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Taurus il gladiatore e la statua di Augusto a Libarna

C’era una volta la cittadina romana di Libarna dove, al tempo di Cesare Ottaviano Augusto, viveva Taurus, il gladiatore più forzuto e famoso di tutta la regione.

Alto una spanna più di tutti, di corporatura massiccia ma agile come uno scoiattolo, possedeva un pugno potente come un maglio.

Era così chiamato per aver steso al suolo un con un solo colpo mancino un enorme toro che, nell’anfiteatro, aveva cercato d’incornarlo.

Taurus non era conosciuto solo per essere un gladiatore invincibile, ma anche per la supponenza, prepotenza e spavalderia con cui si comportava con tutti, pensando forse di essere nell’arena.

Chiunque lo temeva cercava di evitarlo per non avere grane, per non dover ascoltare i suoi discorsi egocentrici in cui si beava e vantava di essere forzuto e sagace.

Due giovani amici Lucio e Minucio, Libarnesi dalla nascita, ne avevano grande paura perché a Taurus non erano simpatici i ragazzini. Si raccontava che, innervosito dal vociare dei ragazzini che giocavano per strada, ne avesse afferrato alcuni con una sola mano e dopo averli messi dentro ad un sacco, li avesse rinchiusi nel recinto dei maiali, nelle sua tenuta sul Monte delle Spine.

I due amici Lucio e Minucio, che abitavano uno di fronte all’altro sul decumano massimo, proprio vicino all’arena, prima di uscir di casa si accertavano che di Taurus non ci fosse nemmeno l’ombra.

Spesso, oziando all’interno della fullonica dei genitori di Lucio, si scervellavano per trovare il modo di dare una lezione a quell’energumeno che imponeva a tutti la legge del più forte. Avrebbero voluto ridicolizzarlo di fronte alla cittadinanza per ridimensionargli l’ego, la strafottenza, l’invincibilita’.

Capitava che, di tanto in tanto, il gladiatore portasse i vestiti a lavare e tingere nella fullonica di Lucio o si recasse a fare spesa nelle taberne del padre di Minucio, ma quei luoghi non erano certo adatti per cercare di punirlo in modo esemplare.

Avrebbero dovuto escogitare un piano infallibile facendolo sembrare casuale, frutto della sorte. Se avesse sospettato uno scherzo architettato da qualcuno, avrebbe dichiarato guerra alla città intera e prima o poi qualcuno l’avrebbe pagata molto cara.

Pensa che ti ripensa, a Lucio e Minucio non veniva in mente nulla di geniale; sapevano però che a metà di agosto, mese dedicato all’Imperatore Augusto, la sua statua veniva spostata dal piedistallo del foro al centro dell’anfiteatro.

Qui erano celebrati festeggiamenti e ludi gladiatori in onore del primo imperatore dello Stato Romano, molto amato dal popolo.

La statua, alta più di due metri, era pesantissima ma Taurus, per dimostrare la sua strapotenza, la trasportava da solo senza voler l’aiuto di nessuno.

L’abbracciava da dietro tenendola verticale davanti a sé e, percorrendo tutto il decumano massimo, la spostava dal foro all’anfiteatro.

Per chi vedeva la statua avvicinarsi sembrava quasi che Augusto camminasse con le proprie  gambe per recarsi ad assistere ai ludi organizzati in suo onore.

Tuarus era molto orgoglioso di essere l’unico capace di trasportare il pesante imperatore e durante il percorso, sfoggiava un ghigno di soddisfazione controllando che tutti lo applaudissero.

La statua bronzea, come tutte le altre, era stata foggiata colando bronzo fuso tra due stampi di gesso. Il metallo veniva colato dal vertice del capo attraverso un foro che, terminata l’opera, veniva chiuso da una specie di tappo di piombo.

Si seppe del foro e del tappo quando un anno una cicogna tentò di fare il nido proprio sulla testa dell’imperatore. Gli schiavi pubblici furono subito inviati nella piazza per rimuovere fango, ramoscelli e paglia dalla testa del Divino.

Probabilmente fecero il lavoro un po’ di fretta e, oltre al nido in costruzione, asportarono senza volerlo anche il tappo di piombo che fu poi rimesso al suo posto solo dopo alcuni giorni.

Lucio e Minucio, ricordandosi del fatto, ebbero una dello loro idee malsane. Senza farsi notare da nessuno, dissotterrarono vecchie tubature di piombo, ormai inutilizzate, nei peristili delle loro domus. Fusero il metallo nella officina di un loro amico fabbro nei pressi del foro e nottetempo, tramite una scala ed un imbuto, riempirono dal pertugio della testa l’interno vuoto della statua di Augusto.

Nessuno si accorse di nulla, la statua era tale e quale a prima, solo tre volte più pesante.

Arrivarono le idi di agosto. Taurus era impaziente di dar sfoggio della sua forza erculea. Si presentò vestito da gladiatore anche perché, dopo aver trasportato il bronzo, sarebbe stato protagonista dei ludi nell’anfiteatro combattendo, di fronte a tutta Libarna, come aveva sempre fatto.

Con l’elmo e la bardatura da guerriero trace, nel foro colmo di gente, si posizionò dietro Augusto e lo cinse con le possenti braccia. Inspiro’ profondamente e spostando il peso del proprio corpo all’indietro sollevò la statua.

In realtà cercò di sollevare la statua, perché questa proprio non si mosse.

Pensando che il basamento si fosse come incollato ai calzari di Augusto ci mise più forza, ma niente da fare… Provò allora ad inclinare in avanti il colosso di metallo. La statua non si muoveva, sembrava un tutt’uno con il basamento.

Taurus era perplesso, si tolse l’elmo e fece ricorso a tutta la sua forza, le vene del suo collo taurino si gonfiarono come tacchini. Riuscì a sollevare di poco l’Imperatore ma si sbilancio’ e finì nella fontana pubblica retrostante insieme e sotto a quello che gli parve essere un macigno.

Rischiando lo spappolamento e l’annegamento, su richiesta dei duoviri, intervenirono gli schiavi pubblici, che in una decina liberarono Taurus dalla scomoda posizione adagiandolo al suolo tramortito tra lo stupore di centinaia di cittadini increduli.

Il gladiatore si alzò in piedi a fatica e guardando la statua che si trovava sott’acqua nella vasca della fontana, con disappunto, disse che gli era scivolata dalle mani.

Cercò di caricarsela sulle spalle con l’aiuto degli schiavi e con le ginocchia traballanti, paonazzo in volto per lo sforzo, si avviò verso l’anfiteatro con Augusto che, passo dopo passo, si avvicinava sempre di più al suolo.

Imboccato il decumano massimo, Taurus perse l’equilibrio e lanciando un terribile urlo finì contro un carretto stipato di otri colmi di garum.

Taurus e il bronzo imperiale piombarono a peso morto sugli otri mescolandosi ed inabissandosi nelle interiora putrefatte di migliaia di pesci. Si liberò nell’aria un forte odore di mare che il sole trasformò subito in un puzzo nauseabondo.

Arrivarono a festeggiare tutti i gatti di Libarna che si buttarono sul garum e su Taurus.

Il gladiatore incredulo e imbarazzato si dimeno’ animatamente per liberarsi da gatti, garum e se avesse potuto, anche dalla vergogna per aver infangato la reputazione e l’onorabilita’ del suo Imperatore.

In Libarna si levò all’unisono una risata roboante da parte di tutti i libarnesi.

Taurus si dileguo’ in fretta e furia guadando l’Olubria per raggiungere la sua tenuta sul Monte delle Spine lasciando una scia nauseante, inseguito da alcuni gatti.

Le celebrazioni in onore di Augusto per la prima volta non si tennero ma vennero rimandate.

Il giorno seguente sotto al portico del foro comparve un grande disegno di un toro vestito da gladiatore immerso nelle interiora di pesci, leccato da mille gatti. Lucio e Minucio, godutosi lo spettacolo, sogghignando pensarono “Giustizia è fatta, Taurus finalmente è stato sconfitto”.

La sera festeggiarono la figuraccia di Taurus che tutti avrebbero ricordato per decenni.

Il banchetto fu a base di carne di toro arrostita, condita con garum.  L’invincibile Taurus sparì dalla circolazione. Per molto tempo non si fece vedere né nell’arena, né per le vie di Libarna. Dalla sua tavola bandi il garum e nella sua casa entrò la modestia, l’umanità e l’altruismo e con essi finalmente anche tanti nuovi amici.

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