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Il Mons Arimannorum di Serravalle Scrivia

Ci sono luoghi che suscitano un certo interesse e fascino semplicemente per il loro nome apparentemente misterioso. Uno di questi è il Monte degli Arimanni, o meglio Mons Arimannorum, toponimo che nove secoli fa indicava la collina su cui sorgeva il castello di Serravalle. Questa sua denominazione ha tuttavia dato origine ad alcuni equivoci storiografici che si tramandano ormai da oltre un secolo nella pubblicistica riguardante la storia di Serravalle Scrivia e dell’Oltregiogo.

La corrispondenza tra la collina del castello di Serravalle e il toponimo Mons Arimannorum è certa: in un documento del 1122, intitolato Cartula Serravallis – trascritto e pubblicato a stampa da Erwig Gabotto nel 1909 – il Comune di Tortona, rappresentato dai suoi consoli Opizzone da Milano, Lanfranco Viceconte e Oberto Giudice, acquistava dal proprio vescovo Pietro il mons arimannorum col castello sopra edificato, col suo distretto – ovvero il territorio da esso controllato – e con tutti i suoi diritti1.

Serravalle sovrastata dal Mons arimannorum in una fotografia degli anni ’70 del XX secolo.

Da quel momento in poi la denominazione Monte degli Arimanni scompare dalle fonti per lasciar posto a quella di Serravalle, ovvero luogo di chiusura, di sbarramento della valle (Scrivia) in un punto dove era obbligatorio passare tra torrente e monte, in corrispondenza di una strozzatura naturale al di là della quale si apre la pianura verso Novi, Tortona e la Val Padana. Già nel 1140, in occasione della stipulazione di un trattato di pace tra Genova e Tortona, il toponimo Serravalle aveva sostituito la vecchia denominazione2 .

Ma chi erano questi Arimanni che avevano dato il nome alla collina serravallese? Dal punto di vista etimologico, il termine deriva dalle parole germanico-longobarde heer – esercito – e mann – uomo: il significato originario è quindi quello di uomo dell’esercito, un adulto in grado di portare le armi e quindi di procurarsele, di potersele permettere anche dal punto di vista economico. Queste erano perciò le caratteristiche di una persona libera, non soggetta a uno stato di servitù. Di conseguenza il termine arimanno passò a indicare tutte le persone che godevano dello status civile di libero, un uomo senza padroni, non legato alla terra su cui risiedeva. Nell’Italia centro settentrionale l’uso di questo termine, e dello status sociale che esso contraddistingueva, sopravvisse all’epoca longobarda, tanto che le fonti dei secoli XI, XII e XIII continuano a parlarci di arimanni e di liberi. Per restare in un ambito vicino al nostro, possiamo trovare degli arimanni di Pontecurone assoggettati al vescovo di Tortona in un diploma di Enrico IV datato 3 luglio 10833 .

Gli insediamenti, i villaggi abitati dai liberi, furono talvolta chiamati arimannie. È dunque ipotizzabile che sulla collina soprastante Serravalle si fossero insediati alcuni uomini liberi, ma le fonti non ci consentono di sapere con certezza quando ciò avvenne: potrebbe essere successo in epoca longobarda come in un periodo successivo4.

Il castello di Serravalle sulla cima del Mons Arimannorum con ai suoi piedi il borgo in una veduta compresa nel Piano dimostrativo dei confini di Novi, secolo XVII

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che il Mons Arimannorum è citato in un diploma di Carlo Magno del 774, come spesso riportano le più note pubblicazioni sulla storia di Serravalle, a cominciare dal più importante, la monografia su Serravalle del compianto Roberto Allegri5. In realtà qui si manifesta il primo equivoco storiografico serravallese.

Il diploma del 774, noto come Donazione dell’Alpe Adra, riguarda la concessione di alcuni territori al monastero di Bobbio, tra cui per l’appunto quello dell’Alpe Adra, i cui confini si estendevano dal mare, a grandi linee tra Moneglia e Riva Trigoso al crinale a nord del torrente Petronio, tra Casarza Ligure e Pietra Corice. In base all’andamento del confine, dettagliatamente descritto dal testo del diploma, il Mons Arimannorum del 774 doveva trovarsi a metà strada tra Casarza e Moneglia, quindi approssimativamente in corrispondenza del passo del Bracco. La localizzazione in Val Petronio è certa, i confini sono minuziosamente descritti e circoscritti a pochi chilometri tra la costa e l’entroterra, delimitati da elementi orografici e idrografici contermini. La bibliografia sulla topografia dell’Alpe Adra non lascia dubbi: si tratta quindi di un caso di omonimia. Ma mentre del Mons Arimannorum serravallese si conosce la localizzazione grazie alla Cartula Serravallis, per l’omonimo della Val Petronio non si è conservato alcun documento che ne testimoniasse la contiguità e il vecchio nome del monte non è sopravvissuto al nuovo6.

La mancanza di fonti sull’origine del Mons Arimannorum serravallese e dei suoi abitanti non ci esime dal formulare comunque alcune ipotesi. L’insediamento di abitanti liberi può essere avvenuto tanto in epoca longobarda quanto successiva, così come non è concesso fare supposizioni sull’appartenenza etnica di questa popolazione. Com’è ormai noto, la commistione tra individui di stirpe germanica e autoctoni iniziò abbastanza presto durante la dominazione longobarda e il termine ‘arimanno’ andò a indicare un ceto sociale trasversale all’appartenenza etnica.

Il territorio dell’Alpe Adra secondo L. Cimaschi, riportato da Mario Chiappe in Il Tigullio e il suo entroterra nell’Alto Medioevo.

Il testo del diploma carolingio ci fornisce uno spunto per risolvere un’altra questione controversa, un secondo probabile equivoco. Nella storiografia serravallese lo stesso Mons Arimannorum, quello del 1122 intendo, è spesso indicato col nome alternativo di Monte Olivo. Gustavo Strafforello, nella sua opera in 32 volumi “La Patria, Geografia dell’Italia” del 1890, alla voce Serravalle scrive che il paese ha la sua rocca «edificata sopra il monte Olivo». Anche Teofilo Ossian De Negri, in “Arquata e le vie dell’Oltregiogo”, accenna a un «insediamento su M. Olivo, a ridosso di Serravalle, di un gruppo arimannico confinale»7. Infine Roberto Benso, sulla sua monografia su Voltaggio, oltre a far coincidere il Mons Arimannorum serravallese con quello della Val Petronio, asserisce anche che tale stanziamento «si consolida al Monte Olivo»8.

Per contro sono molti gli storici che non fanno alcun cenno a tale toponimo. Innanzitutto colui che per primo ha affrontato lo studio della storia del territorio libarnese e del suo circondario, ossia Giuseppe Angelo Bottazzi: sia in Osservazioni storico-critiche sui ruderi di Libarna che in Antichità tortonesi non compare mai il fantomatico Monte Olivo. Neanche Roberto Allegri ne fa mai cenno. Sulla cartografia storica disponibile, tale toponimo non è mai riportato: mi riferisco sia ai catasti antichi (Catasto Teresiano del 1723, Catasto Napoleonico del 1804, Nuovo Catasto Edilizio del 1949), sia alle varie mappe topografiche redatte dal XVIII secolo in poi (le due carte dei Feudi Imperiali di Matteo Vinzoni del 1748, la mappa de Confini con la Repubblica di Genova realizzata dai topografi sabaudi nel 1763, le carte dello Stato maggiore Sardo del 1827 e del 1852-55 e le varie tavolette IGM dal 1878 e successive).

Anche in questo caso il toponimo Monte Olivo nasce da un equivoco, da un riferimento contenuto proprio nel testo della Donazione dell’Alpe Adra del 774. Nel diploma di Carlo Magno, si legge che il confine si stacca «de flumen Petrurio ad fines Montis Arimannorum super olivetum» ovvero “dal torrente Petronio ai confini del Monte degli Arimanni sopra l’uliveto”. È più che lecito supporre che chi ha confuso il Mons Arimannorum della Val Petronio con quello di Serravalle abbia anche immaginato che l’insediamento arimannico fosse sorto su un’altura chiamata in precedenza monte Olivo (super olivetum) determinandone poi il mutamento toponomastico. In realtà olivetum si riferisce non a un oronimo, bensì a una vera e propria coltivazione di ulivi, attività agricola più che plausibile in Val Petronio, molto meno alle nostre latitudini (e qui non posso non citare Walter Ansaldi che è arrivato alla medesima conclusione durante un dialogo sulla chat di Chieketé).

Chiariti gli equivoci, resta la validità della testimonianza storica che permette di confermare l’importanza strategica dell’insediamento arimannico sulla collina del castello di Serravalle; con tutta probabilità una condizione tale da scatenare le brame di conquista da parte delle potenti famiglie signorili di origine obertenga e aleramica che tra X e XI secolo si contendevano il controllo dei castelli e dei territori della Valle Scrivia e che avevano circondato il Mons arimannorum con i presidi di Montecucco, Gatorba e Giugnano. Una situazione di insicurezza che spinse i liberi della futura Serravalle a sottomettersi al vescovo tortonese – così come fecero anche quelli di Pontecurone (vedi supra) – e a ottenerne quella protezione che durò fino al 1122.

Chiudo con una nota personale: se nell’intestazione del documento del 1122, contenuto nel codice manoscritto originale del Chartarium dertonense, l’amanuense non avesse scritto “Cartula serravallis”, noi oggi saremmo qui ad arrovellarci con infinite supposizioni su dove fosse il fantomatico mons arimannorum. Per fare storia a volte serve anche fortuna!

  1. E. Gabotto, Chartarium dertonense ed altri documenti del comune di Tortona, in «Biblioteca della Società Storica Subalpina», XXXI, Torino 1909, d. II, pp. 5-6 ↩︎
  2. I Libri Iurium della Repubblica di Genova, I/1, a cura di A. Rovere, Genova 1992, d. 105, pp. 163-4) ↩︎
  3. Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, VI, Heinrici IV Diplomata, 2, in «Monumenta Germaniae Historica», 1941-1978, d. 352, pp. 464-5 ↩︎
  4. Per approfondimenti sugli Arimanni suggerisco la lettura di A. Castagnetti, Arimanni in ‘Langobardia’ e in ‘Romania’ dall’età carolingia all’età comunale, Verona 2014. ↩︎
  5. R. Allegri, Serravalle nella storia, Alessandria 1972, p. 32. ↩︎
  6. Per la ricostruzione del territorio dell’Alpe Adra contenuta nel diploma del 774 si veda: L. Cimaschi, La topografia dell’Alpe Adra, in «Giornale Storico della Lunigiana», n.s., 1955 (VI), n. 3-4, pp. 75-83 e M. Chiappe, Il Tigullio e il suo entroterra nell’Alto Medioevo, Lavagna 1996, pp. 126-135: quest’ultimo riporta anche la trascrizione del testo della donazione. ↩︎
  7. Arquata e le vie dell’Oltregioco, a cura di C. Ceschi, T. O. De Negri e N. Gabrielli, Torino 1959, p. 32. ↩︎
  8. R. Benso, Voltaggio nella storia dell’Oltregiogo genovese, Voltaggio 2001, p. 21. ↩︎

6 pensieri riguardo “Il Mons Arimannorum di Serravalle Scrivia

  • Maria Angela Damilano

    Opizzone De Mediolano (Da Milano) è un mio avo. Il primo Da Milano che risulta più in documento scritto locale. I Da Milano appartenevano alla nobiltà minore di origine longobarda e provenivano appunto da Milano. Erano “Boni homines” inviati in zona per fare da pacieri tra le fazioni tra intrinseci ed estrinseci (guelfi e ghibellini) nel comune di Terdona (Tortona). Membri della famiglia furono diverse volte consoli della città.

  • Giacomo Schiaffino

    Noi Serravallesi abbiamo sempre chiamato Colle degli Arimanni la collina che che si diparte da Serravalle verso Arquata, quella che rovinosamente frano’ nel 1977 interrompendo la strada statale 35 bis dei Giovi e la linea ferroviaria Genova Torino.
    Se capisco bene il colle degli Arimanni non è quello ma la collina che sovrasta il paese.
    O forse il Colle degli Arimanni comprende entrambe le colline.??!!

  • Davide Canazza

    Per Giacomo Schiaffino: in realtà il colle franato nel 1977 (tra l’altro mi ricordo ancora come fosse ieri, nonostante avessi solo 6 anni) è chiamato Armanina. Il diminutivo lascerebbe intendere l’esistenza di una piccola Arimanna o Arimanna minore, dove Arimanna indicherebbe un elemento orografico, ossia un colle o un monte, che a sua volta prende il nome dagli Arimanni. La collina del castello, di conseguenza, è l’Arimanna grande, o maggiore, ma naturalmente quel toponimo non si è conservato. Il documento del 1122 non lascia dubbi sull’identificazione della collina del castello con il mons arimannorum. Inoltre, se il mons arimannorum fosse coinciso con l’Armanina, avremmo avuto tre castelli sullo stesso crinale vicinissimi tra loro, ovvero Montecucco, l’ipotetico castello sull’Armaniana e il castello di Serravalle: una situazione piuttosto improbabile!
    Quindi non il colle degli Arimanni, bensì l’Arimannia doveva estendersi a entrambe le colline, un territorio che, assieme a quelli dei castelli di Gatorba, Montecucco e Giugnano andò a costituire il districtus castri di Serravalle dalla fine del XII secolo in poi.

  • Giacomo Schiaffino

    Ok ok capito…. Grazie Davide per la risposta….

  • Davide Canazza

    Maria Angela Damilano: mi permetto di chiederle se ha una certezza di questa discendenza, ovvero un albero genealogico che conduce in linea diretta all’antenato Opizzone de Mediolano o a un’altra persona coeva con lo stesso cognome. Perché se la sua ricostruzione si basa solo su un’assonanza tra Damilano e de Mediolano, allora potrebbe sorgermi qualche dubbio. Nel medioevo, soprattutto prima del XIII secolo, i cognomi come li concepiamo oggi erano piuttosto rari e spesso si utilizzava il luogo di provenienza per distinguere una persona. Nel nostro caso possiamo essere certi che Opizzone era di Milano, ma non che fosse il suo cognome; come non possiamo essere certi che la sua provenienza si sia trasformata in un cognome e, soprattutto, in quel cognome (ripeto, a meno che lei non abbia la certezza genealogica). Avrebbe potuto diventare anche solo Milano (come il famoso ciclista di Cassano gregario di Coppi). Molto spesso il luogo di provenienza diventa cognome: per fare dgli esempi locali, pensiamo ai cognomi Bisio (paese oggi fuso con Francavilla), Roncoli (frazione di Borghetto Borbera), Cassano, ecc. Talvolta il toponimo si fende con la preposizione de: un esempio è Desirello che è il singolare di Desirelli e deriva da De Isorellis (ossia di Isorelle, frazione di Ronco Scrivia). Da quel che mi risulta, il cognome Damilano invece è molto diffuso nel Torinese e nel Cuneese e quindi non sono molto convinto di questa corrispondenza tra Opizzone de Mediolano e i Damilano. Sempre a meno che, lo ripeto, invece lei non abbia prove certe e una genealogia comprovante tale ascendenza.

  • Davide Canazza

    Giacomo, dimenticavo: la collina del castello di Serravalle può inoltre vantare poi una frequentazione dall’età repubblicana all’alto medioevo, al tardo medioevo e all’età moderna quindi non si può neanche teorizzare che i Tortonesi abbiano abbandonato un ipotetico castello sull’Armanina per costruirne uno, ex novo, sulla collina del castello.

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