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Una tranquilla settimana di guerra (agosto 1915)

Il 1 agosto 1917 Papa Benedetto XV scrisse un’accorata lettera Ai capi dei popoli belligeranti per chiedere, ancora una volta, un concreto impegno per la pace. Lo scritto del Papa conteneva una definizione del conflitto destinata a diventare famosissima: “siamo animati dalla cara e soave speranza di vedere accettate [le nostre parole, ndr] e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage.” 
Nessuna concessione alla retorica bellica imperante in quegli anni, ma un crudo richiamo a una tragica realtà che solo un anno dopo, al termine del conflitto, la terribile contabilità dei morti, dei feriti e delle distruzioni si incaricò di confermare. 

I caduti complessivi in tutti i paesi belligeranti furono più di 16 milioni; più di 20 milioni i feriti e i mutilati: una vera e propria carneficina
L’Italia contò più di 650.000 caduti tra i militari e poco meno di 600.000 caduti tra i civili, ovvero il 3,5 del totale della popolazione dell’epoca. Quasi un milione di soldati riportarono invece ferite e traumi più o meno gravi. 

Serravalle Scrivia, Monumento ai Caduti

Ogni città, paese, piccola località dovette dunque piangere i propri morti e contare le vite spezzate da ferite e traumi spesso gravissimi. È sufficiente percorrere i paesi della penisola, cercare l’onnipresente monumento ai caduti, leggere e contare i nomi che vi sono scolpiti: ci si renderà subito conto che la Grande guerra, così come ogni guerra, chiese un enorme tributo di sangue di militari e di civili. 

Qui vogliamo proporvi un altro piccolo ma significativo documento che ci indica in modo inequivocabile il dramma che quotidianamente investì la popolazione dei paesi italiani. 
Siamo nell’agosto 1915, le radiose giornate di maggio sono ancora fresche nella memoria e la guerra non è ancora entrata nella sua fase più cruenta. Ma basta sfogliare un qualsiasi giornale locale per cogliere con evidenza il contrasto tra le parole gonfie di retorica della propaganda bellica e la realtà del conflitto. È una tranquilla settimana di guerra, non accadono fatti bellici significativi, eppure il conto dei caduti inizia a farsi di giorno in giorno più pesante. 
Quella che vedete qui riprodotta è la prima pagina del settimanale Il Messaggero di Novi del 4 settembre 1915, dove trovano posto le informazioni relative agli ultimi giorni del mese di agosto.

“Messaggero di Novi”, 4 settembre 1915

L’articolo principale, Il dovere di tutti, è un ennesimo richiamo alla mobilitazione bellica, a sostegno delle “centinaia di migliaia di generosi ed eroici giovani [che] espongono con slancio e con entusiasmo di nobile sacrificio la propria vita per la patria”.
Seguono alcune lettere di soldati al fronte, caratterizzate anch’esse da un deciso tono patriottico, e poi, nell’ultima colonna, l’elenco settimanale dei caduti per la Patria di Novi e dei paesi del circondario. Giova ripetere che sono settimane di relativa calma sul fronte italiano: terminata la seconda battaglia dell’Isonzo (18 luglio – 4 agosto), solo dopo la metà di ottobre vi saranno nuovi significativi scontri, sempre intorno al fiume friulano. Eppure Stazzano, Arquata Scrivia, Serravalle Scrivia, Pozzolo Formigaro e Novi Ligure devono piangere i loro caduti, ai quali si affiancano altri deceduti “nell’Ospedale di Riserva di Novi Ligure” (Il Messaggero di Novi, 4 settembre 1015, p. 2). 

Messaggero di Novi, 4 settembre 1915


Un triste elenco che si ripeterà settimana dopo settimana sulle pagine dei giornali locali sino a quando, nell’ultimo anno di guerra, una più attenta censura militare provvederà ad occultare liste sempre più folte di caduti. 

Una inutile strage che ritroviamo con tragica puntualità, conflitto dopo conflitto, in tutte le guerre del Novecento e in quelle, numerose ma spesso dimenticate, di questo inizio del secondo millennio

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