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La Stauroteca dei”BIANCHI”

U Signù e i séingri: (un aggiornamento)

Navigando in rete si può scoprire come nel catalogo on-line dei Beni Culturali italiani   sia presente anche la schedatura di una buona parte del patrimonio artistico delle chiese serravallesi, patrimonio della nostra intera comunità.

Gonfalone processionale della Confraternita

Tra le opere censite vi è anche la bellissima stauroteca ossia il reliquiario della Croce di Cristo (un piccolo frammento di essa) di proprietà  dell’Arciconfraternita del Gonfalone, (ossia dei “bianchi”), e non a caso visto che la denominazione completa del sodalizio religioso, istituito nel XIII secolo recita: Confraternita dei Disciplinanti di Santa Maria Assunta e Santa Croce. Questi due elementi sono presenti anche sul gonfalone processionale della Confraternita (opera della vena artistica e dell’estro di Nicolò Barabino): su un lato l’Assunzione e sull’altro la scena di Sant’Elena, l’Imperatrice madre di Costantino, che individua il sacro Legno facendovi sdraiare sopra un malato (o forse un defunto a giudicare dal sudario che lo avvolge) che prontamente ritrova la salute.

Alla data del 3 maggio, il Calendario Liturgico Tridentino ricorda il ritrovamento della Vera Croce da parte di Sant’Elena. A differenza però della processione dell’Assunta, che ancora oggi si tiene (15 agosto), la processione che si faceva in quell’occasione oggi è scomparsa. La sua celebrazione prevedeva anche l’utilizzo di un apposito baldacchino a 8 aste (il numero otto è il simbolo dell’infinito) che, diversamente da quello usato in Parrocchia per il Corpus Domini (di colore bianco), presenta un drappeggio di colore rosso, il colore del sangue e dunque della Passione.

Questa “seconda festa patronale” della Confraternita andò perdendosi senza un fondato motivo già prima che le riforme del Calendario Liturgico, a partire dagli anni ’50, cancellassero la ricorrenza dell’“invenzione” della Croce (ma sarebbe meglio usare il termine “ritrovamento” piuttosto che quello di “invenzione”, che altro non è che una italianizzazione sette-ottocentesca del latino “inventio” ossia, appunto, ritrovamento).

Oratorio dei “bianchi”

Ma torniamo all’oggetto che ci interessa: la stauroteca, appunto. La datazione, secondo la Sovrintendenza, la colloca ad inizio ‘800, ossia alla ripresa delle attività delle Confraternite dopo il periodo napoleonico. È ad inizio XIX sec. che la Confraternita si trasferisce, dall’angusto, originario Oratorio alle pendici del castello, all’ex chiesa degli Agostiniani, nel frattempo soppressi come Ordine.

Questo periodo vede una forte ripresa delle attività di culto e della committenza degli apparati relativi.

Crocifisso processionale – particolare

Il primo elemento che colpisce è la sua forma: non una croce ma un ramo fiorito, ennesimo rimando all’albero della Vita, una decorazione che ricorre anche sui c.d. “Cristi”, i crocifissi da processione.

Ci troviamo in presenza di un manufatto in argento che ricalca le forme tipiche dei puntali dei crocifissi citati o magari – chissà – è esso stesso modello per realizzare altri e nuovi puntali con cui completare i bracci delle croci. Nell’Oratorio dei “bianchi”, peraltro, si conservano due appliques da parete, realizzate impiegando addobbi floreali in metallo, copia di quelli dei puntali di un crocifisso da processione custodito nel Ponente genovese. E se invece gli originali fossero i nostri ed i genovesi solo la copia? D’altronde, era pratica diffusa tra i mecenati del tempo ordinare copie di un determinato oggetto che li aveva particolarmente colpiti e del quale, dunque, intendevano avere una replica al proprio paese, nel proprio palazzo, nella chiesa che frequentavano o di cui erano benefattori.

Sacra Spina
Sacra Spina

Seguendo proprio questa tendenza, gli stessi fratelli Bottino, sacristi dell’Oratorio a fine ‘800, realizzarono, intagliandoli, sia i puntali del crocifisso “grosso” da processione, sia (nello stesso stile) i lampadari della navata, nonché, il reliquiario della Madonna ed i “bracci” piramidali per l’esposizione Eucaristica.

Proseguendo nell’analisi dei simboli cesellati nella stauroteca, appaiono alcuni elementi assolutamente fuori dal comune. Innanzitutto, la croce che solitamente orna questo tipo di vaso sacro, non è posta alla sommità della stauroteca stessa ma alla base, al di sotto della teca vera propria (in vetro) che ospita la reliquia della Croce. Sopra la teca è curiosamente sbalzato un vaso simile ad es. al reliquiario della Sacra Spina di Vasto (Chieti).

reliquiario della croce di Cristo - Oratorio del Gonfalone di Serravalle Scrivia
Stauroteca

Il nostro vaso sbalzato è sormontato da una composizione floreale costituita da erbe e fiori di campo, un po’ come quelli che si potrebbero trovare in un orto come quello del Getsemani. Affascinante il richiamo all’Eucarestia dato dalle spighe di grano laterali, cosicché la Croce non è vista solo come strumento di pena capitale ma come segno del chicco di grano che muore per dare il suo frutto.

Circa la simbologia del vaso, vale la pena ricollegarsi al precedente articolo pubblicato su Chieketè, nell’aprile 2021. Come scrivemmo allora, l’abilità degli zingari nella lavorazione del ferro (molto apprezzata in Medio Oriente) aveva fatto sì che a loro fosse attribuita la realizzazione dei chiodi, strumento della morte del Signore. Il vaso, secondo la leggenda, fu utilizzato dagli zingari per “trafugare” almeno un chiodo della crocifissione con l’intento, da parte di questo popolo non sempre ben visto, non tanto di rubarlo ma di cercare di riscattarsi e dare di sé un’immagine positiva attestando (almeno formalmente) la fede in Gesù attraverso il possesso di una reliquia del Calvario.

Non è infine irrilevante (neppure legalmente) che la reliquia della Croce sia accompagnata da uno specifico certificato di autenticità emanato a Tortona, dove, in Cattedrale, si conserva un grande frammento sempre della Croce di Cristo.

Alla luce della riconosciuta importanza del manufatto, della sua storia e della sua simbologia non sarebbe forse il caso di riprendere in considerazione l’appuntamento processionale del 3 maggio? E soprattutto, così come per “il compianto”, perché non farlo diventare un tassello della rete dei “luoghi del sacro” a tema spirituale?

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