Dizionario-approfondimentiPittori

Vito Boggeri, mio padre, artista

Per me parlare di mio padre come artista non è semplice.

Ho sempre amato la sua pittura. Sono sempre stato rapito dalla sua arte.

Ma allo stesso tempo ho vissuto questo rapporto con mio padre artista come un’eterna occasione mancata perché non sono mai stato in grado di entrare in quel suo universo.
Non so se lui mi abbia mai offerto la chiave per accedervi o forse lo ha fatto ma non l’ho saputa né vedere né afferrare.

Del resto le mie scelte di vita e professionali ci hanno presto allontanati ed i rari momenti in cui ci vedevamo mi bastavano solamente per fugaci attimi di estasi ed orgoglio osservando le sue ultime creazioni.

Considero mio padre sia un pittore che un poeta. Trovo che ogni suo quadro abbia la capacità di raccontare e di evocare. Ogni suo quadro è un meraviglioso viaggio nel suo paesaggio onirico, nella sua sensibilità acuta e raffinata, nel suo sentimento pieno di contraddizioni, nel suo modo di vedere la vita ed il mondo, mai banale e sempre ironico.

Mi sentivo immensamente orgoglioso quando mi chiedeva un’opinione su una sua opera, soprattutto quando questa era ancora in divenire.

Non ho mai chiesto a mio padre perché dipingesse. Non ne avevo motivo. Sapevo che in lui ardeva il fuoco dell’artista e questo mi bastava. E questa consapevolezza mi ha sempre portato ad evitare di stargli vicino mentre dipingeva, per non rischiare di disturbarlo nell’ispirazione e nella creazione.

Sapevo che per lui dipingere significava regalarsi dei momenti solo suoi, in cui si isolava dal mondo per immergersi nella sua arte e sapevo di essere un pezzetto di quel mondo da cui lui voleva momentaneamente estraniarsi.

Mentre dipingeva era felice. Lo si capiva perché fischiava, ed il suo fischio (chi lo ha conosciuto se lo ricorda bene) era bellissimo, intonato, imponente e armonioso. Quei pezzi di Gerry Mulligan, di Chet Baker, di Tenco che scivolavano tra le sue labbra davano il ritmo alle sue pennellate ed erano la colonna sonora della sua pittura.

Quando finiva di dipingere un quadro e mi chiamava per vederlo ogni volta rimanevo stupito, come se fossi stato in presenza di una meravigliosa opera di magia.

Una gamba di donna, il muso di un lupo, dei corvi appollaiati su un filo, cartoni dipinti, acquarelli, inchiostro nero su fogli bianchi, sabbia, sacchi di tela juta, fotografie: tutta la sua arte era per me un magico viaggio nella sua voglia di comunicare i suoi percorsi interiori, di accarezzare o schiaffeggiare l’osservatore, di prenderlo dolcemente per mano o strattonarlo e spingerlo con violenza verso percorsi stupefacenti e mai banali.

Grazie Vito. Grazie papà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *