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La memoria degli Alpini serravallesi caduti e dispersi. Il monumento alle “Penne Mozze” ed il grande raduno interregionale 1966.

Nell’area verde antistante l’edificio delle ex scuole elementari “Guglielmo Marconi”, tra Via Giani e Salita Cappuccini, sorge un monumento eretto dal Comune e dedicato alla memoria dei militari delle truppe Alpine, serravallesi e di tutta Italia, caduti e dispersi per la Nazione, in ogni tempo ed in ogni luogo della storia patria. Il memoriale, che reca l’iscrizione “Alle penne mozze”, intende celebrare il valore di quello che è universamente riconosciuto come il più antico e qualificato corpo di fanteria da montagna, quello degli Alpini.

Nello scorrere dei suoi 150 anni di storia (celebrati proprio quest’anno) numerosissimi i serravallesi – Alpini di leva, volontari e di carriera – che, in tempo di guerra e di pace, hanno indossato per un periodo più o meno lungo della loro vita, il glorioso cappello dalla penna nera, servendo la Patria nei diversi reparti alpini, partendo da Serravalle alla volta delle più disparate e spesso lontane località d’Italia, dalle caserme alpine delle leggendarie Brigate “Julia”, “Tridentina”, “Taurinense”, e nelle diverse specialità del corpo, dai nuclei più operativi, come per esempio dall’Artiglieria da montagna, alla Sanità militare, sino alla fanfara ed al coro della Brigata Alpina “Taurinense”. In molti vennero chiamati a combattere, nella prima guerra mondiale, dall’Adamello, al Carso, alla Marmolada, dal Grappa, all’Ortigara, dallo Stelvio, al Pasubio, al Piave; nel secondo conflitto mondiale, dalle Alpi Occidentali, alle montagne dell’Albania, della Grecia, della Jugoslavia, alla sterminata steppa russa; per alcuni sino al sacrificio supremo della vita. Tra gli Alpini serravallesi, oltre ai militari di truppa, diversi indossarono e tuttora indossano al berretto la penna d’aquila o d’oca, che contraddistingue gli ufficiali inferiori (la prima) e superiori (la seconda), non di rado assumendo incarichi di prestigio e particolare responsabilità come, ricordandone uno per tutti, il Generale di Corpo d’Armata, Giovanni Battista Bolchi, che al vertice del suo cursus honorum raggiunse l’incarico di Direttore del S.I.S.MI. (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare) ovvero il servizio segreto militare italiano.

L’11 settembre 1966 Serravalle ospitò il Raduno Interregionale Alpini delle regioni Piemonte e Liguria, organizzato dalla Sezione locale dell’Associazione Nazionale Alpini, all’epoca presieduta da Romeo Canuto, e l’Amministrazione Comunale, guidata dal Sindaco, Umberto Piccabelotti, scelse tale occasione per l’inaugurazione del monumento agli Alpini. Secondo le cronache giornalistiche l’evento ebbe grande successo. Gli Alpini in festa fecero adunata a partire dalle 8 del mattino, in Piazza Paolo Bosio. Salutato il passaggio per il centro di Serravalle dei ciclisti del “Giro dell’Appennino” ebbero anche l’occasione di incitare con il loro tifo l’azione solitaria dell’atleta Campione d’Italia, Michele Dancelli, che proprio a Serravalle innescò con altri una clamorosa fuga, ricordata negli annali dello sport nazionale, di ben 200 chilometri che gli consentì di aggiudicarsi infine l’ambita gara sul traguardo di Genova Pontedecimo. Nell’occasione il Comune di Serravalle istituì anche un premio in denaro per il ciclista che fosse transitato in prima posizione al traguardo volante fissato in paese.

Alle 10:30, un lungo e variopinto corteo, composto da “veci” (termine del dialetto veneto utilizzato, nel gergo degli Alpini, per indicare i soldati “anziani”, con maggior corso di servizio) e “bocia” (termine di analoghe origini ed uso, che identifica i giovani Alpini, ossia le reclute), preceduti dal Corpo Bandistico di Serravalle, tra musiche patriottiche e canti tradizionali alpini, percorse le vie cittadine imbandierate ed animate da una grande partecipe folla. Presenti, con i loro gagliardetti, 18 Gruppi dell’A.N.A. provenienti da Liguria, Piemonte e Lombardia. Una trentina di bandiere in rappresentanza delle varie associazioni d’arma e combattentistiche. Sul posto autorità militari di Alessandria, il Prefetto, il Questore, i Sindaci del territorio. In servizio d’onore un picchetto di alpini in armi del II Reggimento, Battaglione “Orobica”, di stanza a Cuneo. Presente un gruppo di giovani militari locali impegnati nel servizio di leva nelle truppe alpine. Giunto in Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto, il corteo sostò presso il Monumento ai Caduti, dove venne deposta una corona alla memoria. Raggiunto, salendo per Via Abbazia, il piazzale delle scuole elementari e medie di Via Giani, si tenne la cerimonia di inaugurazione del nuovo monumento intitolato «…A ricordo delle penne mozze…». L’opera richiama il profilo di un’ardita vetta fregiata da un manufatto artistico rappresentante un’aquila ed un cappello da Alpino dalla penna mozza, opera dello scultore serravallese Pierino Marenco, anch’egli ex Alpino. Toccante il momento dello scoprimento del nuovo monumento, il cui onore venne riservato alla signora Adriana Moratti, sorella di un caduto serravallese sul fronte russo, Fausto Moratti, Sottotenente di complemento nella Divisione “Cuneense”, disperso nel corso del drammatico ripiegamento italiano avvenuto dal 15 al 31 gennaio 1943: dopo essere stato catturato dall’Armata Rossa morì in prigionia. Densa di emozioni e di profondo significato anche la messa al campo, celebrata dal già Cappellano militare della III Divisione “Julia”, Battaglione “Val Cismon”, Padre Giovanni Brevi, (ritratto nella fotografia in alto a destra, tratta dal sito www.vecio.it) il cui nome restò inciso nella storia degli Alpini nella II Guerra Mondiale come “Padre Davide”, Medaglia al Valore Militare, reduce dell’Armata Italiana in Russia. Padre Brevi fu per 11 anni prigioniero dei russi: le sue penne nere lo ricordano per l’instancabile opera di carità, per l’impegno coraggioso nell’alleviare le sofferenze del corpo e dell’anima dei compagni vivi, per la lotta a difesa dei diritti umani dei prigionieri nei gulag sovietici.

Dopo un breve intervento del Primo Cittadino, già Capitano degli Alpini, tenne il discorso ufficiale l’Avvocato Ettore Erizzo, ex Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini e tra i fondatori della sezione di A.N.A. di Genova. Dai giornali dell’epoca venne annunciata anche la partecipazione dello scrittore Giulio Bedeschi (ritratto nella fotografia in alto al centro, tratta da www.wikipedia.it), autore del celeberrimo romanzo “Centomila gavette di ghiaccio”, dolente racconto dell’inferno bianco attraversato dall’ARM.I.R. nel suo disperato viaggio di ritorno dalla Russia.

Immagine in evidenza tratta da Calendario Storico ANA.

Fonti:
Il popolo di Novi, 4 settembre 1966
Il popolo di Novi, 15 settembre 1966
Il popolo di Novi, 18 settembre 1966

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