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Il monumento di Piazza Vittorio Veneto e l’esercizio della Memoria del Caduto nel centenario del Milite Ignoto.

Negli anni immediatamente successivi alla fine della “Grande Guerra”, l’Italia, uscita vittoriosa dal conflitto è un Paese piegato economicamente ed attraversato da tensioni sociali e politiche, da pulsioni e violenze contrapposte che deflagrarono nel “Biennio Rosso” e crearono le condizioni per l’avvento e l’affermazione del Fascismo. L’Italia che si affaccia agli anni Venti del secolo è attraversata dalle scorribande organizzate ed impunite delle squadre d’azione di Benito Mussolini. La Monarchia, la borghesia ed i latifondisti, che videro nelle rivendicazioni delle masse dei lavoratori – dalle rivolte nelle campagne, agli scioperi operai, ai tentativi di occupazione delle fabbriche nelle città – i prodromi di un’imminente “rivoluzione rossa”, predicata dalle forze di sinistra (in realtà irrimediabilmente divisa al suo interno tra riformismo e lotta armata) trovarono nell’azione repressiva illegale e criminale praticata dagli Agrari e dalle Camicie Nere, l’amara ma necessaria medicina da somministrare agli italiani per preservare lo status quo. Inoltre l’epilogo favorevole all’Italia della spinosa questione Fiumana, nel dicembre 1920, venne a disinnescare il potenziale esplosivo e sovversivo dei movimenti irredentisti e dell’Arditismo Dannunziano. Un complesso stato dello cose che persuase il Sovrano, Vittorio Emanuele III ed il Primo Ministro, Ivanoe Bonomi (esponente socialista, convinto interventista, chiamato a guidare un debole Esecutivo, formato da Liberali, Partito Popolare Italiano, Partito Socialista Riformista Italiano e Democrazia Sociale) che i tempi fossero maturi per promuovere, nella forma di un’imponente iniziativa pubblica, l’elaborazione collettiva dei lutti, dei dolori, delle lacerazioni sociali, delle menzogne e delle vane promesse, portate agli Italiani dalla guerra, per creare una memoria condivisa, individuando nel culto del Caduto un simbolo unificante della Nazione, forgiato e mitizzato dal fuoco di quella che molti vissero come una “Quarta Guerra di Indipendenza”. (Nell’immagine a sinistra la copertina de “La Domenica del Corriere” del 6 Novembre 1921).

Un soldato senza nome in cui tutti gli uomini e le donne di una compiuta “Nuova Italia” potessero riconoscere un figlio, un marito, un fratello, un compagno di scuola, un amico lontano. Il 28 luglio 1921 il Parlamento stabilì di erigere un monumento dedicato alla memoria dei Caduti nella Grande Guerra ove collocare evocativamente un monolite di pietra del Monte Grappa. In un primo tempo si prese in considerazione il Pantheon, per poi preferire il complesso monumentale del “Vittoriano”, costruito tra il 1885 e il 1911, per celebrare la figura di Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia. Il progetto si arricchì dell’idea di tumulare all’interno dell'”Altare della Patria” i resti mortali di un soldato italiano non identificato. Alla scelta della salma da traslare a Roma con i massimi onori si arrivò al termine di un lungo iter: a scegliere, tra 11 corpi senza nome, selezionati da un’apposita commissione, accolti in bare tutte uguali avvolte dal tricolore e schierate nel Duomo di Aquileia per una solenne cerimonia, sarebbe stata chiamata la madre di un fante falciato dal fuoco nemico sulla prima linea, uno delle migliaia di soldati mai restituiti alla affetto dei loro cari, la triestina Maria Bergamas. Il feretro venne deposto su un carro ferroviario funebre e trasportato nella capitale.

L’ultimo viaggio del soldato ignoto, di stazione in stazione, destò nel Paese un’onda emozionale ed una partecipazione popolare senza precedenti nella storia patria. La traslazione della salma si concluse il 4 Novembre, a Roma, con una solenne cerimonia funebre all’Altare della Patria, presenti tutte le Autorità dello Stato, le Medaglie d’Oro. All’urna il Re applicò la Medaglia d’Oro al Valore Militare, con un gesto simbolico che volle rappresentare la chiusura di una pagina gloriosa, per quanto tragica della storia della Nazione. La macchina della propaganda costruì intorno all’evento diverse iniziative collaterali che si unirono alle spontanee manifestazioni del sentire popolare. Alle stazioni ferroviarie, avvolte dai drappeggi color del lutto, uniti al tricolore della bandiera del Regno, alle insegne comunali ed ai labari della associazioni combattentistiche, centinai di cittadini si riunirono chi in preghiera, chi in giubilo, alle autorità civile e religiose locali, agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Vennero anche distribuite cartoline celebrative indirizzate al soldato senza nome, alle quali gli Italiani, grandi e piccini, affidarono pensieri e parole. Nelle aule scolastiche, messi da parte per qualche momento i sussidiari, entrò il mito del Caduto. Tuttavia il soldato senza nome, che piegò il nemico austro-ungarico ed apparentemente unificò il Paese, in realtà nulla potè contro l’irreversibile agonia dello Stato Liberale. Una grandiosa, mistica messinscena dello Stato Liberale che alla prova di fatti si trovava sull’orlo della guerra civile, tra tumulti e violenze che agitavano la società italiana, alimentate dagli odi tra opposte fazioni e dalla sovversione fascista. Il Fascismo avrebbe presto abilmente e spregiudicatamente sfruttato per i propri fini la Memoria del Caduto ed il mito della guerra. Il 9 novembre 1921 il futuro Duce trasformò i Fasci di Combattimento nel Partito Nazionale Fascista. Pochi mesi e sarà la Marcia su Roma, 28 ottobre 1922.

Serravalle. Una Comunità e l’esercizio della Memoria dei Caduti della Grande Guerra.

La provincia di Alessandria non venne attraversata dal convoglio funebre del Milite Ignoto, tuttavia il sentimento popolare trovò solenne espressione pubblica in Alessandria, come narra il quotidiano “La Stampa” del 5 novembre 1921: «…In piazza Garibaldi, gremitissima di autorità. Associazioni e cittadini, venne celebrala una messa da parte di Monsignor Bajardi, coll’assistenza di Monsignor Signori, Arcivescovo di Genova, che impartì le esequie. Tutto le campane mezz’ora dopo suonavano a gloria e dalla Cittadella vennero fatte diverse salve d’onore. Un immenso corteo, quale mai in Alessandria era stato visto finora, si recò quindi al Cimitero a deporre fiori e corone sulle tombe dei militari deceduti in questi Ospedali per ferite riportate in guerra. Il corteo sfilò fra due altissime ali di popolo e su di esso, dai balconi imbandierati venivano gettati fiori. Prestavano servizio tre musiche… » . Conclude l’articolo «…Anche in tutti i Comuni della provincia ebbero luogo manifestazioni grandiose…»; pertanto possiamo ritenere che anche a Serravalle si svolse una celebrazione della triste ricorrenza, sebbene agli atti del Comune non si ritrovi alcuna menzione in merito. (Nella foto a lato tratta dal sito www.movio.beniculturali.it il treno del milite ignoto tra due ali di folla).

Spento il fuoco acceso negli Italiani dal rito civile collettivo delle celebrazioni per il Milite Ignoto, in tanti, di città in città, di paese in paese, casa per casa, famiglia per famiglia, dovettero fare comunque i conti con la misura ultima di ciò che il Santo Padre, Benedetto XV, aveva profeticamente definito l’“inutile strage” nella sua accorata lettera inviata ai Capi dei popoli belligeranti data 1 agosto 1917: 651.000 morti [1], giovani vite di uomini in armi, stroncate lungo le linee del fronte. Ad ogni singolo italiano e italiana – fossero essi congiunti, toccati dal dolore della perdita, reduci tormentati dai fantasmi dei commilitoni falciati dalla mitraglia nemica, prigionieri degli incubi alimentati dagli orrori vissuti nelle trincee, oppure più semplicemente cittadini mossi da pietas umana o accesi dagli ardori combattentistici e nazionalistici – si palesò l’insopprimibile necessità umana, morale, civile, dell’elaborazione di un lutto che, sebbene assumesse la forma patriottica del “lutto di massa”, portava nel profondo un’insopprimibile dimensione privata e familiare che le comunità locali percepirono in tutta la sua urgenza. Di questa esigenza si fecero interpreti, in realtà già dal 1918, innumerevoli iniziative che, in tutt’Italia, portarono alla creazione di comitati locali promotori dell’erezione, in piazze, giardini pubblici, cimiteri, di monumenti in memoria dei Caduti di guerra.

Allo spontaneismo iniziale che caratterizzò l’opera dei sodalizi del primo dopoguerra, in cui si riunirono «…figure diverse in ambito cittadino e promuovono iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e a raccogliere i fondi necessari… un sentimento scaturito “dal basso”, che trae origine proprio dalla condivisione del dolore, che attraversa tutti i ceti sociali e unisce famiglie intere…» [2], nel Ventennio, si assistette all’azione determinata del Fascismo – che anche dall’Arditismo e dal combattentismo aveva tratto nutrimento per farsi Regime – tesa ad appropriarsi «…del fenomeno delle onoranze ai caduti e della trasmissione della memoria a tal punto che si può parlare di vera e propria “fascistizzazione” del culto dei caduti. Il fascismo si propone “come unico erede dell’esperienza vittoriosa e impone il ricordo dei caduti nella prospettiva di una pedagogia politica dell’obbedienza e del sacrificio…» [3].«…Ciò non significa affatto, però, che il fenomeno sia stato dirigisticamente ordinato e manipolato dall’alto (dal potere centrale o anche solo, più modestamente, da quello locale): al contrario, e sia pur anche in questo caso con tutte le cautele e le eccezioni del caso, nel complesso si può semmai considerare il fenomeno dell’erezione dei monumenti ai caduti come il frutto di una spinta popolare proveniente dal basso. Di norma, infatti, i promotori dell’erezione del monumento non sono neppure – come ci si potrebbe attendere – le amministrazioni comunali (che pure, certamente, in seconda battuta assecondano quasi sempre l’iniziativa, compartecipandovi sia finanziariamente che dal punto di vista logistico), ma comitati di privati cittadini…» [4].

Tra i membri dei comitati, uniti nella comune meritoria opera, figurano soprattutto uomini e donne provenienti da famiglie borghesi ed agiate (professionisti, commercianti, industriali, insegnanti e via dicendo) che gestiscono le necessarie pratiche burocratiche, promuovono raccolte fondi, campagne di sensibilizzazione, curano i rapporti con le Istituzioni in cerca di sovvenzioni, scelgono i progetti e le maestranze, oltre a contribuire economicamente. «…Non mancano affatto – accanto ai notabili locali – contributori decisamente meno abbienti: infatti, esaminando i documenti contabili di cui i comitati…, ci si imbatte spesso anche in commoventi donazioni di entità minima…» erogate da uomini e soprattutto donne – spessissimo madri di soldati scomparsi – dalle condizioni economiche davvero modeste, che compatibilmente con le proprie finanze si privano di ciò che possono dare per ricordare un figlio, un marito, un fratello, un amico… » [5].

1921. Il primo tributo. La lapide ai Caduti di Palazzo Municipale.

Il 27 luglio 1921, un giorno prima della promulgazione della Legge sul “Vittoriano”, l’Amministrazione Comunale di Serravalle, guidata dal Sindaco Giuseppe Agretti, deliberò la posa di una lapide in memoria dei Caduti in guerra, in fregio facciata del Palazzo Municipale, sul lato che si affaccia sulla Piazza della Chiesa, oggi Piazza II Risorgimento (Foto in basso): «…Ritenuto che è dovere di ogni buona Amministrazione ricordare in modo perenne i militari morti per la guerra, suggellando i loro nomi in una lapide», così si legge nel testo del provvedimento. Qui trovano menzione i nomi di 53 Caduti della guerra 1915 – 1918 “Per ricordare ai vivi la gloria dei morti” recita l’epitafio.

1922. Il Comitato per la costruzione di un Monumento ai Caduti di Serravalle.

La comunità di Serravalle espresse una propria associazione combattentistica sin dal 1888 anno della fondazione della “Società dei Redu­ci delle Patrie Battaglie“, promossa dal serravallese Bartolomeo Campora. Nel 1922, venne istituito un “Comitato per la costruzione di un Monumento ai Caduti” di Serravalle, presieduto dall’Ingegnere Luigi Balbi, che ne fu anche tesoriere, una delle figure eminenti del primigenio fascismo locale, il primo segretario del Fascio cittadino.

La progettazione e la costruzione di un vero e proprio monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale fu resa possibile soprattutto grazie all’impulso ed all’impegno profuso da due associazioni serravallesi: la “Società Riunita Progressista ed Operaia di Mutuo Soccorso” e la “Società Reduci delle Patrie Battaglie e Militari in congedo”. Il sedime prescelto per erigervi il memoriale fu Piazza Vittorio Emanuele, altrimenti nota ai serravallesi come “Piazza delle Aie” ovvero “Piazza del Commercio”. Questo spazio, sito in fregio all’allora Via Umberto I (oggi Via Berthoud), all’inizio del secolo XIX era detta “Piazza dei Gelsi”. Dopo la seconda metà del 1800, in conseguenza della costruzione della linea ferroviaria, la Piazza delle Aie fu oggetto di lavori di risistemazione, deliberato il 12 novembre 1865. In fondo ad essa, a fronte della strada che costeggiava la ferrovia, venne eretto un muro di cinta e sostegno. Il progetto comprendeva il livellamento del fondo, originariamente in pendenza, in misura tale da assumere un andamento pianeggiante, nonchè la posa su tre lati di due file di piante ornamentali. L’area prescelta – di proprietà del Cavalier Giacomo Raimondi (Rajmondi), industriale tessile di Novara che all’epoca in Serravalle possedeva una filanda – venne acquistata dal Comune nel 1844. Così narra Roberto Allegri, nel saggio “Serravalle. Due secoli di storia 1790-1990 ”: «…un Corpo di Casa e Palazzo con giardino Caseggiato rustico, corte ed Aje annesse con grossi gelzi…; si tratta delle Aie per le quali è pubblico e notorio che la famiglia Rajmondi per ispirito patrio e per una tale acquiescenza ha da tempo immemorabile lasciato ad uso pubblico costantemente aperte quelle Aje ossia piazza pei mercati e fiere per passaggio e permanenza di Truppe per feste popolari e per ogni altro sfogo della popolazione la quale ristretta tra la Scrivia e il monte dell’antico Castello non avrebbe nello stretto ed angusto recinto del suo Abitato altro più libero ad ampio spazio per riunirsi in ogni sua pubblica contingenza. ». [6]. Nel primo dopoguerra la piazza del monumento venne rinominata Piazza Vittorio Veneto (attualmente Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto).

1922. Il monumento ai Caduti. Un progetto, tante polemiche.

Nonostante le serie difficoltà in cui versavano le casse municipali, depauperate da anni di guerra, l’Amministrazione Comunale di Serravalle diede il proprio sostegno all’iniziativa dell’erezione di un monumento ai concittadini Caduti della “Grande Guerra”. Il 1 giugno del 1922 il Comune ed il Comitato, rappresentati rispettivamente dal Primo Cittadino, Giuseppe Agretti e dall’Ingegner Balbi, alla presenza del Vice Prefetto di Novi Ligure, Adolfo Moro, fattosi promotore dell’accordo, siglarono una convenzione che prevedeva la spesa di 3.000 Lire, più ulteriori 2.000 Lire per l’abbellimento della piazza. Nello stesso anno il comitato serravallese pro monumento bandì un pubblico concorso per il progetto artistico dì monumento con unico premio di Lire 2.000. Tra gli elaborati proposti un’ “…elettissima commissione artistica…” composta da artisti genovesi selezionò 3 progetti. La commissione aggiudicatrice composta dai membri del Comitato d’onore e del Comitato esecutivo, con voto a scrutinio segreto, scelse il progetto del Professor Architetto Enrico Remedi, professionista di Carrara, che prevedeva un costo di 5.000 Lire, a carico del Comune.

Tuttavia come spesso accadde in iniziative analoghe condotte un po’ in tutta Italia «…gli inconvenienti logistici, legislativi, finanziari e di rapporti personali erano all’ordine del giorno, come del resto anche oggi accade quando si lavori a qualunque opera pubblica; tuttavia, con la buona volontà di tutti – e talora con qualche energico intervento dell’una o dell’altra parte – l’erezione del monumento poteva concludersi anche nel breve giro di un anno. Più frequentemente, però, i tempi erano più lunghi, talora anche di molti anni…» [7]. Su chi dovesse sostenere le spese per le varie fasi di costruzione del monumento ai Caduti serravallesi si accese una vivace diatriba tra l’Amministrazione Comunale ed il Comitato, discussione che si trascinò a lungo, per quasi un biennio.
A testimoniare le profonde divergenze tra il Comune ed il sodalizio locale consta il testo di una minuta manoscritta datata 22 luglio 1922, indirizzata ai promotori del memoriale, in cui l’Amministrazione Comunale, pur dando atto di aver predisposto il richiesto elenco dei Caduti serravallesi, esprime il proprio convincimento: «…che nessun nome debba figurare nel monumento… L’epigrafe comunicata a questa amministrazione abbraccia nella sua brevità tutti i figli di Serravalle che effettivamente hanno dato la loro vita per la Patria. Con l’omettere l’elenco dei Caduti si ovvierebbe anche all’inconveniente di far figurare il nome di qualche persona non effettivamente meritevole o d’altra parte a qualche possibile dimenticanza. Per questo questa Amministrazione ha voluto, prima di trasmettere l’elenco, manifestare questo suo desiderio…». Posizione verosimilmente condizionata anche dalle oggettive difficoltà delle Istituzioni del Regno impegnate in una laboriosa e difficile conta dei caduti di guerra. Comunque il 9 agosto il Consiglio Comunale, all’unanimità, fece proprie le considerazioni della Giunta.

Nella delibera consiliare del 10 novembre 1923 si legge «…Il Sindaco espone che ebbe con il Presidente del Comitato… varie conferenze per addivenire ad accordi sull’opera di aiuto finanziario che intende dare il Comune… ma che ad un dato momento giunse in Municipio una lettera del Comitato stesso con la quale si faceva invito a versare sollecitamente la somma di Lire 5.000 stanziata per l’oggetto in parola nel bilancio corrente dal Commissario Prefettizio e di provvedere al piantamento degli alberi mancanti che adornano la Piazza Vittorio Emanuele, dove appunto sorgerà il monumento…». Nel suo intervento il Consigliere Luigi Mongiardini si dichiarò contrario al fatto che «…il sussidio comunale debba proprio essere erogato pel pagamento della statua ma che invece risultandogli che il Comitato ha già in cassa i fondi necessari per la erezione del monumento… sarà ora opportuno che le Lire 5.000 in discussione debbano servire ad opere di abbellimento della Piazza, quale… l’acquisto ed il collocamento… degli alberi…» posizione che incontrò il parere concorde anche del Consigliere Cesare Sartirana. Pertanto il Consiglio deliberò con voto unanime lo svincolo della somma di 5.000 Lire stanziati in bilancio facendo carico al Comune della piantumazione della Piazza e vincolando l’erogazione del contributo «…allorquando il predetto Comitato avrà provveduto pel decoro del monumento stesso ad adattare la piazza… col collocamento per suo conto della ringhiera, cordonato e sedili mancanti…». Il 15 novembre 1923, il Sotto Prefetto di Novi scrisse al Sindaco, in merito al contributo municipale al monumento ai Caduti, sollecitato dal Comitato che si era rivolto all’Ufficio Territoriale del Governo per sollevare il proprio disappunto circa la deliberazione del Consiglio Comunale: «…Il Comitato invocando precedenti accordi intervenuti sostiene non poter il Comune accollare al Comitato stesso la spesa di abbellimento della piazza, spesa che dovrebbe far carico al Comune… In proposito osservo che negli atti di questo Ufficio trovasi un accordo intervenuti il 22 giugno 1922… nel quale si dichiara… che il Municipio si impegnerà a sostenere le spese di abbellimento della piazza. E’ vero che il Comune non si è legalmente vincolato perché essendo caduta l’Amministrazione di allora il Consiglio non potè ratificare l’impegno stesso, ma non è meno vero che l’impegno morale fu assunto da chi legalmente rappresentava il Comune davanti a me che ero stato chiamato per dirimere una controversia insorta tra i due enti… spinosa vertenza che minacciava di avere conseguenze spiacevoli. Probabilmente il Consiglio Comunale chiamato ora a deliberare… ignorava l’accordo allora intervenuto… Siccome trattandosi di spesa facoltativa il Consiglio sarà chiamato a deliberare in seconda lettura sull’argomento sarà bene che al S.V. si compiaccia renderlo edotto della convenzione di cui trattasi allo scopo che sia tolto al Comitato l’onore dell’abbellimento…». Il 29 dicembre 1923 il Consiglio Comunale decise con voto unanime di approvare in seconda lettura la precedente deliberazione del 10 novembre 1923 relativa allo svincolo del contributo di 5.000 Lire al Comitato per il monumento ai caduti. Nella discussione il Consigliere Luigi Mongiardini eccepì in merito «…all’osservanza della convenzione in oggetto… che proprio dalla presidenza del Comitato non furono osservate le prescrizioni in essa dettate poiché la richiesta del sussidio al Comune dimostra come il Comitato non abbia ancora attualmente i fondi necessari per la erezione del monumento…». Infatti nel testo della convenzione si legge «…siccome il Comitato è all’inizio della raccolta dei fondi, prima di sottoporre la questione al voto del Consiglio, l’Ingegner Balbi si impegna di presentare al Municipio il progetto del monumento da eseguirsi colla dimostrazione di avere i mezzi occorrenti per condurre a compimento l’opera…» nello stesso atto il Comitato si impegnava altresì a sostenere le spese per la rimozione del manufatto dei bagni pubblici. Contestualmente il Consiglio Comunale chiese al Prefetto l’autorizzazione ad erogare lo stanziamento di 5.000 Lire per concorrere al monumento ai caduti. Nella delibera di Giunta Comunale del 16 marzo 1924 si legge: «…È intendimento della attuale Giunta, allo scopo di dare tutta la devozione, il rispetto e il supremo riconoscimento ai gloriosi Caduti in guerra di erogare una somma che serva senz’altre riduzioni a contribuire per l’erezione del monumento…

1924. Un’intesa possibile: “…A maggior lustro che si conferisce ai poveri nostri Eroi“.

Il 29 marzo 1924, Luigi Balbi e dall’Ingegner Ettore Poggi (fratello dell’Arma dei Reali Carabinieri, Medaglia d’Argento al Valore Militare, Giulio Giacomo Camillo Poggi), scrissero una lunga polemica lettera indirizzata al Comune, dettata dal disappunto dopo aver appreso i contenuti della delibera di Consiglio Comunale del 22 marzo 1924. L’8 aprile 1924 il Sindaco trasmise al Sotto Prefetto di Novi le deliberazioni di Consiglio Comunale, evidenziando che «…La buona volontà di questa Amministrazione di dirimere ogni controversia ed eliminare ogni suscettibilità deve intendersi dal fatto che si venne a puro scopo di pacificazione nella determinazione di modificare in favore del Comitato… Cade quindi ogni e qualunque altra eccezione che a scopo di alimentare equivoci e di far perdere tempo ed operosità a questa Amministrazione sono state mosse dai reclamanti cittadini…». La “Società Reduci delle Patrie Battaglie e Militari in congedo di Serravalle” con propria nota indirizzata all’Amministrazione Comunale, diede mandato all’Ingegner Balbi (in veste di Presidente del Comitato Pro Monumento) di incassare per conto del sodalizio la somma di Lire 3.000: «…in conto delle Cinquemila a suo tempo stanziate in bilancio… dal Comune pro erigendo monumento».

Nel documento viene tuttavia fatto presente alla Giunta Comunale che «… secondo le previsioni della Presidenza del Comitato Esecutivo la somma attualmente a disposizione non sarà sufficiente a sopperire a tutte le spese necessarie derivanti dagli impegni assunti prima della decisione di codesta Amministrazione e ciò per ultimare il monumento in ogni sua parte affinchè risponda decorosamente al desiderio della Cittadinanza… Per questa ragione questa Commissione nutre fiducia che qualora i fondi necessari al compimenti dell’opera dovessero difettare codesto Municipio non vorrà certamente sottrarsi al dovere di versare le residue 2.000 Lire a completamento della somma stanziata e tale fiducia è alimentata dalla chiusa della lettera del 23 maggio, in cui codesta… Amministrazione si dichiara non aliena di proporre al Consiglio altri contributi…». Venne altresì esplicitato che i lavori di fondazione sarebbero iniziati entro il 15 giugno. Si formulò richiesta al Comune di fornire l’elenco dei nominativi «…di coloro che hanno diritto di figurare nell’elenco che sarà inciso nel monumento…». Il 4 agosto 1924 il Comitato, con propria lettera, fece presente di non essere d’accordo: «…a ragioni evidenti di maggior lustro che si conferisce ai poveri nostri Eroi incidendone i nomi gloriosi sul monumento; alla giustificata maggior soddisfazione dei parenti di essi…».

1925. L’inaugurazione del Monumento.

Giunti ad un’intesa sulla lista dei nominativi da incidere sui marmi dell’erigendo memoriale, il monumento venne edificato nel corso dell’anno 1924 sotto l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco, Ammiraglio Mattia Giavotto. La costruzione del monumento rese necessaria la rimozione – in un primo tempo a spese anticipate dal Comitato, poi rimborsate dal Comune – della preesistente edicola in ferro che ospitava i bagni pubblici la cui presenza venne ritenuta non decorosa ed incompatibile con la nuova destinazione della piazza. Il monumento ai caduti serravallesi venne inaugurato il 4 ottobre 1925. Il 30 ottobre 1931 venne formalmente preso in carico dal Comune, con apposita Deliberazione Podestarile, dal Comune di Serravalle. Nel verbale di consegna del monumento da parte del Comitato dei Caduti al Comune, datato 11 novembre 1931, le parti rappresentate dal Podestà di Serravalle Orazio Galfo e dal Presidente del “Comitato Autonomo Pro Monumento ai gloriosi Martiri Serravallesi Caduti nella Grande Guerra”, Luigi Balbi, così convennero: «…L’Ing. Luigi Balbi fa presente che a completamento della parte decorativa del monumento… concorrerà al collocamento di quattro candelabri in ferro battuto, sormontati i quattro pilastrini in graniglia martellinata che sostengono l’attuale cancellata…nonché al relativo impianto di illuminazione elettrica. Chiarisce… che nell’esecuzione delle nuove opere suddette sarà provveduto con le somme che risulteranno ancora a disposizione fra quelle raccolte dal Comitato… e al di più intende occorrendo provvedere del proprio per modo che nessun gravame abbia a sopportare il Comune…».

Il monumento venne edificato nel corso dell’anno 1924 sotto l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco, Ammiraglio Mattia Giavotto. La costruzione del monumento rese necessaria la rimozione – in un primo tempo a spese anticipate dal Comitato, poi rimborsate dal Comune – della preesistente edicola in ferro che ospitava i bagni pubblici la cui presenza venne ritenuta non decorosa ed incompatibile con la nuova destinazione della piazza. Il monumento ai caduti serravallesi venne inaugurato il 4 ottobre 1925. Il 30 ottobre 1931 venne formalmente preso in carico dal Comune, con apposita Deliberazione Podestarile, dal Comune di Serravalle. Nel verbale di consegna del monumento da parte del Comitato dei Caduti al Comune, datato 11 novembre 1931, le parti rappresentate dal Podestà di Serravalle Orazio Galfo e dal Presidente del “Comitato Autonomo Pro Monumento ai gloriosi Martiri Serravallesi Caduti nella Grande Guerra”, Luigi Balbi, così convennero: «…L’Ing. Luigi Balbi fa presente che a completamento della parte decorativa del monumento… concorrerà al collocamento di quattro candelabri in ferro battuto, sormontati i quattro pilastrini in graniglia martellinata che sostengono l’attuale cancellata…nonché al relativo impianto di illuminazione elettrica. Chiarisce… che nell’esecuzione delle nuove opere suddette sarà provveduto con le somme che risulteranno ancora a disposizione fra quelle raccolte dal Comitato… e al di più intende occorrendo provvedere del proprio per modo che nessun gravame abbia a sopportare il Comune…». Nel 1932 si mise mano al completamento definitivo del monumento con la posa di una recinzione artistica realizzata in ferro battuto, realizzata dal fabbro serravallese, Luigi Marenco, con 4 pilastrini in graniglia martellinata. Vennero inoltre apposti di 4 candelabri sempre in ferro battuto ed allestito un impianto d’illuminazione elettrica. (Nell’immagine a sinistra, messa cortesemente a disposizione da Franco Marenco, un momento della cerimonia per l’inaugurazione della cancellata artistica del monumento ai Caduti in Piazza Vittorio Veneto).

1955. Il Memoriale ai Caduti nella 2° Guerra Mondiale e per la lotta di Liberazione: il fardello di nuovi lutti e la costruzione di una memoria condivisa.

Purtroppo, solo otto anni dopo, una nuova guerra avrebbe incendiato il mondo, portando altri lutti. Questa volta ai caduti sui campi di battaglia si sarebbero aggiunte anche le vittime di una guerra civile. Il 16 ottobre 1954 venne costituito, su deliberazione del Consiglio Comunale, un comitato cittadino, con l’incarico di «…studiare e realizzare un ricordo…» in onore dei serravallesi Caduti nella 2° Guerra Mondiale e per la lotta di Liberazione. Venne così deciso di onorare la memoria incidendone i nomi su 4 lapidi marmoree da applicare al monumento di Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto e posando un tripode artistico in bronzo nell’aiuola in fregio al memoriale esistente. Il comitato, presieduto dal Colonnello dell’Esercito a riposo, Achille Giani, Pluridecorato al Valore Militare, fratello del Generale dei Carabinieri Nicolò Giani, antifascista, morto in deportazione in un lager nazista, si attivò per la raccolta fondi e per il braciere selezionò l’opera dello scultore, accademico genovese, Guido Galletti. Il 30 luglio 1955 il Consiglio Comunale deliberò un contributo di 300.000 Lire a favore del comitato stesso per l’acquisto del pregiato manufatto. L’11 novembre, il Sindaco, Clemente Varese, accese solennemente la fiamma del tripode ai piedi del monumento ai Caduti serravallesi.

Il 31 dicembre 1955, il Comitato, ultimato il suo compito, nel cessare formalmente la propria attività e nel rendicontare le spese sostenute, in una missiva inviata al Primo Cittadino, mise a disposizione della collettività la somma di 7.750 Lire, avanzo di gestione, da impiegare in opere di beneficenza, suggerendo in particolare che venisse utilizzata per costituire una borsa di studio «…a favore di uno scolaro – da scegliersi tra gli orfani o congiunti dei Caduti – abbisognevole e meritevole per volontà e diligenza…». Come sottolineato da Giani, sebbene la raccolta fondi non fosse stata «…molto fruttuosa, per lo scarso concorso della Cittadinanza…», l’obiettivo venne raggiunto soprattutto grazie al sostegno economico ricevuto dall’Amministrazione Comunale, che si fece carico di gran parte delle circa 570,000 Lire sostenute per la realizzazione delle lapidi e del tripode. Negli anni Settanta la piazza venne rinominata in Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto, in onore dei decorati con l’Ordine di Vittorio Veneto, onoreficenza istituita dalla Repubblica nel 1968, per esprimere la gratitudine della Nazione a quanti, avendo combattuto per almeno sei mesi durante la prima guerra mondiale o precedenti conflitti, avessero conseguito la Croce al Merito di Guerra. I marmi del monumento di Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto recano incisi complessivamente 113 nomi di caduti, riferiti al periodo 1915-1945: uomini e donne; originari e residenti a Serravalle; militari di terra, di mare, dell’aria e civili; antifascisti, Martiri della Benedicta, partigiani e militari dell’Esercito della R.S.I.; caduti in combattimento, deceduti per causa di guerra, deportati e fucilati; dall’Isonzo, al Piave, all’Altopiano di Asiago; dalla Cirenaica, all’Albania; dalla Boemia, all’Ungheria, alla Slovenia, alla Benedicta. Divisi dalla storia ma uniti nel ricordo della loro Comunità.

Nel 2011 il monumento nella sua interezza fu oggetto di approfonditi lavori di restauro conservativo realizzati dall’Amministrazione del Sindaco Antonio Molinari.

2021. La cittadinanza al Milite Ignoto nell’anno del Centenario.

Il 29 luglio 2021, in occasione del centenario della traslazione e tumulazione del Milite Ignoto, il Consiglio Comunale di Serravalle, con voto unanime, ha approvato il conferimento dell’onorificenza della Cittadinanza Onoraria di Serravalle Scrivia al Milite Ignoto, con la seguente motivazione: “…L’onorificenza conferita, in questo periodo di pandemia e di diffuse sofferenze, conserva una sua specificità, si estende ed intende onorare tutti coloro che sono in “prima linea” a combattere un insidioso nemico invisibile, mettendo a repentaglio la vita per il bene della comunità, per l’interesse del Paese e per i valori legati alla terra d’origine… quegli uomini e donne che, pur avendo lottato fino all’estremo delle proprie forze, non sono riusciti a sconfiggere l’invisibile nemico e non hanno avuto neanche un degno funerale…“.


[1] Tra le diverse elaborazioni che hanno quantificato il numero dei caduti italiani nella 1° Guerra Mondiale citiamo il dato prodotto da Giorgio Mortara, in “La salute pubblica in Italia durante e dopo la guerra”, Laterza, Bari, 1925, e corroborato da Corrado Gini, in “Morti dell’Esercito Italiano dal 24 maggio 1915 al 31 dicembre 1918”, Ministero della Guerra, Roma, 1926

[2] Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, “La normativa storica tra il 1919 e il 1942: monumenti ai caduti, ossari e sacrari di guerra”, Roma, 2016.

[3] Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, “La normativa storica tra il 1919 e il 1942: monumenti ai caduti, ossari e sacrari di guerra”, Roma, 2016.

[4] Paolo Sacchini, “Memorie di guerra. I monumenti ai caduti della prima guerra mondiale”, dalla rivista “Pensare la didattica”, nr.7/2017, in www.novecento.org.

[5] Paolo Sacchini, “Memorie di guerra. I monumenti ai caduti della prima guerra mondiale”, dalla rivista “Pensare la didattica”, nr.7/2017, in www.novecento.org.

[6] Roberto Allegri, Serravalle. Due secoli di storia 1790-1990, Società Storica del Novese, Novi Ligure, 1990.

[7] Paolo Sacchini, “Memorie di guerra. I monumenti ai caduti della prima guerra mondiale”, dalla rivista “Pensare la didattica”, nr.7/2017, in www.novecento.org.

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