CANUTO, Antonio (Tonino)
Serravalle Scrivia 25 gennaio 1939 – Serravalle Scrivia 1° febbraio 2017
Figlio di Romeo Canuto, che era componente del Comitato di Liberazione Nazionale di Serravalle Scrivia e assessore dell’amministrazione di Giacinto Guareschi, Sindaco della Liberazione.
Inizia l’attività lavorativa presso il negozio del padre, Romeo (detto “e Mulita” perché nel negozio molava forbici e coltelli, oltre a tenere qualche articolo di ferramenta) e si occupa di trasportare le bombole di gas ai clienti.
Nel 1964 viene eletto come Consigliere di opposizione (nella lista Socialcomunista, che ottiene 1111 voti e 4 seggi) nel Consiglio comunale di Serravalle Scrivia.
Sposa nel 1967 Eliana Merlo, a Genova, a San Giuseppe al Lagaccio: testimone per Tonino è Mauro Persano, suo amico da tempo; con lui apre il cinema Lara (27/10/1968). La madre di lei è fieramente contraria – e lo resterà sempre – al matrimonio della figlia, che riesce a celebrarlo solo dopo 8 anni di fidanzamento (…che ci parlavamo… dice Eliana), grazie alla complicità di sua zia.
Una delle passioni di tutta la vita di Tonino, il gioco d’azzardo, scandisce e governa le sue attività: le alterne fortune del gioco, vissute comunque sempre con animo sereno, lo spingono a intraprendere varie attività, con l’obiettivo di garantirsi le risorse economiche che gli servono per mantenere la famiglia e per alimentare questa inclinazione, condivisa peraltro consapevolmente anche dalla sua consorte.
La prima notte di nozze, all’Hotel Europa di San Remo, trascorre con Eliana in camera ad attenderlo con un toast, una birra e la Settimana Enigmistica, e Tonino in sala a “investire” i soldi regalati ai novelli sposi da parenti ed amici: il risultato è un rapido rientro a Serravalle la mattina dopo, a casa dei suoceri. (Eliana lo racconta sorridendo ed aggiunge che, prima di sposarla, Tonino le aveva proposto di scegliere dove andare in viaggio di nozze tra San Remo, Saint-Vincent o Monte Carlo, chiarendole da subito che il gioco avrebbe fatto parte integrante del loro ménage).
Le attività imprenditoriali di Tonino si susseguono vertiginosamente: nel 1968 apre il già citato Cinema Lara, socio al 50% con l’amico Mauro Persano.
Nel 1970 apre il negozio di casalinghi e articoli da regalo (Market Boom), prima in viale Martiri della Benedicta 60 e poi spostato in piazza Matteotti. Negli stessi anni apre, in viale Martiri della Benedicta 139, un punto vendita dei prodotti dolciari della Zaini (non presente sulla “piazza” di Serravalle, monopolizzata dalla Fidass) e un negozio di giocattoli (Mattel) in viale Martiri della Benedicta 125.
Le fortune non durevoli di queste iniziative imprenditoriali e la necessità di garantire un sostentamento economico a moglie e figlio – nel 1968 infatti è nato il figlio Roberto – suggeriscono a Tonino di accettare un impiego in Nigeria, come capo magazziniere per la Montubi–Dalmine di Bergamo.
Tornato a Serravalle apre con la moglie Eliana il bar Haiti, in Viale Martiri della Benedicta 178, che, inaugurato nell’autunno del 1978, resta sotto la loro gestione fino al giugno del 1982.
Tonino accetta in quel periodo l’incarico di responsabile delle mense in Libia (per la ditta SICES che stava svolgendo dei lavori a contratto) per conto della Pellegrini Catering Overseas S.A., di Ernesto Pellegrini (già presidente dell’Inter).
Tornato nuovamente a Serravalle, apre nel 1984, con Eliana in cucina, la Birreria (con ravioli) Tre Scalini, nei locali dove era precedentemente in funzione l’Osteria Pollero. Questa attività è quella definitiva! Tonino, senza mai rinunciare alla sua passione per il gioco (anche la scommessa tris settimanale con Peo, il parrucchiere, è fonte di interminabili discussioni tattiche e strategiche fra i due, prima e dopo l’evento) è oramai calato definitivamente nel ruolo di oste: tanto che nel 1990, senza che nulla (o quasi) sia cambiato nel merito, la birreria diventa Hostaria Tre Scalini.
Eliana in cucina fa gli anlóti, il tapulon, lo stoccafisso, il fritto misto alla piemontese e le trippe; e in sala Tonino prende la comanda, mesce il vino, promuove il caffè della casa (“lo schifeton de la meson”) e affabula i clienti. È difficile trovare qualcuno che non soccomba al fascino della sua eloquenza infarcita da coloriti termini vernacolari e di folgoranti definizioni; le sue parole illuminano le vicissitudini politiche e sociali della Nazione o del paese e, anche se non sei d’accordo con quel che dice, ti aiutano a capire in un istante quello che professionisti del talk–show e soloni della politica faticano a commentare o argomentare in prolisse discussioni.
Quando c’è lui in sala ed Eliana in cucina (cioè quasi sempre!) mangiare ai Tre Scalini è un piacere della gola ma anche un’avventura dello spirito.
Tonino perde la sua ultima, definitiva puntata, vicino a Eliana e Roberto, a Serravalle Scrivia, il 1° febbraio 2017.
UN RICORDO PERSONALE
Era il nostro rito del venerdì: appena gli impegni di lavoro ce lo consentivano, mia moglie Dorothea ed io caricavamo sull’automobile i due figli e la quantità di cose, sempre superiore alla mia sopportazione, che dovevano essere trasportate, e abbandonavamo la città di Milano per raggiungere casa nostra (quella vera!) a Montespineto; salivamo fino a casa per aprirla e, se del caso, accendere il riscaldamento (nell’inverno la chiusura dell’intera settimana riduceva la temperatura interna a sette, otto gradi) e poi discendevamo in paese per andare ai Tre Scalini.
Nel tavolo sul fondo a destra Antonio e Tiziana, una coppia di milanesi come noi – mangianebbia ci chiamava Tonino accentuando comicamente la pronuncia aperta di quella unica “e” per imitare quello che lui pensava essere l’accento milanese – erano già seduti e, talvolta, stavano già affrontando il secondo piatto.
Noi andavamo a sederci al tavolo in fondo a sinistra, proprio accanto al banco su cui troneggiavano improbabili bottiglie di vino: io non ho mai visto stapparne una!
E cominciava la rappresentazione! Tonino si accostava al tavolo e recitava il menù, quasi identico tutte le settimane; quando c’erano delle varianti, lui non perdeva occasione di decantarle con enfasi, salvo poi annunciare che ne era rimasta solo una porzione; ma noi aspettavamo per l’intera settimana la possibilità di degustare i “anlóti” “a culo nudo” per poi bagnarli con il vino o le trippe, come le cucinava Eliana (lui la chiamava Liliana).
Poi cominciava a scherzare con Giorgio (il nostro piccolino) e a farsi “tirare un missile” nella pancia, fingendo di lamentarsi per quei piccoli innocui pugni che colpivano il suo ventre.
E, infine, scostava una sedia per sedersi a capotavola, si mesceva un gotto di vino e cominciava la sua gazzetta: i fatti locali della settimana venivano esposti ai “furesti” in una coloratissima silloge adorna delle perle di termini dialettali e locuzioni vernacolari a commento (ma ti pò imaginòte… int ’na condiscion…). Qualche volta si affacciava timidamente alla porta del locale qualche passante che domandava se ci fosse posto; Tonino si volgeva alla porta, lanciava un’occhiata professionale al potenziale avventore e poi: «Mi dispiace, ma abbiamo tutti i tavoli prenotati!» rispondeva con simulato dispiacimento. E non appena la porta si richiudeva, rivolto a noi seduti ai nostri due tavoli, unici e stupefatti clienti della serata aggiungeva: «Figurati se do da mangiare a quelle “legère”!»