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Serravalle alla Milano San Remo

Chieketé omaggia con questo articolo i Serravallesi che hanno partecipato alla Regina delle Classiche di Primavera: la Milano – San Remo. Riportiamo i loro migliori risultati.

Due le edizioni della Classicissima in cui i corridori Serravallesi sono autentici protagonisti, quella del 1939 e quella del 1947.
Le due “classicissime” sono accumunate dal nome del vincitore, Gino Bartali, e soprattutto dalle condizioni atmosferiche terribili in cui si svolgono.

Nonostante le pessime condizioni del tempo, o forse proprio per questo, l’edizione 1947 è un monologo di Ginettaccio, il quale si presenta solo al traguardo con quasi quattro minuti di vantaggio su Ezio Cecchi, autore di una lunga fuga, e con nove minuti su un gruppetto di sei uomini tra i quali figura Osvaldo Bailo che taglia il traguardo al quinto posto.

Mitica invece l’edizione del 1939, corsa sotto una pioggia fortissima e a tratti investita da una bufera di neve. La corsa è combattutissima e il merito è da ascrivere a due corridori serravallesi.

La prima parte vede protagonista uno scatenato Primo Zuccotti: il corridore scatta ripetutamente sino a quando a Ovada lancia la fuga destinata ad animare la corsa sino al Turchino, sul quale i corridori incontrano una vera e propria tormenta di neve:

Primo Zuccotti

A Ovada (Km. 118) c’è poca gente ad assistere al passaggio e sono tutti intabarrati e battono i denti e i piedi per il freddo. Ma lo spettacolo è bello. Essi hanno la soddisfazione di assistere a un passaggio frazionato, perché nuovamente Zuccotti, insieme ad Albani e Mazzaréllo, ha voluto frazionare il gruppo. E questa volta il loro scatto è tanto veloce e risoluto che si avvantaggiano di oltre mezzo chilometro. A Ovada essi passano alle 11 e un minuto. Il gruppo li segue a un minuto primo.
[…] a Rossiglione (chilometri 130) il gruppo ha sempre un minuto di ritardo. La neve ha ora invaso la strada e vi rimane attaccata. Anche le automobili slittano; ci vorrebbero le catene alle ruote, come quando si va in montagna d’inverno. Quel nuovo ostacolo, quella poltiglia spessa e tenace è sfruttata da tre animosi che piantano la compagnia e se ne vanno: a Campaligure (chilometri 135) passano a l’20” dall’avanguardia, precedendo il grosso di trecento metri; ecco Masone, ecco il ponticello di ferro che segna l’inizio della salita ai 1550 metri del Colie del Turchino. Il vantaggio della pattuglia di punta è immutato; certo, essi non saranno raggiunti prima del culmine.
(La Stampa, 18 marzo 1939)

Ma subito dopo il Turchino ammantato di neve entra in scena Bartali. In breve Zuccotti e i compagni di fuga sono raggiunti e staccati. In testa alla corsa si forma un gruppetto composto da cinque corridori. Tra loro è il serravallese Osvaldo Bailo a sopportare la maggior fatica per la riuscita della fuga: nel gruppetto c’è infatti anche Aldo Bini, il suo capitano, grande velocista e specialista nelle corse di un giorno. Bailo non solo è il più attivo tra i cinque fuggitivi, ma si accolla anche il compito di “tirare” la volata al suo capitano:

Osvaldo Bailo

All’ultimo chilometro cinque corridori si apprestano a disputare la volata. Bailo passa in testa per tirare Bini e facilitargli la vittoria; ma ai duecento metri, allorché Bini avrebbe dovuto uscire dalla ruota del suo compagno di squadra e iniziare lo sforzo decisivo, si assiste con emozione alla riscossa di Bartali, il quale, molto più fresco degli avversari, si butta alla destra dì costoro e con una volata magnifica, impressionante di decisione e di risolutezza, tutti li sopravanza per vincere nettamente con una lunghezza e mezza davanti a Bini, Bailo, Chiappini e Vicini, il quale arriva quinto a 10 metri dal vincitore.
(La Stampa, 18 marzo 1939)

Di quella edizione della classicissima, oltre alla cronaca giornalistica rimane un filmato dell’Istituto Luce che documenta le condizioni avverse in cui si svolge la corsa: