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Se la conosci… non la mangi!

Questa volta vorrei richiamare la vostra attenzione su alcune insidie vegetali che è bene conoscere per evitare spiacevoli conseguenze e persino guai seri; la nostra flora contiene un numero imprecisato ma sicuramente molto grande di specie velenose che non dobbiamo assolutamente sottovalutare.

Molte di queste sono comunissime nelle nostre campagne e spesso sono molto simili  ad altre del tutto innocue. Non pretendo di darvi un elenco esauriente (per questo vi segnalo a piè di pagina una pubblicazione molto interessante), ma soltanto di mettervi in guardia dalle specie più comuni in modo da evitarle.

Parlo in primo luogo della Cicuta (Conium maculatum) – sì, proprio quella di Socrate –  ombrellifera (adesso si dice apiacea), dal fusto macchiato di rosso e dal fiore riunito in corimbi candidi, che cresce abbondantissima lungo sentieri e fossi e che è facilmente confondibile con altre apiacee innocue, come la Carota selvatica (Daucus carota) o il Prezzemolo. Si tratta di una pianta VELENOSISSIMA in tutte le sue parti ed è consigliabile non raccogliere fiori, bacche o funghi che si trovino vicino ai suoi steli. È addirittura consigliato far spurgare per parecchi giorni le lumache trovate nei suoi paraggi, prima di consumarle.

A febbraio nel sottobosco è facile imbattersi nelle due specie di Elleboro presenti sul nostro territorio: Helleborus foetidus e Helleborus viridis. Evitiamo di raccoglierle! Oltretutto il viridis sta diventando sempre più raro, quindi iniziamo noi a proteggerlo.

E questo discorso dovrebbe valere per molte piante!

Citisi laburnom – Maggiociondolo

Le recenti cronache hanno parlato la scorsa primavera di un avvelenamento di alcune persone che avevano fritto in pastella i fiori del Maggiociondolo (Citisi laburnum), scambiandoli per fiori di Acacia (Robinia pseudoacacia). Ricordo che il fiore della robinia è bianco e quello del velenoso Maggiociondolo è giallo.

Altra pianta tossica in ogni sua parte è il Tasso (Taxus baccata), conifera che perde aghi lungo tutto l’arco dell’anno. È quindi consigliabile non consumare erbe raccolte sotto le sue fronde.

Taxus baccataTasso

Ci sono poi molte piante rampicanti, arbustive o erbacee che fruttificano con accattivanti bacche colorate e che possono attrarre i bambini: il Mughetto (Convallaria majalis), che ad agosto si copre di sferette rosse fortemente tossiche, la Brionia (Bryonia dioica), cucurbitacea velenosissima e infestante delle siepi, anch’essa con bacche rosse e arancioni; è opinione consolidata (anche se non scientificamente attestata) che l’ingestione di 50  di queste bacche sia letale; e ancora l’Evonimo (Evonymus europaeus), con i suoi grappoletti rosa carico, tanto graziosi quanto tossici.

Un’altra insidia è rappresentata dal Colchico (Colchicum autunnalis) che si può confondere col primaverile Croco, quello – per intenderci – da cui si ricava lo zafferano, ma che fiorisce in autunno ed emette foglie e semi in primavera; tutte le parti della pianta sono velenose.

E ancora, guardatevi dalla Celidonia (Chelidonium majus), che in primavera riveste interi pendii con la sua gialla fioritura. Non sarà mortale ma contiene un latte giallo irritantissimo.

Altrettanto irritante è il latte bianco di tutte le euforbie presenti nella nostra regione.

Anche la comunissima Edera è abbastanza tossica e così pure la Dulcamara (Solanum dulcamara), per non parlare dell’infestantissima e comunissima Erba morella (Solanum nigrum).

Da ultimo vorrei mettervi in guardia dalla comunissima Felce (Pteridum aquilinum), pianta pioniera e infestante che si è scoperto avere proprietà cancerogene. Meglio evitare di farne guarnizione per improvvisati bouquet floreali: limitiamoci ad ammirarla nel suo habitat naturale!

Pteridum aquilinum – Felce

Potrei continuare ancora per molto ma il mio scopo era solo di dare un’idea dei pericoli in cui può incorrere chi raccoglie (e consuma) senza adeguata conoscenza.

Per chi volesse saperne di più, consiglierei un libro molto valido ed esauriente: Piante velenose del Piemonte e delle Alpi occidentali di Appendino, Colombo, Luciano, Gatti – Edizioni Araba Fenice, 2010.

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Un pensiero su “Se la conosci… non la mangi!

  • Ti ringrazio moltissimo.
    Io raccolgo spesso erbe nei boschi e sto molto attenta, prendo solo le erbe che sono sicura di riconoscere.
    Tuttavia un elenco come il tuo è utilissimo: hai spiegato veramente bene e mi hai permesso di imparare cose nuove che possono servire anche ad altri amanti del bosco.

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