A Smàuna Sàunta. 3 – Resurrezione
Finché la Risurrezione si celebrò il sabato mattina, lo stile non era certo di pieno coinvolgimento festivo. Al mattino del Sabato Santo, giorno che avrebbe dovuto essere vissuto con il suo silenzio e il suo vuoto, in realtà c’era un convulso dafarsi. In chiesa (che stava per essere allestita per il giorno di Pasqua) si drappeggiavano le finestre, poiché più che la luce del giorno doveva risaltare – nella penombra creata artificialmente – il fuoco a cui accendere il cero pasquale simbolo della luce di Cristo che è Luce che illumina il mondo. Qualche sagrestano accendeva il fuoco anche con qualche oggetto sacro rotto o in disuso, usandolo come combustibile piuttosto che gettarlo, con gli inevitabili commenti. Del resto era un modo per non lasciare che finisse nella spazzatura o in posti indecenti.
C’era relativamente poca gente in chiesa in mattinata, gli uomini erano a lavorare. Però al canto del Gloria, allo squillare dei bronzi quando, come si dice, «si slegano le campane», chi poteva, chi si trovava in campagna, ovunque si trovasse si fermava un attimo in raccoglimento e quindi correva ad un corso d’acqua e, segnandosi con il segno della croce, si lavava la faccia (gli occhi in particolare) nell’acqua fresca. Si tratta di una pratica propiziatoria e di profilassi, giunta fino a noi dall’epoca pre-cristiana. Di due elementi comunque non si è parlato, per concludere la panoramica dei riti della Passione, nei quali riti i due oggetti di cui si dirà tra poco non vennero impiegati per lungo tempo. E’ solo grazie alla felice intuizione della Pro-Loco e di alcuni testimoni diretti (superstiti confratelli) se negli anni ’80 si tenne presso la Biblioteca Comunale la mostra “Serravalle storia ed arte”, di cui rimane buona memoria tutt’ora. Pezzo forte dell’esposizione fu il “Compianto” che si salvò dalla distruzione… grazie al suo oblio. Era infatti finito senza motivo nel campanile dell’Oratorio dei “bianchi” e vi sarebbe rimasto se qualcuno non si fosse ricordato dov’era. Il resto è storia nota e cioè come questo gruppo statuario ligneo sia divenuto uno dei più apprezzati e studiati manufatti del genere fino a meritarsi, in periodi recenti, adeguata collocazione nella mostra “Alessandria scolpita” (dicembre 2018) che ebbe un notevolissimo successo, tanto da richiedere il prolungamento della sua apertura fino a giugno dell’anno successivo.
Che questo gruppo incuriosisse, lo attesta il fatto che dopo averlo riesumato, alcuni osservatori ricordavano ad esempio di essere stati colpiti dalla figura di Nicodemo che piange e si asciuga le lacrime col fazzoletto, mentre con l’altra mano tiene i chiodi tolti al Cristo deposto, o dalle statue delle tre Marie che mancano dalla parte posteriore, o dal personaggio della Maddalena inginocchiata, con la mano sinistra a cui mancano delle dita e poiché le sono rimaste solo l’indice ed il mignolo sembra che faccia le corna… Un altro simbolo che rimase per decenni sconosciuto è la croce lignea di discrete dimensioni, sulla quale sono inseriti i simboli della Passione. Detto simulacro è conservato nell’Oratorio dei “rossi” e costituisce certo uno degli oggetti di culto serravallesi più antichi, assieme al Compianto, probabilmente sono coevi. La sua descrizione merita una scheda a sé, qui ci limitiamo a segnalare che da quando è tornato ad essere collocato nel “sepolcro” dei Trinitari, suscita anch’esso curiosità ed interesse, poiché presenta tutti i riferimenti della narrazione biblica della Passione, e questo è servito come “catechismo per immagini” a parecchi visitatori.
E così arriviamo finalmente a Pasqua! La Messa è indiscutibilmente quella delle 11 in Collegiata, i vestiti sono quelli della festa ed ormai “da primavera” e saranno poi ri-impiegati per le Prime Comunioni.
Una piacevole appendice della domenica della Risurrezione era il Lunedì dell’Angelo o Lunedì “in albis”. Questa seconda festa di Pasqua NON si chiama Pasquetta, come noto la Pasquetta cade il 6 gennaio ossia è il giorno dell’Epifania, giorno in cui anticamente (in assenza di mezzi di informazione) si dava l’annuncio della data della prossima Pasqua (ecco il perché di questa denominazione), in considerazione che dalla manifestazione (Epifania) del Signore scaturiscono di conseguenza tutte le altre correlate ricorrenze cristiane, in primis la Pasqua.
Il lunedì di Pasqua tanti si recavano a Montespineto, non certo per le grigliate odierne, anche se l’osteria del santuario e la cucina della cascina Grillotta poco distante, non erano certo obiettivi di secondaria importanza. Qualcuno storceva il naso non per il diverso tipo di pellegrinaggio ma perché nelle intenzioni di qualcuno la ragione della gita a-à Madòna de-è Mòunte era un piatto di ravioli più che una candela dinanzi alla statua della Vergine… ma siamo uomini e quindi abbiamo bisogno di tutto: pensare ma anche mangiare, studiare ma anche fumare una sigaretta, pregare ma anche arrabbiarci…
Auguri belli !!!
P.S.: per richiamare alla memoria la morte di Gesù, alle 15 dei venerdì feriali sarebbe previsto l’uso di suonare le campane, anche se detto uso è stato arbitrariamente e sbrigativamente abbandonato a partire dagli anni ’70. Nel Rito Ambrosiano le campane suonano (anziché stare zitte come nel Rito Romano) per ricordarla, proprio il Venerdì Santo. Da noi questo “segno” acustico viene popolarmente detto “il suono dei Padre nostri” perché dovrebbe essere accompagnato dalla recita di 5 Padre nostro meditando sulle Piaghe del Crocifisso. In fondo anche questo modo di ricordare le cose è un metodo per prolungare lungo tutto l’anno l’evento della Pasqua e delle circostanze ad essa correlate, momenti tutti che davvero hanno sconvolto il modo di vivere ed affrontare il mondo, sotto una prospettiva veramente diversa… se solo ce ne ricordassimo un po’ di più ogni tanto…