Antifascismo e resistenzaBenedictaEnciclopediaSeconda guerra mondiale

7 APRILE 1944. ECCIDIO DELLA BENEDICTA, la scelta partigiana dei ragazzi di Serravalle

Lasciammo case scuole ed officine
Mutammo in caserma le vecchie cascine
Siamo i ribelli della Montagna
Viviamo di stenti e di patimenti
Ma quella fede che ci accompagna
Sarà la legge dell’avvenir

Siamo i ribelli della montagna” (Rossi-Casalini), canzone scritta alla Benedicta

L’eccidio della Benedicta avvenne nel quadro di un ciclo di rastrellamenti condotti da nazisti e fascisti in tutta l’Italia del Nord nella primavera 1944.
I rastrellamenti avevano un duplice scopo. Debellare sul nascere le formazioni partigiane che si andavano organizzando, e seminare il terrore tra la popolazione civile per impedire aiuti e collaborazioni con la resistenza.

Intorno alla Benedicta e al Monte Tobbio Nella primavera 1944 erano attive due formazioni:  la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Garibaldi Liguria.
La formazione garibaldina aveva un carattere più composito, era piuttosto organizzata e i suoi partigiani possedevano una dotazione di armi discreta; i componenti della Brigata Autonoma Alessandria erano invece  assai male armati (molti per nulla armati) ed erano per lo più ragazzi senza alcuna esperienza militare che avevano deciso di non rispondere al cosiddetto “Bando Graziani”. Il Bando imponeva ai ragazzi delle classi 1923, 1924 e 1925 una alternativa drammatica: o si presentavano ai distretti militari per continuare a combattere nel ricostituito esercito fascista, oppure, se rifiutavano e venivano catturati, la loro sorte sarebbe stata l’immediata fucilazione.
La guerra, con le sue distruzioni e i suoi lutti, e la successiva occupazione di gran parte dell’Italia da parte dei nazisti e dei fascisti del nuovo Stato Repubblicano di Salò, avevano rivelato alla maggioranza degli italiani la vera natura del regime fascista: molti ragazzi,  sostenuti dalle famiglie, non avevano nessuna intenzione di combattere per ideali che ormai consideravano ingiusti e sbagliati e decisero di non rispondere al bando. I ragazzi serravallesi che raggiunsero le formazioni dislocate intorno al Tobbio erano quasi tutti renitenti alla leva.

L’eccidio della Benedicta, nei suoi tratti generali, è stato raccontato in molti saggi, libri di memorie, filmati, materiali didattici. Oggi però, grazie alla disponibilità di nuove fonti documentarie, è finalmente possibile ricostruire con precisione la storia dei partigiani serravallesi che subirono il rastrellamento. Assai utili sono in particolare le testimonianze raccolte negli anni settanta da un ex partigiano della III Brigata Liguria, Carlo Demenech, ora disponibili online sui siti dell’Associazione Memoria della Benedicta e dell’ISRAL.
Nel prossimi mesi intendiamo ricostruire nei dettagli questa storia. Qui vogliamo però anticiparne, per sommi capi, alcuni dei punti chiave per capire meglio le ragioni che resero così pesante il bilancio dell’eccidio per i ragazzi di Serravalle.

LA SCELTA
La decisione di aderire al momento partigiano per molti giovani delle classi sottoposte al Bando Graziani fu dunque il rifiuto della guerra e con essa del regime fascista e dei suoi valori: fu così per quasi tutti i ragazzi di Serravalle, che maturarono questa scelta confrontandosi tra di loro e spesso con il sostegno dei genitori. La cerchia di amicizie e la famiglia furono dunque i luoghi della scelta, mentre la consapevolezza e la maturazione politica dovevano svilupparsi dopo, nella concreta vita partigiana in montagna.

Ragazzi serravallesi in marcia verso la montagna partigiana

VERSO LA MONTAGNA
Compiuta la scelta, occorreva trovare persone già attive nel movimento di resistenza che garantissero sulla serietà delle motivazione delle nuove reclute e assicurassero i comandi partigiani che tra di loro non ci fossero delle spie.
I giovani serravallesi che tra febbraio e marzo 1944 si aggregarono alle formazioni dislocate intorno al Tobbio furono almeno 25, secondo alcune testimonianze più di 30. In una foto scattata con la Kodak di Mauro Solavaggione si contano 38 ragazzi, forse tutti di Serravalle.

Gruppo di partigiani serravallesi al Roverno, foto scattata con la Kodak di Mauro Solavaggione

Un gruppo piuttosto  numeroso se confrontato con quelli di paesi vicini. Ciò fu possibile perché a Serravalle erano attivi due organizzatori partigiani: Mario Roberto Berthoud, militante comunista già condannato al carcere e al confine, e Giuseppe Odino, genovese, sfollato a Serravalle con la famiglia di sentimenti antifascisti. Furono loro a sondare le intenzioni dei ragazzi, a radunarli in piccoli gruppi e a inviarli verso la montagna.

LA PARTENZA
Sotto la minaccia della fucilazione la partenza per la montagna doveva avvenire in tutta fretta. Così i ragazzi che raggiunsero le formazioni, sia da Serravalle che dalle altre località dell’alessandrino e del genovesato, erano in genere male o pochissimo armati, non erano in grado non solo di compiere azioni partigiane, ma neppure di difendersi.

AL ROVERNO
I serravallesi vennero tutti inviati al Roverno, una cascina dislocata in un vallone isolato nella zona dei laghi della Lavagnina. Qui vennero concentrati  quasi tutti i ragazzi renitenti al Bando Graziani provenienti dai paesi della Valle Scrivia e della Val Lemme . Era una specie di centro di raccolta dove però le funzioni di comando e di coordinamento erano confuse e contraddittorie: sia la formazione Garibaldina che quella Autonoma intendevano arruolarli nelle proprie fila e si verificano discussioni anche aspre, al limite dello scontro, tra i comandi.
Alla vigilia del rastrellamento al Roverno erano ammassati almeno 180 ragazzi quasi tutti disarmati, alcune testimonianze parlano di oltre 200 persone. Troppe, per garantire anche le più elementari norme di clandestinità e sicurezza.

MOLTA INESPERIENZA E QUALCHE IMPRUDENZA
Pochissimi dei ragazzi del Roverno avevano qualche esperienza militare o sapevano utilizzare le armi. Ma soprattutto anche le minime norme di sicurezza e di cautela venivano spesso disattese.

Era proibito ai nostri parenti venire al distaccamento, tuttavia alcuni arrivavano fin sulla costa e portavano ai loro congiunti dei pacchi di viveri individuali che quando arrivavanosi dividevano fra tutti.
I viveri arrivavano dal fondovalle su dei carri trainati da buoi: tutti ci aiutavano, anche i frati di Gavi, i quali ci avevano promesso che per Pasqua avrebbero fatto le tagliatelle per tutti. Qualcuno di essi ogni tanto veniva su” (Testimonianza di Renzo Casella).

Gli stessi partigiani non disdegnavano di scendere di tanto in tanto a Serravalle e negli altri paesi d’origine.
Insomma tra fondo valle e distaccamenti c’era un continuo andirivieni di persone che non poteva sfuggire ai comandi nazisti e fascisti.

SPIE E DELATORI
Più volte si è sentito dire che l’eccidio della Benedicta avvenne perché “qualcuno aveva tradito”. Sicuramente ci furono dei tentativi di infiltrare spie tra i partigiani, ma fu proprio la generalizzata mancanza di prudenza che favorì in qualche modo l’azione di spie e fascisti.
I comandi fascisti conoscevano la posizione dei distaccamenti partigiani e nel marzo 1944 sollecitarono più volte i nazisti a intraprendere un’azione di rastrellamento. Le nuove disponibilità di documenti archivistici mostrano infatti uno straordinario attivismo dei funzionari fascisti e dei comandi della Guardia Repubblicana che il 18 marzo presentarono addirittura ai comandi tedeschi un dettagliato piano d’azione:

“[i ribelli] si trovano attualmente in una zona molto impervia, sulle pendici del Monte Poggio presso le “Capanne di Marcarolo”, site nel territorio del Comune di Lerma, da dove talvolta discendono facendo sporadiche puntate verso gli abitati.
Vista le tendenze della bande ad espandersi ed a commettere ulteriori azioni terroristiche e di saccheggio, si è resa indilazionabile la necessità di eseguire il rastrellamento della zona infestata.
E’ stata predisposta la organizzazione di una colonna composta di seicento militi della Guarda Nazionale Repubblicana, convenientemente dotati di armi automatiche.
Essa sarebbe impiegata su tre compagnie e, mentre su una direttrice i ribelli sarebbero impegnati frontalmente, si tenterebbe, con gli altri due reparti, di precludere loro ogni possibilità di fuga ed effettuarne la distruzione o la cattura”.
(Daniele Borioli – Roberto Botta, Benedicta 1944. L’evento)

I tedeschi non autorizzarono l’azione, per loro non era ancora giunto il momento. Ma tutte queste informazioni diventarono utilissime qualche settimana dopo quando partì l’ordine di rastrellamento in tutta l’Italia del nord.

AVVERTIMENTI SOTTOVALUTATI
I continui contatti con il fondovalle consentirono ai partigiani di ricevere informazioni precise sull’attività delle truppe nazifasciste. Così a inizio aprile arrivarono numerose segnalazioni di movimenti in varie località e di arrivi di truppe. I partigiani ne parlarono tra di loro e avvertirono i comandi, ma queste informazioni vennero sottovalutate e non vennero in relazione con un possibile rastrellamento.

Molti credettero che i soldati nazisti venissero spostati nella zona di Bosio per proteggere una grande fiera di bestiame in programma per Pasqua, evitando attacchi partigiani come era avvenuto mesi prima a Voltaggio.

UNA DECISIONE SBAGLIATA
Quando si resero conto dell’inizio del rastrellamento i ragazzi attestati al Roverno decisero di raggiungere la Benedicta convinti di trovare lì i partigiani garibaldini della III Liguria, più armati ed equipaggiati, che li avrebbero difesi. Ma i garibaldini si erano già sganciati per tentare di passare tra le maglie del rastrellamento. Così quasi duecento ragazzi male o poco armati si diressero verso la Benedicta ma furono catturati ancora prima di raggiungerla. Tra di loro quasi tutti i serravallesi.

MORTI E DEPORTATI
Il bilancio fu tragico. 147 partigiani vennero fucilati, altri caddero in combattimento. 200 ragazzi furono deportati a Mauthausen e pochissimi fecero ritorno.
Serravalle fu particolarmente colpita: 19 ragazzi, tutti tra i 19 e i 24 anni, uccisi tra il 6 e il 7 aprile o deceduti in campo di concentramento.

La Benedicta distrutta dai nazifascisti al termine del rastrellamento

Sul sito potete trovare le biografie dei partigiani serravallesi caduti e deportati. È possibile accedere alle biografie di ognuno dall’articolo Eccidio della Benedicta -serravallesi caduti e deportati.


  • Le prime, provvisorie, sepolture alla Benedicta
  • Una delle prime Messe di suffragio officiate alla Benedicta
  • Recupero delle salme (diga del lago della Lavagnina)
  • Arrivo delle salme a Serravalle, 9 giugno 1945
  • Funerale dei caduti a Serravalle, 9 giugno 1945
  • Funerale dei caduti a Serravalle, 9 giugno 1945

7 APRILE 1944 – Eccidio della Benedicta

Giuseppe Sericano testimone civile dell’eccidio della Benedicta e della deportazione

Giampaolo Pansa a Serravalle – Intervista a Giacinto Guareschi sull’eccidio della Benedicta

Il Parco “Ragazzi della Benedicta” racconta una storia ai ragazzi di Serravalle

Perché ricordare i “Ragazzi della Benedicta”

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