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Sul greto della Scrivia con gli allievi della scuola

Oggi l’obiettivo dell’escursione è il greto dalla Scrivia! Ci siamo dati appuntamento con la maestra Cristina, la maestra Francesca e i bimbi che partecipano all’uscita sul ponte che l’attraversa, dalla parte del Lastrico. Li vediamo arrivare in fila per due e ci salutano da lontano: oggi siamo ormai diventati definitivamente la maestra Dorothea e il maestro Roberto. Ma d’altra parte, nella logica stringente dei bambini, chi insegna qualche cosa non può che essere un maestro.

Attraversata con molta attenzione la via Pietro Forni, scendiamo per la stradina che ci porta al livello del greto del torrente e a passare sotto l’ultima arcata del ponte, verso il Lastrico. Spieghiamo al nostro uditorio che siamo sulla sponda destra del torrente: e precisiamo come si fa a decidere che sia la destra, piuttosto che la sinistra; non è difficile! Basta voltarsi nella direzione in cui scorre l’acqua (spalle alla sorgente, come dicono i libri) per sapere che alla nostra destra sta la sponda destra e a sinistra la sinistra. Questa è la regola che vale per tutti i corsi d’acqua.

Un po’ più complicato è distinguere se quello che vediamo è un fiume, un torrente o un altro tipo di corso d’acqua: ma gli occhi dei bimbi, dopo aver detto loro che dipende dal modo in cui scorre l’acqua nel suo letto (con flusso di intensità costante o intermittente), ci dicono che hanno capito.

Forse ancora un po’ meno facile la spiegazione, necessariamente un po’ tecnica, delle piene: basta che abbiano capito che dipende dalla quantità della pioggia in un tempo breve e dalla velocità con cui da monte scende a valle (tempo di corrivazione). La spiegazione era un po’ noiosa, ma certamente divertente hanno trovato invece l’indicazione che il torrente normalmente sia chiamato la Scrivia (di genere femminile) e, quando è in piena, quando fa il prepotente, diventi u skrivioun (di genere maschile).

Domandiamo loro se l’acqua che vedono scorrere nel torrente sia tanta o poca, e le risposte, molto diverse tra loro, ci fanno capire che la domanda è mal posta. Allora mostro loro un piccolo esperimento che ho preparato a questo scopo: in un vasetto di vetro ho messo dei vetrini colorati (quelli che – arrotondati dal moto delle onde – sino a non molto tempo fa si raccoglievano sulle spiagge) e ho aggiunto dell’acqua nel barattolo, in modo che non coprisse del tutto i vetrini; poi ho mascherato la parte inferiore del barattolo con del nastro adesivo, perché dai fianchi del barattolo non si vedesse l’acqua. Ho chiesto ai bimbi, mostrando loro il barattolo, di dirmi se secondo loro conteneva dell’acqua. Tre bimbi, più svelti degli altri, hanno cercato di sbirciare dal fondo del barattolo. Gli altri mi hanno detto di no. Allora ho aperto il barattolo e ho scolato l’acqua che conteneva, nascosta tra i ciottoli di vetro. Abbiamo spiegato allora che l’acqua che vedevano scorrere non era tutta quella del torrente: molta di più di quella che si poteva vedere scorreva tra i ciottoli del greto, al di sotto di essi.

Dopo aver mostrato ai bimbi una riproduzione di una stampa del 1850, rappresentante il ponte sulla Scrivia, abbiamo chiesto lor di dirci se vedevano delle differenze: non ci è voluto molto perché più di uno ci dicesse che nell’immagine il ponte era in discesa e oggi invece è orizzontale. Guardando le arcate del ponte abbiamo indicato le prime due, verso la sponda sinistra, che sembravano (come in realtà erano) più antiche delle altre; poi abbiamo fatto notare le altre due, con l’arco inferiore bordato di mattoni, che denunciavano con evidenza una costruzione più recente.

Passando accanto alle case che si allineano sulla strada spondale, ci siamo soffermati a guardare i falsi frutti di una rosa coltivata (cinorrodio); ne abbiamo colto uno, per spiegare meglio che cosa fosse, ma questo ha scatenato un inizio di parapiglia per poterlo toccare. Appena sedato l’accenno di zuffa – la maestra Cristina sa come fare – abbiamo spiegato che in dialetto si chiama grataku e l’annuncio ha suscitato l’ilarità dei bimbi (che meraviglia imparare, come stanno facendo loro, con il sorriso e l’allegria!).

Ci spingiamo, tra cani che abbaiano concitatamente (di persone su quella strada ne passano davvero poche!), fino ad un sentiero che ci porta proprio sul greto del torrente, sui ciottoli asciutti. Spiego ai bimbi le ragioni per le quali i sassi nei corsi d’acqua sono tondeggianti e non a spigoli acuti: ciò avviene a causa del loro continuo rotolamento, gli uni contro gli altri, sospinti come sono dallo scorrere dell’acqua.

Qui c’è anche il modo di fare un po’ di considerazioni sull’educazione ambientale: lo spunto è una ciabatta di plastica sul greto e un bel po’ di immondizia varia che si vede trattenuta dalla vegetazione spondale sulla ripida scarpata della sponda di fronte a noi, sotto gli edifici di via Palestro.

Ma ci sono anche elementi positivi: il corridoio del greto della Scrivia (monitorato dal FAI) è un canale di transito molto importante per l’avifauna migratoria.

Trova spazio qui anche qualche considerazione sulla vegetazione (quella viva e quella sradicata e trasportata dalle ultime piene del torrente).

La spiegazione di come si sono formate le stratificazioni di arenaria che si vedono sulla ripida scarpata della sponda opposta e a che cosa servono i lavori di consolidamento della sponda sinistra (che sono anche l’occasione per spiegare la differenza tra il ponte, sotto il quale passa il torrente, ed il guado che ora emerge dall’acqua, ora può esserne sommerso) consumano il tempo residuo dell’escursione: bisogna tornare indietro. La maestra Cristina guida le sue truppe lungo il percorso di ritorno, rispondendo alle domande degli instancabili esploratori; la maestra Francesca chiude la retroguardia.

Raggiunto il ponte li accompagniamo fino alla targa che indica il livello raggiunto dall’acqua in una storica piena (…il qui sotto indicato livello…) La maestra Francesca si incarica di fotografarla per i bimbi, perché dal ponte non si riesce a vederla senza pericolo.

Sul ponte ci salutiamo e li vediamo attraversare la strada, ben incolonnati e sorvegliati dalle maestre, per imboccare la scala del Via del ponte.