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A Fainò

"Dante, mal festi quando, nei tuoi versi,
parlando d'Ugolino alla montagna,
chiamasti quei di Genova "diversi
d'ogni costume e pien d'ogni magagna".
Ora davvero son pel mondo spersi,
dall'uno all'altro polo, in Francia e in Spagna,
in America, in Cina, tra quelli più selvaggi
e fra civili, e là nessun si lagna!
Dell'ingiusto giudizio la vendetta
sui tuoi canti or or hanno inventata,
e te la fanno sotto gli occhi aperti.
Tu celebrasti il grande degli Uberti
ed essi, in Ponticel, dalla Bedina,
celebrano ogni dì la Farinata."

Una leggenda narra che quando la guerra tra le repubbliche marinare di Genova e Pisa del 1284 terminò, i genovesi, vittoriosi, sulla rotta del ritorno finirono in una brutta tempesta.
Le navi imbarcarono acqua e, nelle stive, una parte dei viveri (costituita ormai prevalentemente da sacchi di ceci) si rovesciò per gli scossoni dovuti al mare grosso e impregnandosi d’olio e di acqua di mare divenne una poltiglia. Data la scarsità di viveri fu deciso di recuperare quella poco invitante poltiglia per darla poi da mangiare ai prigionieri. Furono riempite delle scodelle e distribuite. I più non le toccarono, e le lasciarono sul ponte della nave su un mare che, nel frattempo, s’era calmato mentre la bonaccia s’era ormai sostituita al vento. Al sole, la poltiglia solidificò nelle scodelle, divenendo dorata e profumata, tanto che il cibo rifiutato poco prima dai prigionieri fu, da tutti, considerato una vera e propria leccornia.
Inutile dire che, una volta a terra, i genovesi rifecero la poltiglia, questa volta con farina di ceci, acqua salata e olio, la distesero su una teglia e la lasciarono cuocere in un forno. Così, migliorandone il sapore, la consistenza e l’aspetto giorno dopo giorno, nacque la farinata che, è facile immaginare, si diffuse in tutte le terre dove i genovesi avevano possedimenti o relazioni stabili. Quindi, anche a Serravalle. [nella realtà pare che piatti simili, a base di farina di ceci, venissero preparati già dagli antichi Greci e dagli stessi Romani. Probabilmente, però, erano molto più simili alla Panissa che alla Fainò]

Qui, già nei primi anni del secolo scorso, “Trattoria d’Italia” uno dei piatti tipici serviti era la fainò. Nel 1936 i signori Pollero (i nonni di Elio) rilevarono la trattoria e continuarono ad offrire tre tipicità gastronomiche : farinata, trippa e pesce in carpione …. Quindi in paese è dagli inizi del ‘900 che si produce e consuma farinata.

Questa foto (di Elio Pollero) è del 1935 vi sono ritratti: Mario Pollero all’età di 3 anni e Pugno Maria, titolare della Trattoria d’Italia.Fra le scritte grandi TRATTORIA D’ITALIA al centro della porta si legge FARINATA CALDA anche se è molto sbiadita. Nella porta d’ingresso spunta dalla tenda il cartello TRIPPA. I due signori seduti nelle sedie sono Angela Pollero e Francesco Rosso, che all’epoca avevano finanziato l’acquisto della trattoria. La foto dovrebbe essere stata scattata appena dopo il passaggio della processione del Corpus Domini dal momento che si vedono due frasche residuo della processione.

C’è chi si ricorda di un triciclo che subito dopo la seconda guerra mondiale vendeva la farinata per le vie di Serravalle come cibo da strada.
Nel 1954, la signora Irma Rebuffo, apri il negozio della farinata d’asporto che rapidamente diventò una tappa obbligata, non solo per i serravallesi, ma anche per le tante persone che passavano per Serravalle.
Quando la signora Irma, per l’età e le vicissitudini che la provarono molto (perse il figlio Sergio Daglio per un incidente stradale) si ritirò, l’attività fu rilevata dalla signora Maria Luisa Fossati che l’ha mantenuta fino ai giorni nostri secondo la ricetta originale. Ora anche lei , all’età di novant’anni ha passato il testimone al nipote Federico.

La Signora Maria Luisa Fossati (Marisa)

queste immagini appartengono alla pagina faceboock “A fainò”

Altro sulla Farinata di Serravalle si può leggere cliccando qui

Dal 1954 qui si preparara un’ottima farinata di ceci secondo la ricetta e il metodo Irma Rebuffo conservato da nonna Marisa
Nonna Marisa ha lasciato ai nipoti la conoscenza e l’attrezzatura
per poter continuare a produrre il piatto tanto caro ai serravallesi
il nipote Federico Bisio

Benito Ciarlo

Calabrese di Montalto Uffugo (CS), dov'è nato nel 1950. Vive a Serravalle Scrivia (AL) dal 1968.