingaggiare contro la piovra austriaca, insieme alla sfida di escludere l’Austria dai rapporti economici piemontesi con la Germania, e di allontanare il commercio dalla linea Genova-Pavia-Milano verso il nord.

Con Carlo Alberto, perciò, s’inizia la ferrovia Torino-Genova, che dappri­ma non presenta difficoltà particolari, ma dopo il secondo tronco comincia­rono i guai.

Tra le grandi opere pendenti nel ’51, c’erano due problemi tecnici da risolvere: come superare quei 100 metri di terreni marnoso-argillosi tra Dusino e Villafranca, e soprattutto la pendenza della galleria dei Giovi.

Il Paleocapa sollecitava ogni possibile contributo d’idee anche stra­niere alla realizzazione dell’opera, e si vede che gli parve utile servirsi della divulgazione di essa attraverso una serie di vedute dei luoghi attra­versati dalla ferrovia. Visitando l’Esposizione di Ginevra, per le Gare nazionali di tiro, pensò che il Bossoli che vi esponeva, conosciuto a Torino, ed amico del senatore Torelli, sarebbe stato il pittore adatto alla traduzione del suo pensiero, e nel 1852 gli commise l’incarico di 16 grandi vedute.

Il Bossoli vi mise tutto il suo impeto entusiasta e alla fine del ’52 già gliele consegnava, quando ormai, per nuovi apporti tecnici, la ferrovia sembrava avviata a rapido compimento.”

Delibera del Consiglio comunale di Novi Ligure
(23 agosto 1849)

Aggiungo a ciò che il Piemonte, rappresentato dal buon conte Cavour, aveva anche intenzione di trasmettere agli Austriaci un messaggio non molto pacifico: mentre era ancora in costruzione la ferrovia, nel 1948, aveva subito la rovinosa sconfitta della battaglia di Novara. Tra le cause della sconfitta era certamente anche l’arretratezza tecnologica dell’esercito piemontese; gli Austriaci usavano già il telegrafo! Se ci fate caso in tutte le stampe – nessuna esclusa – sono visibili i fili del telegrafo. Il messaggio è evidente!

Certo la costruzione della ferrovia fu un fatto significativo; alcuni – come Serravalle Scrivia – lo subirono: non c’era altro posto per passare e il paese fu tagliato a metà dal tracciato. Altri invece se ne giovarono; Novi Ligure – in origine esclusa dal percorso – propose con una deliberazione comunale la messa a disposizione a titolo gratuito dei terreni sui quali far passare i binari, a condizione che il tracciato passasse dalla città e prevedesse una stazione e uno scalo merci. E chi oggi considera la realtà può ben decidere se la scelta fu lungimirante.  

Come ci ricorda la Condulmer, le stampe furono consegnate al committente nel 1852 e la ferrovia fu finita nel 1853. Sembra dunque che il Bossoli non abbia mai visto viaggiarci un treno: prova ne sia che in tutte le stampe i treni raffigurati (che sono di modelli assai più antiquati di quelli che poi viaggeranno davvero sulla ferrovia) viaggiano a destra. Solo nell’ultima (qualcuno deve averlo avvisato!), quella dell’arrivo a Genova, il convoglio tiene la sinistra!

La splendida serie delle 16 stampe che fa bella mostra di sé nella casa di chi scrive, grazie ad una sequenza di lasciti testamentari (giungono dal trisnonno di mia moglie, Ing. Luigi Erizzo, padovano), ha un curiosa storia, che aggiunge alla bellezza delle immagini anche la peculiarità dell’esemplare.

La stampa dello Stenevasso (on line)
con la didascalia corretta

Il buon Luigi Erizzo, valente ingegnere ferroviario, era stato chiamato dalla Società Anonima delle Strade Ferrate Livornesi (poi Strade Ferrate Romane) a dirigere i lavori di costruzione della linea Genova Ventimiglia (tra il 1856 e il 1872). Al termine dei lavori i Dirigenti della Società vollero manifestare la loro gratitudine al professionista, omaggiandogli una serie delle stampe del Bossoli. Ma, dal momento che l’ingegnere, per quanto valente professionista, era pur sempre un collaboratore pagato, ritennero di non “spendere” una copia ufficiale delle stampe, ricorrendo ad una “prova di stampa” che non era altrimenti utilizzabile: infatti proprio il titolo della veduta che riguarda Serravalle Scrivia è erroneamente invertito con quello della veduta del “Viadetto sullo Stenevasso”. Se cercate su internet la stampa del Bossoli relativa allo Stenevasso troverete la veduta giusta e il titolo “Viadetto” corretto in “Viadotto”.

Ma le immagini – splendide – valgono più di mille parole.

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